dal nostro inviato
FELICE DE SANCTIS
SHANGHAI - Anche il cibo è spartano: il cinese medio ha una dieta abbastanza bilanciata di circa 2mila calorie al giorno, che sono pari ai 2/3 del consumo abituale degli abitanti delle società industrializzate. Ecco perché in Cina è quasi impossibile incontrare gente obesa: dipende dalla «dieta», ma anche dalla ginnastica, che tutti praticano al mattino e in altri momenti della giornata, e dall’uso continuo della bicicletta per ogni spostamento. Potrebbe essere un buon suggerimento per gli occidentali che si affannano in diete ipocaloriche e che, invece, con l’uso della bicicletta, brucerebbero grassi superflui e ridurrebbero l’inquinamento e il traffico delle città. La cucina cinese non butta via niente, memore dell’antica fame. «Io mangio qualsiasi cosa a quattro gambe che non sia un tavolo, qualsiasi cosa a due che non sia un mio parente: basta che cammini», è un vecchio detto di queste parti. Piccante ed elaborata, si avvale soprattutto della cottura a vapore per risparmiare. Si spezzetta tutto, anche per permettere l’uso dei bastoncini come posate. Anche qui entrano in gioco i due fattori yin e yang, che in questo caso rappresentano rispettivamente il freddo e il caldo, indispensabili nella ricerca dell’equilibrio, il tao. Mangiare, infatti, per i cinesi non è distinto dalla vita, è la vita stessa. La cucina è un’arte come la musica ed ha antiche tradizioni: 2.000 anni prima di Cristo c’era già un libro sulla gastronomia. Per diventare un buon cuoco occorrono 3 anni di scuola e due servono per imparare a tagliare le pietanze. I cibi vengono abbinati in modo da essere sempre opposti e complementari. La struttura tipica del pranzo non è verticale, come da noi (primo, secondo con contorno, frutta e dolce), ma orizzontale. Non è una scalata, è una sinfonia. Non esiste una gerarchia dei piatti. Nei ristoranti tutto viene presentato quasi contemporaneamente, secondo la logica degli «assaggini», spesso serviti su un piano rotante al centro della tavola, che permette a tutti i commensali di servirsi a rotazione, prelevando la pietanza preferita con le immancabili bacchette: niente posate per evitare che il metallo alteri i gusti. Prima, però, non bisogna dimenticare di... «scottarsi» le mani con tradizionali pannicelli caldi, quasi bollenti. Occorre osservare tre regole quando ci si mette a tavola: ten, attendi (non prendere una pietanza quando non ti piace, c’è sempre dell’altro); yen, evita (la quantità rispetto alla qualità); hen, attacca (gusta senza indugio quello che ti piace). I sapori sono diversissimi e si esaltano a vicenda, senza creare mai sgradevoli contrasti. Un buon cuoco deve avere a mente almeno tremila ricette, molte delle quali risalgono a tempi antichissimi: la famosa e gradevolissima «anatra laccata» ha avuto origine durante la dinastia dei Ming. La Gazzetta del Mezzogiorno - cultura- 13.3.1992