E il contadino perse la partita a poker
La fine di un “matrimonio”
23/11/1990 02:40:00
La partita a poker dell’Enimont si è conclusa. E questa volta a perdere è stato Gardini (foto). L’Eni ha rilanciato con 2.805 miLiardi e il bluff del Contadino di Ravenna è caduto su una somma troppo alta anche per lui, che deve già far fronte ai grossi debiti di Montedison (quasi 10mila miliardi).
Si chiude con un divorzio questo "matrimonio tra maschi" (come lo aveva definito Martelli), nato male il primo gennaio ‘89 e continuato peggio in due anni di litigi e colpi di scena, che hanno avuto come unico risultato quello di indebolire ancora di più l’industria chimica italiana e la sua dipendenza dall’estero.
Il "Napoleone romagnolo" ha osato troppo e oggi conosce la sua Waterloo, una sconfitta sul piano dell’immagine vincente che si era costruito («A confronto con questo D’Artagnan – disse di lui Agnelli - perfino il mio Romiti sembra un paggetto dell’Ottocento»), ma una vittoria dal punto di vista economico, che gli permette di incassare un bel po’ di miliardi a spese dei contribuenti (secondo alcune stime, costerà 80mila lire ad ogni italiano) e il Sud pagherà il prezzo più alto. In pratica perde la faccia ("La chimica sono io", aveva detto con una certa arroganza nel febbraio scorso, quando con l’aiuto di amici aveva rastrellato buona parte delle azioni Enimont, portando la sua quota al 51%, mentre l’Eni era rimasto col 40% iniziale), ma ingrossa il portafoglio.
E ci sarà qualcuno che potrà malignare che, in realtà, Gardini non ha mai voluto comprare l’Enimont, bensì ha giocato a far rialzare il prezzo per lucrare la differenza, facendo pagare allo Stato ben più dei 1.500 miliardi di sgravi fiscali, che non aveva ottenuto al momento del matrimonio.
Dopo l’ultimatum del ministro delle Partecipazioni statali, Piga: vendere o comprare, Gardini ha scelto la prima strada, economicamente più vantaggiosa. L’Eni, infatti, pagherà la quota della Montedison ad un prezzo di circa 1.600 lire ad azione, quasi 200 lire in più del prezzo di 1.400 lire quotato in Borsa un anno fa (ma che nel frattempo ha perso il 40% del suo valore iniziale). In sostanza, un buon affare, che i politici gli hanno permesso di concludere, consentendogli di uscire dalla vicenda almeno finanziariamente soddisfatto.
La conclusione di questa "telenovela" conferma le difficoltà dei matrimoni tra pubblici e privati, specialmente quando non sono chiari gli obiettivi. Gli errori iniziali furono due: la promessa, non mantenuta, di garantire 1.500 miliardi di sgravi fiscali alla Montedison e la divisione al 40% delle quote dei due soci, collocando il restante 20% in Borsa (ingenuità o calcolo, per lasciare il vantaggio a Gardini?). Questo permise al Contadino di considerarsi già lo “zar della chimica”, non accettando alcuna condizione per lo scioglimento del matrimonio fallito e decidendo di andare avanti da solo con il 51%.
Poi c’è stato l’intervento decisivo di Andreotti (“Agli industriali bisogna ogni tanto limare le unghie", disse una volta), che ha deciso di chiudere la partita. Cosi Gardini ha finito di giocare al «piccolo chimico» e il polo è rimasto al palo.
Che accadrà ora? L’Eni, forte delle sue disponibilità finanziarie (quest’anno chiuderà il bilancio con 3mila miliardi di utile operativo) ha vinto la battaglia, ma deve vincere ancora la «guerra chimica». Deve mettere ordine ad un settore che per 20 anni ha prodotto solo disastri e scontri di potere (Ursini, Rovelli, Cefis, Schimberni e lo stesso Gardini), in una situazione internazionale più difficile per l'aumento del petrolio. L’Enimont è in deficit (nei prossimi anni potrebbe perdere un migliaio di miliardi) e sarà costretto a dolorosi tagli: a pagare sarà, come sempre, il Sud, con buona pace dei vari Bocca e Bossi.
In questo scenario sorge perfino il dubbio che il vero sconfitto sia Gardini: «Non amo la vela — disse il Contadino romagnolo in un’intervista ad Enzo Biagi — ma il vento. Mi piace sentire da dove arriva e indovinare da dove verrà dopo...».
La Gazzetta del Mezzogiorno - 23.11.1990
Felice de Sanctis