Auguri scomodi
15/12/1996 07:41:00
È un Natale diverso. Per tutti. Un Natale in cui la crisi economica ci spinge verso scelte più utili e meno superflue. Un Natale senza lavoro, senza stabilità politica ed economica. Ecco perché il nostro giornale, pur dedicando la copertina al Natale con una splendida immagine notturna di Molfetta, attraversata da una cometa, privilegia all’interno temi economici e del lavoro rispetto a quelli politici. In questo numero vi parliamo del prestito d’onore che offre la possibilità, per chi sceglie il lavoro autonomo (quello dipendente di questi tempi è sempre più un miraggio), di ottenere un finanziamento di 60 milioni; della zona industriale con le possibili prospettive di sviluppo; dei patti territoriali fra 7 Comuni per sviluppare un ciclo economico-produttivo; dei Pip (piani di insediamento produttivo), in altre parole dell’espansione di quella che viene comunemente definita “zona artigianale”. E proprio sui Pip, che stanno creando divisioni nella maggioranza, che vorremmo soffermarci un attimo. Il Pds in uno degli ultimi consigli comunali ha chiesto la sospensione del progetto, diffondendo un documento che esprime diversità di vedute, sui criteri di realizzazione dei Piani, rispetto all’Amministrazione comunale. I particolari di queste due posizioni vi vengono spiegati in un articolo di Arcangelo Ficco a pag. 12. Qui basta sintetizzarle così: l’Amministrazione punta a privilegiare i Pip perché sostiene che in tal modo si accorciano i tempi di attuazione (sarebbero immediati), c’è maggiore controllo e si evitano speculazioni; il Pds preferisce la strada del piano particolareggiato, dopo l’approvazione del piano regolatore generale perché, pur avendo tempi più lunghi, permette anche alle aziende piccole e medie (che sono la maggioranza) di trovare una loro collocazione, evitando le rigide dimensioni previste dai Pip e lasciando al mercato la scelta di tempi, modi e soggetti chiamati ad insediarsi. Si eviterebbero così, a loro parere, i rischi della vecchia zona artigianale, i cui suoli sulla carta risultano tutti assegnati, ma in pratica solo il 30% delle aziende vi si è realmente insediata. Non si tratta quindi di contrasti sulla linea politica, bensì di divergenze sulla realizzazione di un progetto importante. La cosa non è da poco. Speriamo, perciò, che tutto ciò non crei disarmonie gravi nell’appena ritrovato equilibrio della maggioranza. Quale scelta, allora, è preferibile? La risposta immediata ci porterebbe a privilegiare i Pip, in una città dove il mercato è drogato, non è ancora stato risanato economicamente e soprattutto moralmente. Perciò ci chiediamo: di fronte a una situazione di questo tipo ci saranno imprenditori all’altezza del compito, cioè capaci di operare sul mercato? Questi i dubbi, il dibattito è aperto ed è giusto che venga approfondito, perché si gioca il futuro dello nostra città. Ma occorre evitare perdite di tempo o dilazioni sine die di un problema serio, soprattutto in una città che ha sete di lavoro. Si potrebbe studiare uno strumento più flessibile. La fantasia non manca. Del resto, perché le scorciatoie riescono a trovarle solo gli speculatori aggirando le leggi e non amministratori onesti che potrebbero, invece, utilizzare al meglio le leggi esistenti? È Natale, vogliamo fare gli auguri ai nostri Lettori con le parole di don Tonino, offrendo loro "Oltre il futuro", un libro da leggere quando l’ipocrisia, il conformismo, l’omologazione, l’inerzia, l’indifferenza cercano di avere il sopravvento sulla nostra voglia di libertà e sulla nostra sete di giustizia. “Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale, formulati così, coloro che si sono costruiti i loro idoli di sicurezza: il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto, la violenza premeditata, l’intolleranza come sistema, il godimento come scopo assoluto della vita”. Sono passati 14 anni da quel lontano 1982 quando un uomo di nome Antonio cominciò a scuotere la nostra apparente tranquillità, mettendoci di fronte allo specchio della nostra coscienza, alla quale non si può mentire. Non sono parole datate. Sembrano scritte ieri. Sembra che il tempo non sia passato. Allora tutti gli sforzi di don Tonino vescovo sono stati inutili? Tutti hanno già dimenticato? Non basta placare la voce della nostra coscienza acquistando libri, calendari, gadget su don Tonino: è forse anche un modo per rimuovere il rimorso e poi tornare al nostro egoismo, all’arroganza, all’indifferenza, all’intolleranza verso gli altri ed elevare a valore il denaro e il potere, praticando l’insulto e la calunnia come regola nella lotta politica e perfino nel lavoro e nella vita sociale (il caso Di Pietro è emblematico). Con questo metodo non si costruisce nulla, si distrugge soltanto, per poi piangere tutti sulle macerie. Che città consegneremo ai nostri figli? Rileggetevi gli auguri di Natale di don Tonino. Sono auguri diversi. Come quelli che vorremmo fare noi a voi Lettori, alla città, ai suoi amministratori, a tutti i cittadini di questa Molfetta tanto amata, ma tanto disorientata, fino al punto da perdere perfino l'orgoglio di un paese una volta tanto attivo e produttivo sia sul piano economico sia su quello culturale. Cosa resta di tutto ciò? Solo un debole ricordo. Si è assopita perfino quella voglia di partecipazione che ha permesso di “liberare” questa città da tutta la vecchia classe politico-affaristica. Nessuno sembra avere più voglia di combattere, di protestare contro le ingiustizie e i tentativi di tornare indietro. “Non mi fa paura il rumore dei violenti, mi fa paura il silenzio dei giusti”, diceva Martin Luther King. E così siamo tutti più soli. Della nostra stanchezza approfittano proprio il vecchio potere politico e il vecchio potere economico-speculativo, già pronti a tornare sulla scena. Loro non si sono mai stancati, continuando o soffiare sul fuoco o a riciclarsi in mille volti e mille sigle. Del resto cosa potevano fare i parassiti della politica e del potere, i falsi imprenditori incapaci di vivere e operare senza un sistema affaristico che opera fuori dalle regole di mercato, utilizzando la politica e la gestione della cosa pubblica per interessi personali? E così i ricchi (incapaci) diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e più soli. Sono queste le riflessioni che mi vengono spontanee in questo Natale e che ripropongo a voi con le parole di don Tonino, non per speculare sul suo nome, come fanno ormai in tanti, ma perché non possiedo la profondità delle sue parole, né la forza dei suoi gesti. Ma come Lui ho la speranza (“Non scoraggiarti: è nata la speranza!”) che alla fine la giustizia (quella vera, non dei giudici corrotti o compiacenti o semplicemente pigri e distratti) possa trionfare, che il bene prevalga sul male. Però dipende dal nostro coraggio, dalla nostra capacità di resistenza. Ecco perché anche noi vogliamo farvi auguri scomodi, vogliamo scuotere la vostra indifferenza: “Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate”. Vi auguriamo un Natale sereno e un felicissimo 1997, con la speranza che questa festa riacquisti per noi il suo vero significato, che al di là del superfluo, ci faccia sentire ancora la voglia di essere presenti, di partecipare, di svolgere un ruolo attivo anche soffrendo ogni giorno, di amare questa città proprio in una difficile fase di transizione che essa attraversa, come l’Italia e forse il mondo intero, alla vigilia del Terzo Millennio. La strada per la democrazia e la giustizia è ancora lunga. “Buon Natale, cara città”. Quindici 15.12.1996
Felice de Sanctis - QUINDICI
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