Il muro di gomma
15/02/2022

Un muro di gomma, così potremmo definire la politica locale, trasformata da una classe dirigente di infima qualità in un mercato di voti, di interessi e purtroppo di uomini, per tenere insieme un’amministrazione che di politico ha poco, ma di potere ha molto.

Manca un progetto, una visione di città, per non parlare poi dell’etica. Ma di quale etica vogliamo discutere con personaggi pronti a cambiare casacca anche a distanza di ore? Di chi prima vota contro un sindaco e poi dopo un paio di giorni passa dall’opposizione al governo? In cambio di cosa? Poi ci meravigliamo quando la magistratura scopre illegalità e traffici che fanno della corruzione la cifra politica di una realtà amministrativa. Una città scossa da “Appaltopoli”, ma non più di tanto, se poi si rifugia dietro il gattopardismo di chi ha fatto del potere la ragione della propria esistenza. Ma è ancora più grave l’ipocrisia, anche con se stessi che si cela dietro un’operazione che di politico ha molto poco.

Complice di questo pasticcio, che abbiamo definito “ciambotto” un termine che ha avuto successo e che ormai è divenuto di uso comune per definire l’amministrazione Minervini. C’è chi, come Rino Gigante oggi propone una mutazione genetica del ciambotto in cous cous, una pietanza africana, per rendere l’idea della situazione attuale.

Lo scenario che abbiamo di fronte è quello desolante di un’accozzaglia di sigle, di liste civiche che servono a ridare verginità a personaggi che nei partiti ci hanno sguazzato e che con i partiti hanno fatto carriera e affari, senza titoli, senza merito che non sia la capacità di manipolare voti e coscienze a proprio vantaggio. Sono i signori delle tessere e delle anime perse, senza dignità, che si sono infilati nelle liste civiche, trasformando un fenomeno di rinnovamento, di reazione alla partitocrazia imperante, in un contenitore di consensi nel quale si sono infilati tutti: imprenditori (o presunti tali, per lo più palazzinari), saltimbanchi e voltagabbana, collettori di voti e affari, per stare nella stanza dei bottoni a decidere il futuro della città miserabilmente ridotta a un cantiere senza progetto e senza qualità.

Molfetta, da sempre è stata laboratorio politico anche delle realtà regionali e nazionali e, ancora una volta, anche nel peggio, si rivela tale. Come quello che sta succedendo alla Regione, dove il governatore Emiliano che è stato il patron di questa amministrazione e del Pd locale per far fuori una giunta di centrosinistra e sostituirla con una “ciambottista” puntando su personaggi che lo hanno perfino tradito e oggi cercano di rientrare nel carrozzone emilianese. Questi personaggi contano sul fatto che su quella barca ci salgono tutti, senza ritegno, né pudore, in una sorta di prostituzione politica che cancella il passato buono o cattivo che fosse, per aprirsi ad ogni sorta di avventura, pur di appagare la propria voglia e sete di potere.

Trovare la quadra in questi ciambotti è più facile se sul piatto si servono pietanze complicate con tante salse e ingredienti che hanno il colore dell’oro e il profumo degli affari. In questi contesti nasce la cosiddetta emergenza democratica, oggi molto di moda, ma che ha reso fragile la nostra democrazia e il suo sistema di rappresentanza, fatto di cooptazione dei fedelissimi (o di quelli che appaiono tali al momento, ma pronti a cambiare casacca secondo le convenienze), senza merito e soprattutto scelta da parte dei cittadini elettori. Ma questo sistema rende fragile la nostra democrazia, come è stato evidente perfino nell’elezione del Presidente della Repubblica, quando si è dovuti ricorrere ancora al galantuomo Mattarella, perché non si riusciva a trovare l’accordo su un nome che fosse al di sopra delle parti. Per lo stesso motivo, oggi abbiamo un tecnico a capo del governo, una sorta di commissario politico per gestire perfino l’ordinaria amministrazione, di fronte all’incapacità generale.

Il sistema dei partiti, tanto vituperato per la sua degenerazione, oggi, forse, viene rimpianto da chi vede in quella struttura antica, l’unico sistema in grado (prima del suo deterioramento) di selezionare la classe dirigente e designare gli uomini più capaci a gestire le istituzioni. Abbiamo buttato via il bambino con l’acqua sporca.

Oggi, invece, assistiamo alla metastasi che si nasconde nelle liste civiche, che di civile hanno solo il nome e dietro le cui sigle improvvisate, può nascondersi di tutto. E anche il Pd locale si è trasformato in una lista civica, confusa nel ciambotto politico locale. Più che uomini, i protagonisti delle liste civiche, sono soggetti indefiniti, senza identità, capaci di passare dalla maggioranza all’opposizione, per poi, magari, rientrare nella maggioranza secondo le convenienze. E così si insegue il peggio della città, pur di essere al potere, in nome di un falso superamento delle ideologie, dietro il quale si nasconde di tutto, privo di trasparenza in questa melma politica che serve solo per governare sempre e comunque e con chiunque. Chiamare questo pasticcio “stabilità operosa”, mutuando una definizione del presidente Mattarella, è un insulto alle intelligenze dei cittadini, soprattutto quelli che non ci stanno ad essere inseriti nella lista di un cattivo pifferaio politico, che ci porta ad annegare in un fiume per l’arroganza del potere e la viltà di un popolino/massa che rifiuta le proprie responsabilità, accettando le decisioni di vertice, senza capacità di critica. La mandria, insomma, che si fa guidare dal pastore essendo incapace di trovare la strada per il pascolo.
Ecco il muro di gomma sul quale si schianta ogni proposito di rinnovamento di una città destinata al saccheggio edilizio e a un futuro fatto più di cemento che di anime, dove il concetto di comunità viene soffocato dagli interessi di parte, fino al punto di distruggere un’identità comune nella quale oggi nessuno è più in grado di riconoscersi. Una sorta di algorismo anonimo preoccupante.
Occorre una reazione, che non si riesce ad intravedere all’orizzonte, soprattutto a sinistra, dove le divisioni prevalgono sulle aggregazioni dei liberi e forti per la creazione di un riformismo comunitario: una grande opportunità, invece, da prendere in seria considerazione. Il processo politico nuovo non può che nascere e svilupparsi dal basso, dai territori, per fecondare quell’ispirazione ideale che in passato ha prodotto modelli di laboratori politici produttivi, frutto di un progetto di città condiviso e non imposto dagli interessi particolari.

Anche i muri di gomma si possono infrangere: basta volerlo.

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Felice de Sanctis
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