Si riparte dalla green economy
15/05/2021

Afferriamo il Covid, neutralizziamolo e ripartiamo. Questo è l’obiettivo dei prossimi mesi che sono strategici per una ripresa economica, ma anche sociale, dopo un’epidemia che ha devastato non solo i rapporti economici, ma anche quelli umani.

E’ necessario arginare la recessione nella quale siamo precipitati, puntando ad una ripresa economica che passi necessariamente dal sentiero della sostenibilità, evitando di commettere errori del passato. Nella crisi del 2008 la paura di perdere nell’immediato qualche decimale di Pil, spinse il nostro Paese a non cogliere l’occasione per una riconversione green del sistema produttivo. La colpa è attribuibile a Silvio Berlusconi politico che, con scarsa lungimiranza, mise davanti all’interesse del Paese quello immediato delle sue aziende. Un errore che abbiamo pagato caro e continuiamo a pagare ancora oggi.

Altre scelte ci avrebbero consentito di arrivare meglio attrezzati al cospetto delle sfide poste dall’attuale crisi climatica e, probabilmente, avrebbero potuto garantirci anche una crescita economica più sostenuta di quella registrata nel decennio appena passato, come ha sostenuto recentemente Donato Speroni, giornalista e scrittore, responsabile della redazione dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).

La situazione attuale è molto diversa da quella dell’epoca, anche grazie a un maggiore sostegno dell’opinione pubblica e, soprattutto, a una nuova generazione che ha capito benissimo cosa sono i cambiamenti climatici e chi dovrà pagarne i relativi costi. Questa generazione sta sostenendo politici e scienziati che da tempo sostengono l’introduzione di politiche incisive per l’ambiente e per il clima.

Ma non va dimenticato che, per la prima volta nella storia, la Commissione Europea ha deciso di mettere l’ambiente al centro della sua azione politica attraverso un Green Deal europeo con l’obiettivo di investire 1.000 miliardi per fare dell’Europa un’economia verde che riesca a raggiungere la neutralità carbonica nel 2050. Fra le prime azioni concrete per l’attuazione del Green Deal, il Consiglio Europeo ha adottato il regolamento che stabilisce la cosiddetta “tassonomia” in base alla quale riconoscere il requisito di sostenibilità per l’ammissibilità ai finanziamenti europei. La strada europea verso la sostenibilità sembra quindi tracciata e anche le decisioni più recenti sembrano confermare la volontà di non volerla abbandonare.

Alla luce di questi elementi è legittimo sperare che non si ripetano gli errori del passato e che l’attuale crisi economico-sanitaria possa alla fine trasformarsi da problema in opportunità. Eppure gli elementi di preoccupazione non mancano, come rilevano alcuni osservatori, tanto che lo scorso 14 aprile 12 ministri dell’ambiente dell’Unione Europea hanno ritenuto opportuno lanciare un appello, sottoscritto da molti rappresentanti di forze politiche, imprenditoriali, sindacali e delle associazioni, per una alleanza, la European Alliance for a Green Recovery, che ponga la sostenibilità sociale ed ambientale alla base delle politiche e delle azioni per la ripresa dalla pandemia causata dal Covid-19. Questo appello viene in risposta alle richieste di Paesi come la Polonia, fortemente dipendenti dal carbone, e di alcuni europarlamentari, perlopiù sovranisti, che vorrebbero un ripensamento del Green Deal i cui costi, a loro dire, sarebbero eccessivamente gravosi nell’attuale contesto di crisi economica.

La recessione, però, ridurrà le entrate pubbliche che, come sostenuto di recente dal Fondo Monetario Internazionale, sarà difficile da quantificare finché non si avrà una reale cognizione della durata e della portata dell’emergenza sanitaria. A causa del minor gettito fiscale molte delle spese programmate, comprese quelle necessarie al raggiungimento degli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, potrebbero saltare o essere rimandate.

C’è un altro pericolo: se i prezzi dei combustibili fossili rimanessero bassi per un lungo periodo di tempo sarebbe ostacolato anche il coinvolgimento dei capitali privati nel processo di riconversione energetica in quanto le imprese potrebbero rimandare le loro decisioni di investimento in energia da fonti rinnovabili.
Con meno risorse a disposizione e minori incentivi da parte del settore privato la difesa degli obiettivi programmati nel Green Deal dagli attacchi di chi non ha interesse ad abbandonare petrolio e carbone, sarà senz’altro più dura di quanto non lo sia sempre stata. Sarà ancora più importante, quindi, far capire a cittadini e imprese perché è ancora prioritario investire nella green economy e quali sono i rischi ai quali andremo incontro se non lo faremo subito. Bisognerà ricordare con forza che, anche in questo caso, è necessario dare ascolto a quello che ci dicono gli esperti. Forse almeno questo, dall’esperienza del Covid-19, dovremmo averlo imparato tutti.

Il mondo oggi è di fronte a una crisi senza precedenti che mette in luce il respiro corto del nostro attuale sistema. In pochissimi mesi la pandemia ha interrotto i movimenti di milioni di persone impattando sul lavoro e sulla vita, distruggendo catene produttive e costringendo l’economia a fermarsi. E’ andato in crisi il nostro sistema economico lineare, che estrae risorse e crea rifiuti per produrre beni, creando degrado ambientale, cambiamento del clima, perdita di biodiversità e varie altre forma di inquinamento.

Ecco perché occorre passare ad un’economia circolare, come sottolinea un rapporto della Fondazione Ellen MacArthur secondo la quale la transizione all’economia circolare non rappresenta solo un vantaggio economico ma anche ambientale, infatti, il sistema circolare prevede un percorso verso l'ottimizzazione dell'uso delle risorse, che tiene in considerazione la produzione di rifiuti e le varie forme di inquinamento che scaturiscono dai processi di produzione. Inoltre, nella pubblicazione si riconosce un fondamentale ruolo al design - come prerequisito essenziale per realizzare un'economia basata sul modello circolare - che, in combinazione con tendenze come la digitalizzazione e la decarbonizzazione, diviene trasversale per tutti i settori economici.

Insomma, la pandemia ci ha insegnato che c’è l’opportunità senza precedenti di superare la vecchia economia basata sui combustibili fossili, per trovare un nuovo equilibrio orientato ad un’economia rigenerativa e sostenibile.

E’ questa la sfida del futuro: se riusciremo a coglierla, si apriranno scenari migliori per tutti, quella transizione green in grado anche di affrontare anche nuove emergenze, altrimenti il rischio è quello di precipitare in una involuzione senza ritorno.

Lo ha detto anche Papa Francesco quando ha sostenuto la necessità di affrontare decisamente le sfide della giustizia sociale e della giustizia ambientale. Non si può rilanciare l’economia a spese dell’ambiente, altrimenti le conseguenze si ritorceranno contro di noi. La rinuncia ad un benessere immediato pagherà in termini di benessere futuro più duraturo e stabile. Soprattutto per le giovani generazioni che pagano il prezzo più alto di questa crisi.

Ce lo ricorda anche il Rapporto Svimez 2020 (l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno): il Paese si trova di fronte all’ “occasione irripetibile” di impostare la ricostruzione post-Covid coniugando crescita nazionale, equità sociale e coesione territoriale, con la possibilità di “gestire la transizione orientando i processi economici verso una maggiore sostenibilità intergenerazionale, ambientale e sociale”.

Si riparte dalla green economy, l’unica strada per un mondo sostenibile. Altri percorsi non sono nemmeno ammissibili se vogliamo salvare la nostra economia e il nostro futuro.

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Felice de Sanctis
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