I furbetti del vaccino
15/04/2021

Un sentimento misto tra rabbia e rassegnazione è quello che prende le persone oneste e quelle che rispettano le regole di fronte ai cosiddetti “Furbetti del vaccino”.

In materia di Covid, mentre altri Paesi europei dalla Germania alla Francia al Regno Unito hanno puntato a settimane di serio lockdown totale, in Italia, con la grande fantasia che tutti ci riconoscono, abbiamo inventato il lockdown a colori, gli stop and go, il chiudi e riapri, fino a farci male da soli e a far aumentare i contagi. Complici anche i controlli assenti, per mancanza di risorse umane, ma anche per indolenze calcolate. Il Paese che tutto tollera e tutto perdona, si è ritrovato con un migliaia di morti, un numero che tutt’ora non si è ridotto in modo significativo. E abbiamo toccato un milione di morti in Europa: un bilancio da guerra mondiale.

Abbiamo lasciato anziani e fragili senza tutela e, nella confusione organizzativa dei vaccini, la fascia di età tra i 70 e i 79 anni è rimasta quella più indietro di tutte. Tutto per colpa delle categorie privilegiate, delle corporazioni che si sono vaccinate prima senza averne diritto, ma con qualche furbata all’italiana.

Le categorie che, ad oggi, sono inserite nelle liste di priorità sono sette: over-80, persone estremamente fragili, operatori sanitari e sociosanitari, personale non sanitario, ospiti e operatori delle Rsa, forze armate e personale scolastico. Nei report del commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, le persone che non fanno parte di questi gruppi vengono identificati come “altri”. Al 9 aprile, sempre secondo il report del commissario anti-Covid, più di 2,3 milioni di dosi sono state somministrate a persone sotto la voce “altri". Non tutti questi individui però hanno saltato la fila, perché anche gli over-70 vengono inseriti dentro il gruppo “altri”, pur avendo ormai diritto al vaccino in tutte le regioni. Le dosi somministrate agli ultrasettantenni sono circa 1,1 milioni. Sottraendo questo numero a quello delle 2,3 milioni di dosi sotto la voce “altri”, otteniamo una stima del numero di vaccini finiti a persone fuori dalla lista: 1,2 milioni, cioè il 10% del totale delle dosi somministrate (i cittadino su 10). Il calcolo ovviamente è approssimativo, ma in assenza di dati precisi da parte delle autorità sanitarie, è il più preciso attualmente disponibile. Ci sono regioni in cui la percentuale di dosi somministrate a individui fuori dalle liste di priorità è quasi il doppio rispetto alla media nazionale del 10%. Si tratta di Calabria (22%), Sicilia (21%), Campania (18%) e Valle d'Aosta (18%). 

Ecco la fantasia italica che si scatena e oltre al gioco dei colori, dove anche regioni bianche come la Sardegna, hanno approfittato ed esagerato con il “liberi tutti” e oggi sono dovute tornare in zona rossa, scopre l’aggettivo “altro” per estendere all’infinito e con tutte le possibili discrezionalità, le categorie che hanno diritto alle priorità. Le Regioni, anche per motivi di consenso, hanno allargato le maglie agli avvocati, ai magistrati, ai dipendenti pubblici, ai cuochi, alle commesse, e così via. Qualche istituzione ha incluso anche i giornalisti (pur impegnati a intervistare soggetti a rischio e a seguire la pandemia negli ospedali), magari per ottenere qualche articolo compiacente. C’è stato anche l’amministratore che ha approfittato di condizioni precedenti (volontario, medico, infermiere, ecc.) non più esercitate o attive, per mettere il proprio braccio davanti all’anziano in attesa.

Il record degli “imbucati” spetta al Nord (altro che Sud trafficone) e alla Lombardia, guarda caso la regione che ha avuto più criticità e morti e dove il caos vaccini, complice anche l’incompetente classe dirigente, è stato più alto che altrove.

Nell’Italia delle corporazioni, questo abuso di discrezione e preferenze ha scatenato le categorie che sono state inserite in alcune regioni ed escluse in altre. Insomma, la solita confusione all’italiana.

Tra i “furbetti” non manca il solito governatore della Campania De Luca che con la scusa di voler dare il buon esempio ai suoi concittadini, si è fatto vaccinare con tanto di foto dimostrativa (e giustificativa da coda di paglia).

Ma quali sono state le tecniche più diffuse (già al vaglio della magistratura, anche se finirà con nulla di fatto) per ottenere senza diritto, una dose di vaccino. Tra i metodi più semplice c'è la falsa dichiarazione: a Biella, in Piemonte, alcuni medici in pensione avrebbero fornito dati falsi per saltare la fila. Stesso discorso per un gruppo di avvocati, commercialisti e dirigenti amministrativi. In alcuni casi ci sarebbe anche la complicità del personale sanitario. A Oristano, in Sardegna, 15 tra medici e infermieri sono indagati con l'accusa di aver somministrato dosi a persone che non avevano titolo, passando davanti ad anziani e cittadini fragili. Poi ci sono le presunte irregolarità legate ai “caregiver”, cioè le persone che possono vaccinarsi perché a stretto contatto (letteralmente “badanti”) con persone estremamente vulnerabili. In Puglia e in Umbria gli inquirenti parlano di “alto rischio di imbucati”. La Regione Umbria ha annunciato controlli a campione per verificare i requisiti dei “caregiver” già vaccinati.

Nell’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante, l’Italia sembra ancora la Firenze del Trecento raccontata dall’Alighieri con ordini, corporazioni e disunità nazionale con politici che abusano del loro potere, per favorire amici e clienti, a caccia di facili consensi. E’ avvenuto anche a Molfetta dove la corsa alla vaccinazione privilegiata ha superato ogni limite, nella tolleranza dell’amministrazione comunale. Alle richieste di chiarimenti, è seguito il silenzio, un silenzio-assenso colpevole. Ma quando non c’è trasparenza, non si fanno conoscere i dati su presunti privilegi, si rischia di alimentare nella gente il sospetto che solo quelli vicini al Palazzo sono più uguali degli altri.

In questo “tempo umiliato” nella bella definizione di Adam Zagajewski, poeta polacco scomparso il primo giorno di primavera nella giornata dedicata alla poesia, siamo passati dalla solidarietà dell’«andrà tutto bene», al conformismo, alla frustrazione dell’impotenza, all’assuefazione, all’abitudine, alla scomparsa perfino del dolore. Insomma, siamo nella fase della secolarizzazione della tragedia che, come scrive Marco Damilano direttore dell’Espresso: “ogni processo di secolarizzazione aiuta a vivere, perché rende tollerabile quel che altrimenti non sarebbe possibile tollerare, ma è un passo in più verso il vuoto etico, il nichilismo che tutto consuma”.
Parlare di vergogna per questi “furbetti” è perfino riduttivo, parlare di scandalo è inutile, vista la fine che fanno perfino le inchieste della magistratura tra prescrizioni e prove insufficienti, forse si tratta solo di miserabile speculazione sui più deboli, come quella di qualche presidente di regione che ha sostenuto il diritto delle categorie produttive sugli anziani improduttivi e sui “fragili” inutili all’economia, lasciati a terra in questo deserto di umanità che ci tocca di vivere.

Nel 28° anniversario della morte del nostro amato vescovo santo don Tonino Bello, ci piace ricordare, le sue profetiche e attuali parole, mai abbastanza ripetute, che infastidivano i politici: “Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate”.

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Felice de Sanctis
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