La visione della stella polare non dice mai al pescatore in quale direzione debba muovere, ma egli non avanzerà nella notte se non è in grado di riconoscerla, ci è venuta in mente questa frase di Simone Weil, una grande figura femminile, sopravvissuta alla Shoah, prima donna Presidente del Parlamento europeo, pensando alla recente verifica politica a Molfetta. Si chiama così l’aggiustamento dell’amministrazione con l’azzeramento e lo scambio di poltrone.
E abbiamo pensato alla morte della politica, in questa vera e propria crisi politico amministrativa di Molfetta, mascherata da “verifica” (con il solito politichese).
Occorre, però, spiegare cosa è avvenuto in questa tornata politica dove i fatti rilevanti sono stati due: l’emarginazione di quello che era stato il sindaco ombra e il referente delle liste civiche, Saverio Tammacco, che oggi rappresenta solo se stesso, e la fine del gruppo politico denominato “Noi” e il rafforzamento dello stesso Minervini, passato da ostaggio a dominus.
Tammacco è rimasto senza assessore, se ne andrà “in esilio” a Bari al consiglio regionale, dove non conta nulla essendo all’opposizione e cercherà di rientrare nelle simpatie di Emiliano che ha tradito all’ultimo momento preferendogli Fitto: oggi paga il prezzo di quel voltafaccia. Ma ha annunciato che già da giugno comincerà a fare la campagna elettorale per le amministrative e chiamerà a raccolta chi ci sta. Qualcuno dice che punterà a fare il sindaco. Non lo crediamo, non è uomo da prima linea, ma da retrovie, dove può fare il burattinaio di un suo uomo di fiducia.
Il Pd non ha ottenuto l’assessorato alla cultura che il sindaco ha tenuto per sé, quasi un dispetto alla richiesta del partito e ha rimediato qualche delega in più per l’assessora riconfermata Gabriella Azzollini (espressione di Piero de Nicolo, che si accinge ad occupare un importante incarico in Regione), ha mantenuto il presidente del consiglio Nicola Piergiovanni e il consigliere metropolitano Gianni Facchini (che volevano l’assessorato ai lavori pubblici per Giulio Germinario). Così resta una unità almeno apparente, anche se con molti maldipancia, garantita dal commissario politico Saverio Campanella che non poteva fare altro che firmare l’accordo in attesa del congresso. E il comunicato stampa del commissario, ne è una conferma. Infatti, chiusa questa fase se ne apre subito un’altra, quella congressuale dove ci saranno tre mozioni e ci si conterà. La vera resa dei conti nel Pd. Di qui verrà la nuova linea politica che potrebbe portare anche all’uscita del Pd dalla maggioranza per aderire al gruppo di centrosinistra, che, dopo la disponibilità di Rifondazione a partecipare a una cordata a sostegno di un ipotetico candidato sindaco Felice Spaccavento, si presenta come alternativa all’attuale amministrazione dove sono presenti forze di destra. Ancora una volta nessun riconoscimento in giunta è andato all’ex segretario politico Erika Cormio, che, probabilmente, abbandonerà il partito, dopo tanti altri militanti che lo hanno già fatto negli ultimi anni.
Sconfitto anche il gruppo di “Obiettivo Molfetta” che fa capo all’ex assessore all’urbanistica, l’avv. Pietro Mastropasqua (con l’uomo ombra Maurizio Solimini), che si è dovuto accontentare dell’annona e polizia locale, mobilità e qualcos’altro di scarso peso. In procinto di lasciare la maggioranza, ci hanno ripensato, accettando un ridimensionamento.
Il gruppo di Pino Amato, “Popolari per Molfetta” incassa sue assessorati: Maridda Poli all’ambiente e Enzo Spadavecchia allo sport. Due deleghe minori, ma l’importante è stare nella stanza dei bottoni, grazie alle giravolte dello stesso Amato, voltagabbana storico della politica molfettese. Con lui anche il consigliere Giuseppe De Nicolò, che ha abbandonato il Pd perché scomodo alla sua matrice di destra e la neo consigliera comunale Carmela Germano, già assessore nella prima giunta Minervini, poi costretta a dimettersi per il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria del marito. Uscita dalla porta, oggi rientra dalla finestra, essendo la prima dei non eletti dopo Spadavecchia, che deve lasciare il posto di consigliere comunale per fare l’assessore.
“Molfetta futura” la lista civica dell’ex assessore ai lavori pubblici Mariano Caputo indagato per la vicenda “Appaltopoli” si deve accontentare dell’assessorato alle politiche sociali affidato all’arch. Germana Carrieri, mentre ad andare meglio di tutti è la lista civica di Pasquale Mancini, il quale aveva lanciato minacce politiche al sindaco Minervini: “deciditi oppure dimettiti e andiamo tutti a casa”. Così “Officine Molfetta” incassa l’assessorato ai Lavori pubblici affidato all’ex assessore all’annona e polizia locale Antonio Ancona, mentre quello all’Urbanistica è andato all’ing. Francesco De Gennaro. Insomma, come dicono a Napoli: chiagne e fotte. Mancini non ha ottenuto l’assessorato per sé, ma due deleghe di peso, che ne fanno il vero vincitore fra le liste civiche.
Il reale trionfatore di questa partita è indubbiamente il sindaco Tommaso Minervini che, da politico navigato, si è liberato della presenza ingombrante delle liste civiche e di Tammacco in particolare, ha accontentato tutti con un pezzo di pane e un piatto di lenticchie, si è tenuto le deleghe degli ex assessori alla cultura Sara Allegretta e all’igiene e sanità Ottavio Balducci con la promessa di coinvolgerli in qualche modo, forse con la trovata degli incarichi ai cittadini (vedi la nomina di Mancini all’emergenza Covid). Tra l’altro con tutte quelle deleghe, difficilmente Minervini, che oggi passa 12 ore al giorno al Comune, avrà il tempo di tornare a casa per dormire. Ma il buon Tommaso è un grande lavoratore e potrà riposare su una brandina in ufficio come il mitico Napoleone tra una battaglia e l’altra.
Così nessuno conta nulla e lui, il sindaco, tiene il controllo della situazione, replicando l’amministrazione di Antonio Azzollini che addirittura aveva assessori senza delega, ma solo col portafoglio. Qui il portafoglio ce l’hanno tutti, ma con deleghe minori, molto minori.
E Minervini è stato così bravo che ha incassato anche il ringraziamento di tutti: “Com’è buono lei!”, alla maniera di Fantozzi. Che s’adda fà pe’ campà!
E se il Pd dovesse abbandonare questa nuova nave sgangherata, più ciambotto di prima, più Frankenstein di prima, il sindaco non rischia nulla perché oltre al passaggio di Pino Amato, ha incassato anche quello di Fulvio Spadavecchia passato da Forza Italia nell’Arca di Noè di questa maggioranza. E non è escluso che anche la sen. Carmela Minuto, in dissidio con Azzollini e il gruppo di Forza Italia, dove ora è in minoranza, non ci faccia un pensierino per smarcarsi dall'ex sindaco.
Vae Victis! guai ai vinti e anche l’ex senatore ed ex sindaco Antonio Azzollini avrà da pensare.
Ecco la morte della politica, a Roma sancita dall’arrivo di Mario Draghi alla guida del governo e a Molfetta, dalla conferma del super riciclato Tommaso Minervini alla guida del Comune. Con una differenza innanzitutto sostanziale e di qualità che non ha alcun termine di paragone tra l’ex presidente della Bce e l’ex socialista convertitosi al praticismo amministrativo (per essere buoni) dell’ingoiare tutto pur di restare in sella.
Lo scenario politico delle liste civiche e di un Pd inetto, offre l’immagine di una pochezza disarmante, di un vuoto desolante, in questa crisi epocale della mercificazione della politica. Attente e condivisibili analisi di questa situazione le trovate nelle pagine di questo numero della rivista, ad opera di Lazzaro Gigante e Gianni Porta.
A noi rimane una riflessione che vogliamo proporre utilizzando le parole di Anna Maria Cortese in “Corpo celeste”: «La Terra va diventando una fossa atroce per i deboli, i non aventi diritto. (…) Senza valore economico non vi è identità, né quindi riconoscimento, né quindi esenzione dal dominio e lo strazio esercitato dai forti sui deboli».
Un riequilibrio diventa vitale, prima del baratro.
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