Taci, il telefonino t’ascolta
Incombe una tassa sui “cellulari”
17/04/1991 06:59:00
Minaccia di diventare l’eroe nazionale, partecipe del risanamento economico del nostro Paese. Almeno così la pensa il governo, che ha intenzione di tassarlo, per ricavarne entrate copiose. Dove non sono riuscite le articolate «manovre» dei ministri finanziari, può farcela l’ultimo oggetto del desiderio degli italiani: il telefono portatile, ormai universalmente conosciuto come «cellulare», segreta aspirazione di falsi vip e di tranquille casalinghe, status symbol dei nostri giorni, materializzazione dell’inutile consumismo e perfino strumento del demonio. Il «cellulare» sta sconvolgendo l'esistenza degli italiani: sono già 320mila i fortunati possessori di questo «giocattolo» da due milioni e passa, mentre ha già superato il milione il numero di coloro che stanno facendo i conti per trovare il modo di entrarne in possesso (nagari rinunciando ai pasti). Questa scatola magica ti permette di essere «in», di sentirti padrone dell’universo: puoi telefonare perfino in Alaska. Ci penserà poi la bolletta della Sip a raggelarti. Ormai il suo trillo accompagna la nostra vita quotidiana, ma arriva all’improvviso: al ristorante, a teatro, in tram e, buon ultimo, al supermercato (è qui che colpiscono le casalinghe). Contro l’invadente oggetto si è scomodato finanche il vescovo di Lecce, mons. Cosmo Francesco Ruppi, che l’ha definito «sfoggio inutile», «stupida moda», «sciocco trastullo», «strumento di cattiveria ed egoismo». Chi non può acquistarlo si sente emarginato? Neanche per sogno: sono già in circolazione le imitazioni da appena 415 mila lire. Lo scorso anno ne sono stati venduti, oltre 20mila. In pratica ogni 10 apparecchi funzionanti ce ne sono in giro almeno sei sono fasulli. E per accontentare tutti gli squattrinati è scesa in campo anche la Postal Market, che lo ha inserito nel suo catalogo di vendite per corrispondenza., con una bella dicitura: «Il finto telefono per voi, che fa vero manager». Ma ora sui La Gazzetta del mezzogiorno 1ª pag. 17.4.1991
Felice de Sanctis
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