Una croce che divide
15/04/2019

FELICE DE SANCTIS - La grande forza simbolica della croce questa volta anziché unire, divide. La scelta di elevare un monumento a ricordo della visita di Papa Francesco a Molfetta in occasione dei 25 anni dalla morte di don Tonino ha creato un grande dibattito, molte polemiche e tante divisioni. E perfino una raccolta di firme per la sua rimozione.

Ecco le definizioni più frequenti per quella brutta idea di dedicare alla visita papale una struttura commemorativa (non può definirsi nemmeno opera pubblica): Monumento della discordia, il Golgota, campo da golf, idromassaggio, sepolcro, gentilizio, “orribile spartiacque cimiteriale” (l’artista Omar Galliani).

Premesso che la libertà di critica va concessa a tutti e ci deve essere una tolleranza reciproca, non condividiamo la decisione di creare tale monumento, anzi di creare un monumento.

L’amministrazione comunale di destracentro di Tommaso Minervini questa volta non ha ascoltato nessuno, i suoi uomini, per la loro ostinazione, sono apparsi quasi come dei “farisei”. Non è la prima volta che accade, ma in questa occasione non si poteva non tener conto dell’opinione dei cittadini perché si tratta di un’opera diversa che coinvolge le coscienze, tocca la sensibilità umana e religiosa e ha un forte impatto anche sull’assetto urbano.

E’ sembrata più un’operazione all’insegna dei segni del potere che del potere dei segni, che invece privilegiava don Tonino. Il potere di essere ricordati ai posteri andando perfino oltre il brutto “gentilizio” funebre o stele funeraria, fatto erigere dall’ex sindaco Antonio Azzollini, con tanto di epigrafe incisa a perenne ricordo suo e del vescovo Martella, in occasione del restauro di piazzetta Giovene, davanti al seminario e dietro la gelateria. Sempre nello stesso luogo.

Questa volta il “monumento” è stato collocato davanti alla gelateria fra una pizzeria, segno del consumismo, e due banche, segno del potere economico: un accostamento che non sarebbe piaciuto al nostro vescovo santo.

I rischi di illegalità dell’opera in terra e cemento, messi in evidenza dall’opposizione di sinistra, rendono ancora più improbabile un accostamento con l’amato vescovo. Un monumento all’illegalità? Impensabile.
Su questo tema la lettera della Soprintendenza è abbastanza chiara. Nella nota si lamenta il fatto che non sia stata attivata la procedura autorizzativa prevista dalla legge «per sussistenza vincolo paesaggistico sulla fascia costiera e centro storico di Molfetta… trattandosi di opere localizzate all’interno di una piazza vincolata ope legis ai sensi della lettera g, comma 4, art. 10 del decreto legislativo 42/04)». Insomma, conferma il rischio dell’illegalità e, questo spiega l’invio della lettera, del soprintendente Luigi La Rocca, anche alla Procura della Repubblica del Tribunale di Trani.
Inoltre, per essere ancora più celebrativi, i “creativi” dell’amministrazione comunale hanno pensato di realizzare sull’isola pedonale dove una volta c’erano i cassonetti interrati per la raccolta dei rifiuti, di fronte alla chiesa di S. Stefano, un altro monumento riproducente, in scala, l’altare papale.

E questo per perpetuare nei secoli il ricordo della storica visita del pontefice. Non sappiamo chi sia il “creativo” di turno, se l’assessore “cantiere perenne”, oppure qualche altro tecnico comunale, ma è certo che il costo di questa operazione ha superato il 150mila euro. Una cifra assurda. A questa vanno aggiunti i costi dell’illuminazione, l’impianto di irrigazione e il canone per mantenere sempre verde l’aiuola antistante la croce (quella che è stata paragonata ironicamente al campo da golf). E tutto questo per una struttura fortemente invasiva.

Spendere 150mila euro non per ricordare don Tonino e la visita del Papa ai posteri, ma per ricordare se stessi ai posteri, un antico vezzo di tutti i politici abituati a celebrarsi. Il sindaco Minervini ha sempre sostenuto che vuole creare una comunità, superando le divisioni del passato, e siamo convinti che ci creda, ma con un’opera del genere rischia di accrescerle. Un ricordo di don Tonino va condiviso, non imposto.

Noi di “Quindici” siamo stati i primi a criticare il progetto (e anche l’idea di un monumento del genere), quando era ancora sulla carta, oggi che è ultimato siamo senza parole: un’opera brutta, realizzata come il Golgota, con un basamento monumentale in pietra, per ricordare il nostro vescovo, che era per una chiesa povera.

Se proprio si voleva proprio collocare quella croce in quell’aiuola spartitraffico non sarebbe stato più decente e sobrio metterla nel terreno senza innalzare il basamento monumentale (che può essere a rischio incidente)?

La maggioranza della città si è indignata per questa scelta e per la sua collocazione. Sui social sono piovute le critiche da chi ha chiesto di conoscere il nome dell’ideatore del progetto, a chi ha gridato alla vergogna; da chi ha sostenuto che non si è compreso il messaggio di don Tonino a chi non si sente rappresentato da un’opera, anche per il costo rilevante. A chi infine accusa l’amministrazione comunale di presunzione e improvvisazione.

Il monumento non è un'opera d'arte, la location è impropria, il basamento è inutile, costoso, pericoloso in quel punto, è eccessivo ed inutilmente monumentale, frutto solo di un inutile protagonismo amministrativo.

Molfetta da città della bellezza a città della bruttezza: che cattivo gusto (con annesso spreco di denaro pubblico) stanno dimostrando gli attuali amministratori anche in altre opere pubbliche. Il guaio è che non se ne accorgono, anzi le esaltano e si esaltano per queste opere discutibili e discusse. E non serve alzare croci a “imperitura memoria”, anzi a “cementificare la memoria” come ha detto qualcuno.

Condividiamo quanto scritto da Elvira Zaccagnino, direttrice della casa editrice “la meridiana”: «“Liberare la ricchezza dell'uomo”: don Tonino questo ha fatto, questo ha provato a insegnarci, a questo ha provato a educarci... e forse non lo abbiamo ancora capito visto che più che liberare l'uomo, il tema che affascina e impegna di più è erigere croci...».

Aver realizzato il monumento come il Golgota, è una vera forzatura. Ricordiamo quanto scriveva don Tonino: «Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio».

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Felice de Sanctis
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