Il Potere senza volto
15/10/2018

FELICE DE SANCTIS - Guardando la realtà politica attuale locale e nazionale, ci è venuto a mente un bell’articolo di Pier Paolo Pasolini sul Corriere della Sera nel lontano 24 giugno del 1974, e che si intitolava proprio “Il potere senza volto”.

Sembra che 44 anni non siano passati in quest’Italia immutabile oppure che siamo di fronte ai vichiani corsi e ricorsi storici. Pasolini sosteneva che era difficile realizzare «l’identikit di questo volto ancora bianco del nuovo Potere… Questo nuovo Potere non ancora rappresentato da nessuno e dovuto a una “mutazione” della classe dominante, è in realtà - se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia - una forma "totale" di fascismo. Ma questo Potere ha anche "omologato" culturalmente l’Italia: si tratta dunque di un’omologazione repressiva, pur se ottenuta attraverso l'imposizione dell'edonismo e della joie de vivre».

E poi più avanti il grande poeta e regista aggiungeva «mi sembra che ci siano delle buone ragioni per sostenere che la cultura di una nazione (nella fattispecie l’Italia) è oggi espressa soprattutto attraverso il linguaggio del comportamento, o linguaggio fisico, più un certo quantitativo - completamente convenzionalizzato e estremamente povero - di linguaggio verbale.
È a un tale livello di comunicazione linguistica che si manifestano: a) la mutazione antropologica degli italiani; b) la loro completa omologazione a un unico modello».

E ancora: «Ora, tutti gli Italiani giovani compiono questi identici atti, hanno questo stesso linguaggio fisico, sono interscambiabili; cosa vecchia come il mondo, se limitata a una classe sociale, a una categoria: ma il fatto è che questi atti culturali e questo linguaggio somatico sono interclassisti. In una piazza piena di giovani, nessuno potrà più distinguere, dal suo corpo, un operaio da uno studente, un fascista da un antifascista; cosa che era ancora possibile nel 1968».

Per concludere: «Il vecchio fascismo, sia pure attraverso la degenerazione retorica, distingueva: mentre il nuovo fascismo - che è tutt’altra cosa - non distingue più: non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo».

Sono passati quasi 50 anni da allora? Non sembra. Oppure stiamo tornando drammaticamente indietro?

La Lega e il Movimento 5 Stelle che, pur con programmi e idee diverse, si mettono insieme per il Potere, confermano queste profetiche riflessioni del grande intellettuale del XX secolo.

L’omologazione li rende simili, la voglia di Potere offre loro obiettivi comuni, anche antitetici, ma che, a loro dire, rispondono ai desideri del popolo, in nome del quale essi esercitano il Potere che nessuno può contestate perché la loro investitura (che altri, secondo loro, non hanno) è di origine popolare. E il popolo è sovrano. Ecco il governo sovranista e populista che, con la scusa del cambiamento, amministra con la forza dell’anomia, l’assenza di leggi e regole, pur di ottenere il risultato promesso.

In realtà quello che manca oggi è la presenza di una classe dirigente adeguata, di una élite del merito. E' un po’ come avviene nel calcio: non abbiamo più talenti, mancano élite brillanti e registi misurati. Perché i vivai non sono più in grado di crearli. Senza partiti è venuta meno la selezione naturale delle classi dirigenti, oggi cooptate tra i fedeli della Piattaforma Rousseau trasformati in élite senza merito. Che importa se, intolleranti alle critiche e ai giornalisti, pronunciano strafalcioni ogni giorno: la loro ignoranza li avvicina al popolo bue, anch’esso ignorante, che si riconosce in loro e li vota.

Di questo passo diventerà reale quello che si prospetta in Nuova Zelanda per il 2020: la candidatura a primo ministro di un politico virtuale in grado di interpretare i bisogni e i desideri di tutti gli elettori e di rispettarne la volontà una volta eletto. E’ un politico senza volto, al quale è stato dato anche un nome: Sam, una sorta di chatbot che dialoga con i suoi elettori attraverso Facebook o manda messaggi su Twitter, dispensando promesse elettorali di ogni tipo: «La mia memoria è infinita, quindi non dimenticherò mai, né ignorerò, quello che mi dici. A differenza di un politico umano, io prendo le mie decisioni considerando la posizione di tutti, senza pregiudizi. Magari potremmo non essere d’accordo su alcune cose, ma in questo caso cercherò di saperne di più sulla tua posizione, in modo da poterti rappresentare meglio».

Non è quello che fanno oggi Salvini e Di Maio che si inventano il premier fantoccio Giuseppe Conte che non conta niente, ma sta al gioco pur di conservare una prestigiosa poltrona per grazia ricevuta? Non è quello che avviene a Molfetta dove il sindaco Tommaso Minervini pur di governare ha messo insieme 8 liste civiche senz’anima, il famoso ciambotto di destracentro? Del resto come ha vinto Trump in Usa, se non lavorando su un database di 200 milioni di americani, individuando i potenziali elettori ed elaborando per loro i messaggi mirati più efficaci?

Svaniti i partiti in un’evoluzione che viene considerata positiva dal sindaco che, in modo blasfemo, la riferisce al concretismo salveminiano, le liste civiche, forze autonome riformiste impegnate solo a raccogliere consenso, il cui potere politico si fonda sull’impegno a non considerare essenziale, e quindi a non esigere, il rispetto della legge. E a non fare nulla per evitare le critiche. Ha ragione il nostro Petrus Caput Hurso, nella sua ironica rubrica “Scherziamoci su” ad ammettere la difficoltà di scrivere di fronte al nulla di un’amministrazione che galleggia e che ha come motto: «Se niente faccio, niente mi possono contestare».

E infatti l’opposizione ha difficoltà anche ad esercitare il ruolo politico di controllo e, quando tenta di farlo, come è avvenuto nell’ultimo consiglio comunale, le viene impedito di parlare e perfino di presentare una proposta sulla quale si discute e, al termine, può anche essere bocciata. No, il sindaco “esperto” dalle mille deleghe, ha istruito gli “inesperti” consiglieri comunali sulla necessità di mettere una pregiudiziale sulla proposta del consigliere di opposizione di sinistra Gianni Porta che chiedeva di vietare spazi pubblici a organizzazioni che si richiamano al fascismo. Ma l’ignoranza e l’arroganza è tale che la maggioranza decide di affidare al povero Luigi Tridente, consigliere di prima nomina (al quale si può perdonare l’inesperienza, ma non la sudditanza all’amministrazione) una pregiudiziale (la parola stessa significa che deve essere presentata prima della proposta e non dopo) che blocca la discussione, dichiarandola inammissibile e improcedibile. Tutto per evitare scontri e divisioni all’interno della coalizione dove sono preponderanti le forze di destra e personaggi provenienti dalle fila di Alleanza Nazionale, riconvertitesi alle liste civiche, che sono tutto e il contrario di tutto.

Insomma, opposizioni silenziate con la forza e l’arroganza dei numeri, un fatto di una gravità senza precedenti perfino nella dispotica gestione dell’ex sen. Antonio Azzollini.

Una scivolata per il sindaco Tommaso Minervini democratico salveminiano ex socialista, ma anche un inciampo per il presidente del consiglio comunale Nicola Piergiovanni, eletto nelle liste del Pd, che ha avvallato questa brutta operazione di soppressione del dissenso, con una libera interpretazione del regolamento. In pratica, come anche il nostro vignettista Michelangelo Manente illustra con il suo disegno di questo mese, il sindaco zittisce tutti e dice: “qui comando io”.

E ci piace concludere con lo stesso articolo di Pasolini, in un passaggio ancor più profetico: «il vecchio fascismo, sia pure attraverso la degenerazione retorica, distingueva: mentre il nuovo fascismo – che è tutt’altra cosa – non distingue più: non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo».

E con la conversione sulla via di Salvini del furbo e opportunista politico Pino Amato, ora anche la Lega Nord xenofoba, razzista, antimeridionalista, populista e fascista entra nel consiglio comunale di Molfetta, la città di don Tonino Bello, profeta dell’accoglienza. C’è di che preoccuparsi.
Ma i democratici autentici non staranno in silenzio e, pur in minoranza, sapranno reagire a questa pericolosa deriva autoritaria e confusionaria, che rischia di riportare Molfetta e l’Italia indietro almeno di 90 anni, bruciando il progresso economico-sociale e soprattutto democratico, conquistato con sacrifici, anche di vite umane.

Allora diamo un volto al Potere, un volto di democrazia, libertà, antifascismo, solidarietà, giustizia sociale e soprattutto accoglienza.

 

 

 

 



Felice de Sanctis
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