Da don Tonino a Salvini. Molfetta è razzista?
15/06/2018

FELICE DE SANCTIS - Stavamo chiudendo questo numero di “Quindici”, dopo aver scritto l’editoriale dedicato all’anniversario dei 50 anni del ’68, che hanno cambiato il mondo e la storia e che oggi sono oggetto di rievocazioni e di analisi su ciò che è rimasto di quel fenomeno sociale, al quale dedichiamo oltre 10 pagine di questa rivista di giugno. Il titolo dell’articolo era “Il ’68 al tempo dei social” per consentire un’immediata rappresentazione del discorso che volevamo sviluppare: un confronto di fra epoche diverse, con problemi diversi, ma che ritornano ciclicamente con la differenza della presenza di una tecnologia da villaggio globale alla quale non riusciamo a sottrarci.

Poi è scoppiato il problema della nave Aquarius che aveva a bordo 629 migranti, molti di loro sfruttati dai trafficanti di esseri umani, fra i quali c’erano donne incinte vittime della violenza nei campi di prigionia della Libia, bambini e tanti minori non accompagnati oltre a persone malate e ustionate. A questa umanità disperata il neo ministro dell’interno il leghista Matteo Salvini, aveva sbarrato la strada, impedendo alla nave di attraccare nei porti italiani, anzi ordinando la chiusura di tutti i porti. Alcuni sindaci si erano ribellati a questa scelta, dando la disponibilità ad accogliere l’Aquarius, fra questi Napoli, Messina, Palermo, Taranto, Reggio e Livorno (il cui sindaco pentastellato, con una figura meschina, ha poi fatto marcia indietro, richiamato dal suo partito al governo).
Ci è sembrato giusto, perciò, rivolgere un appello, un suggerimento, un invito, chiamatelo come volete, al sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, perché la città della pace, la città di don Tonino, che ha accolto poco più di un mese fa Papa Francesco, offrisse la disponibilità del proprio porto ad accogliere questi migranti, celebrando con i fatti e non con le belle parole, intrise di ipocrisia, l’anniversario dei 25 anni dalla morte del vescovo santo. Abbiamo pubblicato questo articolo sul nostro quotidiano web “Quindici on line” e la conseguenza è stata lo scatenarsi di attacchi, insulti, commenti beceri in un crescendo di razzismo e fascismo senza precedenti.
Pur abituati ad aggressioni verbali da parte di chi non condivide le nostre opinioni, non avremmo mai immaginato che in questa occasione venisse fuori quello che sembra il vero volto di una città che, a parole, si dichiara per l’accoglienza, ma, messa di fronte all’eventualità di salvare delle vite in mare, ha sfoderato tutto il suo egoismo ammantato di odio. E ci siamo chiesti: Molfetta, allora, è una città razzista? E’ bastato che un giornale gettasse il sasso nello stagno, per smuovere un’onda d’urto paurosa e preoccupante.
Così abbiamo accantonato l’editoriale sul ’68 per proporre una riflessione su questa vicenda che vede non solo una parte della città, sicuramente la peggiore, rifiutare l’aiuto umanitario, ma anche un silenzio assordante di un sindaco, ostaggio della sua maggioranza filo fascista, che, per paura di alterare gli equilibri interni, ha taciuto. Proprio lui che in passato per ricoprire la stessa carica attuale, si fece promotore della caduta del governo di centrosinistra, per mettersi a capo di uno di destra. Sicuramente la nave non avrebbe attraccato a Molfetta, ma offrire la propria disponibilità, era un segnale concreto e significativo di una città che vanta un vescovo come don Tonino e un esempio educativo a quella parte di cittadini egoisti e razzisti, che si mettono l’anima in pace andando la domenica a messa, ma vivendo intimamente l’ostilità al diverso. Il concetto di accoglienza è scomodo e impopolare e rischia di far perdere voti. Ma non esiste ragion di Stato quando si tratta di gesti umanitari. Bisogna farlo capire a quel rozzo xenofobo di Salvini che oggi sembra essere diventato il padrone dell’Italia mettendo a tacere sia i grillini, sia Forza Italia, con l’obiettivo di fagocitarli e passare con la sua Lega Nord (sì Nord, non facciamo prendere in giro, lui odia i terroni meridionali quanto i migranti) dal 17 magari al 50%.
E anche il sindaco di Molfetta non ha avuto coraggio, dimenticando perfino di aver regalato al Pontefice il libro di don Tonino “La bisaccia del cercatore”. Ci sorge il dubbio che Tommaso l’abbia mai letto. Perciò gli ricordiamo qualche brano: « Più che con la spada, San Paolo bisognerebbe raffigurarlo con la bisaccia, teso com’era a raccogliere i valori della cultura che aveva attorno. In tal senso egli orientava i cristiani: “Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie. Esaminate ogni cosa: ritenete ciò che è buono” (1Tess 5,19-21). E lo dice anche a noi: esaminate ogni cosa e poi mettete nella bisaccia ciò che è buono; disponetevi cioè all’analisi critica di tutto ciò che il mondo vi offre, e poi mettete nella bisaccia del pellegrino tutto ciò che trovate di buono, anzi, tutto ciò che trovate di bello. […] Il cristiano del terzo millennio, che muove verso i crocevia della storia, ha sulle spalle una bisaccia come quella dei mendicanti: una bisaccia da riempire, non da svuotare».
L’invito di don Tonino «a schiodare le certezze per “lasciare la staccionata della rassicurante masseria di famiglia e mettersi con coraggio sulle strade dell’esodo, verso gli incroci dove confluiscono le culture e le razze si rimescolano e le civiltà sembrano tornare all’antica placenta che le ha generate e i popoli ridefiniscono i tratti della loro anagrafe secolare».
Non sarebbe costato nulla al sindaco offrire questa ospitalità, avendo un porto disponibile nel quale nei secoli della sua storia sono approdate genti diverse, che ci hanno arricchito sul piano economico e culturale. Un doppio errore, dunque, che non riusciamo a spiegarci se non con il mero calcolo politico, ignorando la priorità morale di salvare vite umane. Non si è chiesto Minervini cosa avrebbe fatto don Tonino se fosse ancora vivo? La prima cosa sarebbe stata sicuramente quella di salire a Palazzo di città per chiedere di fare quel gesto umanitario. E il sindaco avrebbe rifiutato? C’è una frase famosa ricordata da quel grande Maestro di giornalismo che è stato Enzo Biagi: «il sangue si secca presto entrando nella storia» e anche la memoria, soprattutto quando propone verità scomode.
Citare nei suoi discorsi la «convivialità delle differenze» cara a don Tonino, resta una citazione priva di senso, se un uomo politico non la applica concretamente. Far pagare a persone deboli il prezzo di una contesa politica con l’Europa come fa Salvini è profondamente vergognoso. Affermare che «alzare la voce, paga» è ripugnante quando si parla di vite umane. Le vittorie sulla pelle della gente, per nutrire il proprio consenso elettorale, sono un segno di inciviltà moralmente riprovevole. Poi è ancora più ipocrita proporre la Marina Militare per il Premio Nobel per la pace, per quello che ha fatto finora nel salvataggio in mare di centinaia di migranti. Perché da domani, su ordine del nuovo padrone, non potrà farlo più, potrà al massimo scortare le navi piene di disperati verso porti il più lontano possibile dall’Italia. La deriva razzista e fascista sembra aver preso piede sulla pelle dei più deboli. E’ questo il vento nuovo in Italia e a Molfetta? Eppure i nostri politici hanno giurato sulla Costituzione che all’art. 3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Invece prevalgono odio e razzismo contrapposti a solidarietà e rispetto degli altri, aumentando le diseguaglianze.
Perfino il cardinale Gianfranco Ravasi è stato ricoperto di insulti per aver ricordato una frase del Vangelo di San Matteo (25,43), quel libro che Salvini sventola nei suoi comizi: «Ero straniero e non mi avete accolto». Il Vangelo bisogna viverlo, non recitarlo alla Messa la domenica. Lo ha ricordato anche Papa Francesco a Molfetta quando ha detto: «La Messa non si vive per se stessi, ma per gli altri» e la vita del cristiano comincia alla fine della Messa.
E ci piace concludere con le parole che don Tonino rivolgeva a Rut: «t
i scrivo perché voglio sfogare con qualcuno la tristezza che mi devasta l’anima in questi giorni, alla vista di tanti stranieri che hanno invaso l’Italia, e verso i quali la nostra civiltà, che a parole si proclama multirazziale, multiculturale, multietnica, multireligiosa e multinonsoché non riesce ancora a dare accoglienze che abbiano sapore di umanità. So bene che il problema dell’immigrazione richiede molta avvedutezza e merita risposte meno ingenue di quelle fornite da un romantico altruismo. Capisco anche le “buone ragioni” dei miei concittadini che temono chi sa quali destabilizzazioni negli assetti consolidati del loro sistema di vita. Ma mi lascia sovrappensiero il fatto che si stenti a capire le “buone ragioni” dei poveri allo sbando e che in questo esodo biblico non si riesca ancora a scorgere l’inquietante malessere di un mondo oppresso dall’ingiustizia e dalla miseria».
Don Tonino sempre attuale, sempre profetico, andrebbe riletto per evitare la deriva razzista che sembra aver preso la nostra comunità. Nella Molfetta accogliente nessuno deve essere straniero.

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Felice de Sanctis
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