Terremoto 5 Stelle
15/03/2018

FELICE DE SANCTIS - Terremoto. Non possiamo definire diversamente l’ondata in piena dei grillini in tutto il Sud, che a Molfetta raggiunge proporzioni gigantesche, e che in tanti continuano a sottovalutare. Soprattutto perché il fenomeno del grillismo locale ha raccolto sempre percentuali bassissime, quasi insignificanti.

Come si spiega allora questo fiume in piena che ha rotto tutti gli argini inondando le strade della politica locale e trascinando via ogni velleità elettorale e ancor più politica sia a destra, dove ha decimato quel poco che esisteva, sia a sinistra dove ha accentuato ancora di più le fratture esistenti, determinatesi dopo la caduta dell’amministrazione di Paola Natalicchio. Lasciano il tempo che trovano i pur deboli tentativi da parte dell’estrema sinistra (Potere al Popolo), ma anche di quella a sinistra del Pd (Liberi e Uguali) di attenuare la sconfitta sottolineando quel punto in più in percentuale rispetto al dato nazionale o a quello del Mezzogiorno.

Il “cappotto” del Movimento 5 Stelle, che a Molfetta ha eletto due candidate non del territorio, malgrado gli appelli a votare quelli locali nel quale si sono spesi come un mantra i candidati del centrosinistra, che non hanno convinto nessuno, ha un significato di bocciatura piena dello scempio fatto a destra, come a sinistra, delle aspettative dei cittadini disillusi dalla politica e dai suoi intrecci disgustosi e indigesti che hanno prodotto il “ciambotto” dell’amministrazione Minervini.

Tra le domande che “Quindici” ha posto ai candidati sconfitti, c’è anche quello del futuro dell’attuale maggioranza ciambottista, di quell’armata brancaleone che si regge solo sulle nomine e sulla spartizione delle poltrone e col mantenimento di promesse elettorali che hanno pagato solo a livello amministrativo, mentre a livello politico è venuta fuori la vera opinione che la gente ha dei nostri governanti.

A destra lo sfracello è maggiore, non foss’altro che ha visto cadere la testa di un senatore Antonio Azzollini che ormai non conta più di 300-400 voti, come ha dimostrato il suo tentativo di far votare Forza Italia alla Camera e M5S al Senato per vedere la differenza. Ebbene quella che doveva rivelare una differenza notevole, attestante la sua forza elettorale, si è rivelata un clamoroso flop, considerato che alla Camera i votanti sono maggiori di oltre 2.500 unità per la presenza di elettori minori di 25 anni. In pratica, la forza elettorale di Azzollini era data dai suoi alleati, passati ora, armi, bagagli e presunta fede politica nell’armata brancaleone di Minervini, di ispirazione emilianea. Dopo questo ulteriore schiaffo elettorale, l’ex senatore Azzollini continua a rilasciare patetiche dichiarazioni di essere fedele a Forza Italia (per evitare una possibile espulsione dal partito, ndr) quando sanno tutti, e lo ha detto anche lui, che non ha appoggiato la candidata ufficiale del partito Carmela Minuto. Forse farebbe bene a prendere atto, come ha fatto saggiamente D’Alema, che la sua stagione politica si è conclusa e dedicarsi a… opere di bene. Azzollini ripete sempre che la politica per lui è come una droga, ma occorre saper uscire di scena al momento opportuno, capendo che l’aria è cambiata e gli elettori vanno da un’altra parte. Altrimenti nella sua caduta rischia di trascinare con sé anche Forza Italia.

Il vero sconfitto delle elezioni politiche è il Partito Democratico, in Italia e a Molfetta. E’ inutile continuare con le inutili giustificazioni sulla percentuale in più sulla Puglia. I Dem non hanno capito che le liti interne, le scissioni e l’agguato teso alla propria amministrazione di centrosinistra e al sindaco Natalicchio, soprattutto della sciagurata stagione del segretario Piero de Nicolo, premiato da Emiliano, con qualche incarico, non pagano, anche se a lui del Pd interessa poco, per lui uno vale l’altro, come insegna la sua travagliata storia politica. La giovane segretaria Erika Cormio si ritrova sulle spalle un pesante fardello, quello di ricostruire un Pd lacerato e soprattutto demotivato, mentre sarebbe necessario anche recuperare spazio a sinistra e non a destra, come ha fatto con l’amministrazione di Tommaso Minervini.

I Dem non hanno capito che la vittoria dei 5 Stelle è stata determinata anche da tanti ex elettori del Pd. L’Italia divisa tra i 5 Stelle e la Lega fascista e xenofoba, che ha preso voti anche a Molfetta, non è una bella prospettiva. Dalla loro eventuale alleanza non può nascere nulla di buono, almeno se dovessero attenersi alle promesse fatte in campagna elettorale. Basta capire poche nozioni di base dell’economia per comprendere come i loro programmi siano irrealizzabili, se non a rischio dell’aumento del debito pubblico e del tracollo del sistema economico. Troppe le illusioni che sono state create, oggi dare seguito a quelle aspettative, fa venire i brividi: un reddito di cittadinanza impossibile senza risorse, rischia di attingere al welfare; cancellare la pur odiosa legge Fornero, comporterebbe il rischio di non poter pagare più le pensioni in atto.

I peggiori illusi sono quelli che hanno votato la Lega portando inconsapevolmente acqua al mulino nordista (non è un caso che l’Italia si è ancora più divisa in due: Lega al Nord, M5S al Sud) dai bugiardi furbi alla Salvini che ha finto di accantonare la secessione, mentre il suo presidente della Lombardia, Attilio Fontana, tra le prime cose che ha annunciato nel suo programma si ritrova proprio quello del referendum per l’autonomia della sua regione.

E così i lanzichenecchi del Nord, dopo aver depredato il Mezzogiorno per secoli, oggi lo abbandonerebbero al suo destino, tagliando per sempre una fastidiosa palla al piede, con i suoi problemi di disoccupazione, di sanità, di trasporti e infrastrutture insufficienti.

Val la pena ricordare con il collega Pino Aprile che in 10 anni, solo sulla spesa ordinaria, lo Stato italiano ha sottratto al Meridione 850 miliardi di euro. Sono circa 130-140 ponti sullo Stretto. Ogni anno i governi centrali assegnano al Sud , rispetto al Nord, 6 miliardi e mezzo in meno per gli investimenti. È in corso un saccheggio epocale, anche di risorse umane. Ogni anno vanno via almeno 50mila giovani meridionali che qui sono nati, cresciuti, hanno studiato e si sono formati: un impoverimento di uomini e valori.

Il populismo che avanza, crea l’illusione che sia il popolo a decidere, quando in realtà decidono in pochi e non funziona più il sistema dell’assistenzialismo per tacitare i ribelli, perché così come si è arrivati alla vittoria travolgente, si può cadere nella sconfitta più cocente da parte di quello stesso popolo che rimasto deluso, si rivolta in modo anche feroce contro chi ha fabbricato illusioni. Ecco perché il Pd ha scelto di stare all’opposizione, convinto che l’impossibilità di realizzare quanto promesso in campagna elettorale si ritorcerà contro gli stessi proponenti, con l’effetto boomerang. Così il Pd spera di recuperare consensi non tanto per una propria capacità di governare (che non ha) il sistema e redistribuire il reddito, ma sugli errori e sul possibile tracollo degli avversari.

Non basta più ascoltare i bisogni, un compito che la sinistra ha delegato ad altri, occorre affrontare le soluzioni dalla parte della gente che, questa volta, dopo anni di sopportazioni, ha deciso di ribellarsi, oggi con la matita, domani chissà! La rivoluzione possibile in un mondo globalizzato, dove si comincia a parlare di «economia circolare», non c’è spazio per l’improvvisazione. Ne ci si può limitare a dire: «proviamo la novità in politica». A demolire è facile, molto più difficile, complesso e soprattutto lungo e oneroso, è ricostruire. Ci pensino bene coloro che parlano di Terza Repubblica con molta superficialità: la realtà, in particolare quella economica, è molto più difficile dei sogni.

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Felice de Sanctis
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