Mentre la sinistra discute la destra espugna Molfetta
15/04/2017
FELICE DE SANCTIS - Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur, mentre Roma discute, Sagunto è espugnata. Ci è venuta in mente la frase di Tito Livio, che può essere adattata benissimo alla situazione della sinistra a Molfetta: mentre la sinistra discute, la destra espugna Molfetta. Dopo vari tavoli, non si è riusciti a fare sintesi, soprattutto di fronte all’ostinazione di Rifondazione comunista, che prima ancora di affrontare il programma, aveva preteso di imporre il proprio candidato sindaco Gianni Porta alla possibile coalizione, che è partita col piede sbagliato. Così il partito ha deciso di andare da solo, provocando una prima frattura e puntando alla strategia di raccogliere poi le truppe disperse del centrosinistra che, non volendo votare le altre due coalizioni di destracentro, l’ormai famoso ciambotto di Tommaso Minervini e Saverio Tammacco e quella di destra-destra di Antonio Azzollini che ha inglobato anche la destra ex An Fratelli d’Italia della Meloni e la destra xenofoba di Salvini, oltre all’Udc di Pino Amato, anche lui schierato a destra, dovranno giocoforza votare Rc. Insomma, una mezza furbata. A dare manforte alla disgregazione del centrosinistra si è messa la parte di destra del Pd, capeggiata dall’ex segretario Piero de Nicolo che dopo aver contribuito a far cadere la propria amministrazione di centrosinistra, per vendicare lo sgarbo ricevuto con le dimissioni dalla Multiservizi, a far fuggire alcuni dirigenti e a spaccare il partito, ha perfezionato l’operazione con “tessere fantasma”, poi regolarizzate e con un congresso farsa pro Emiliano, che ha votato, assente l’altra metà del partito, l’abbraccio con le liste civiche di destracentro. Ma non era lo stesso Emiliano che aveva dichiarato: mai con le destre? Molfetta, evidentemente, per lui rappresenta l’eccezione che conferma la regola. Certo per alcuni personaggi di questo residuo di Partito Democratico sarà imbarazzante spiegare alla città il passaggio da sinistra, con una lunga militanza e tradizione anche familiare, a destra, anzi la peggiore destra trasformista solo per motivi di potere, come hanno detto altri esponenti dello stesso Pd. Che dire poi del gruppo dimezzato dei Giovani Democratici, che ha votato all’unanimità il documento finale pro ciambotto? La coerenza paga in politica? Lo vedremo alle elezioni. Importante è oggi per il Pd e questi personaggi saltare sul carro del probabile vincitore, almeno a giudicare dal numero delle liste. E a nulla serve la pietosa maschera del Pd di invitare anche alcune forze dell’ex coalizione di centrosinistra, come Bepi Maralfa di Linea Diritta e Leonardo Siragusa del Centro Democratico ad entrare nel ciambotto, considerata dallo stesso Saverio Tammacco una salvifica barca simile alla biblica arca di Noè. Nel frattempo l’armata brancaleone di Tommaso va avanti e raccoglie pezzi dell’ex centrodestra che hanno “tradito” opportunisticamente il sen. Azzollini, mentre il centrosinistra con un disperato tentativo di assemblea autoconvocata, lancia l’ipotesi delle primarie per individuare un candidato sindaco, che non si riesce a trovare. Ma la proposta frana già il giorno dopo, se non la sera stessa. Bepi Maralfa e Linea Diritta sono scettici e il loro silenzio all’assemblea la dice lunga sulle sue intenzioni. Dopo la caduta dell’amministrazione di Paola Natalicchio a causa dei franchi tiratori interni, c’è diffidenza verso gli stessi alleati e tutti si guardano le spalle e soprattutto non vogliono ripetere l’errore di inglobare futuri possibili killer. Meglio cadere in piedi che per mano di un “terrorista” politico infiltrato. Siamo a questo punto! A cosa si è ridotta la politica a Molfetta! Intanto la base è arrabbiata e chiede un’impossibile unità, per non regalare la città alle destre. «Chi si riconosce nell’area di sinistra, dopo la cocente delusione di un percorso spezzato, sta vivendo amaramente la stagione del “continuiamo così… facciamoci del male” – scrivono alcuni cittadini in un documento -. Non è pensabile assistere impotenti ancora oggi, ormai ad aprile, a veti incrociati, pretese di primogenitura, dichiarazioni di evidenti distanze, moltiplicazione di soggetti politici figli di spaccature incomprensibili, apparizione e scomparsa di ipotetici candidati. Risulta veramente tutto anacronistico rispetto ad una realtà che evidentemente dimostra come così non si vada da nessuna parte. Sale lo sconforto di elettori che assistono basiti alle infinite puntate di questa “Cronaca di una morte annunciata”, sottotitolata Nati per perdere. Registriamo sempre più increduli la indisponibilità a presentarsi alle amministrative con un candidato unico. Dinanzi a questo sconcertante scenario due sono gli scenari che indichiamo convintamente e che chiediamo vengano seriamente presi in considerazione. Da un lato il ricorso ad un soggetto “terzo” non di diretta espressione dei partiti. Ancora una volta sembra necessario uscire fuori dal recinto in cui sembra essersi rinchiusa una parte dell'esperienza amministrativa del centrosinistra molfettese in questi anni. Nel recinto ci sono tante intelligenze, brave persone, competenze ed energie, ma manca la visione di un progetto. Ci sembra che Molfetta non meriti questo, e che meriti invece una visione di futuro che solo chi è fuori dal recinto può interpretare e guidare. A volte l'abbiamo chiamata società civile non per contrapporla ai partiti tradizionali ma per offrire alla città una possibilità di ripensarsi a partire dai bisogni dei cittadini e non dalle alchimie fatte spesso di interessi personali e di partito». «E’ necessario avere bene in testa che per guidare questa città servono chiare garanzie: la possibilità di lasciar governare una squadra, quella del sindaco, liberamente per cinque anni, senza ricatti, dimissioni, passaggi ad altri gruppi, pretese di poltrone, assessorati e municipalizzate, con un sostegno pieno e incondizionato della maggioranza. La possibilità di provare a fare qualcosa di buono, pulito, a servizio di questa martoriata città, senza tornaconti personali, senza fare dell’esperienza amministrativa un trampolino di lancio o un punto a favore nel futuro curriculum di chi vuole andare ad ingrossare la schiera dei professionisti della politica. Insomma un patto, chiaro e dichiarato, un accordo plateale preso alla luce del sole, davanti ai cittadini, impegnandosi a non retrocedere o cambiare direzione. Che si vinca o si perda è necessario dare una immagine di un progetto politico ed amministrativo unico ed unitario; solo così tutte le forze della sinistra cittadina avranno la possibilità di rifarsi una credibilità, lavorando nei prossimi cinque anni in maniera seria e costruttiva al governo della città o all’opposizione. Recuperando intanto sul terreno della politica, quella seria, provando in questi tempo a ricostruirsi e a ritrovare non solo parole, ma un’identità. Di sinistra». La rissosa sinistra, con tendenze suicide, ascolterà la base o continuerà a discutere, mentre la città viene espugnata? Oggi non c’è partita: se la giocheranno a destra Tommaso Minervini e Isabella de Bari del cerchio magico della Nutella di Azzollini, tutti ex di sinistra o presunti tali, mentre Rifondazione sarò felice di raddoppiare consensi e seggi e fare opposizione. Sanguinano ancora le ferite della caduta della Natalicchio, troppi rancori resistono e, in questa fase, si avverte l’assenza di una figura carismatica come Guglielmo Minervini capace di mediare e soprattutto di offrire una comune visione di futuro, quella politica generativa che ha lasciato in eredità alla sua città, ma che nessuno finora è stato in grado di raccogliere. QUINDICI – 15.4.2017 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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