Centrosinistra prove di ritorno al futuro
15/01/2017
FELICE DE SANCTIS - Ritorno al futuro del 2013? Un percorso possibile, ma difficile. A sorpresa il centrosinistra, ancora traumatizzato per la fine anticipata della vicenda amministrativa conclusasi con lo choc delle dimissioni del sindaco Paola Natalicchio, ha deciso di prendere l’iniziativa di convocare tutte le forze politiche che hanno portato alla vittoria nelle elezioni comunali del 2013 e provare a metterle attorno ad un tavolo. Il tavolo, come si dice oggi in politica, è nato, ma non tutti i partecipanti sono ancora in sintonia con gli altri. In pratica il tentativo di riproporre la soluzione vincente del 2013, si scontra con i maldipancia del Pd provocati, oltre che dalle sue schegge impazzite (leggi Annalisa Altomare e Roberto La Grasta), anche dal presidente della Regione Michele Emiliano che vorrebbe mutuare la sua arca di Noè in tutti i Comuni. E così, come lui imbarca tutti, perfino i suoi avversari del fronte opposto come Francesco Schittulli, candidato del centrodestra alle regionali, anche a Molfetta si vorrebbero imbarcare gli ex colonnelli (si fa per dire, in realtà erano modesti caporali a gettone) del sen. Antonio Azzollini, i vari Tammacco, Caputo e qualche giovane di belle speranze, ma di idee ancora un po’ confuse. A questa soluzione spuria, che “Quindici” ha battezzato come “il ciambotto”, si oppone tutto il restante fronte del centrosinistra. Insomma, sia Dep, Democrazia è partecipazione (ex Guglielmo Minervini), sia Sinistra italiana (Paola Natalicchio e amici), sia Rifondazione comunista che Linea Diritta (Bepi Maralfa) con l’aggiunta di Leonardo Siragusa sono per un accordo col Pd senza “inquinamenti”. Nicola Piergiovanni divenuto organico al Pd, dovrà seguire quello che il suo partito deciderà e quindi non ha più voce autonoma in capitolo. Poi in Sinistra italiana ci sono gli irriducibili, quelli che “mai più col Pd”, e la situazione si complica. Stesso discorso per Tommaso Minervini che già in passato aveva praticato la politica dell’arca di Noè che gli aveva permesso di diventare sindaco di centrodestra con Azzollini e oggi cerca alleati sempre in quell’area. Potrebbe essere il candidato sindaco delle liste civiche tammacchiane, staccandosi dal tavolo del centrosinistra (il Pd non lo vuole anche perché diventerebbe l’avversario della sua candidata sindaca Annalisa Altomare che sta già scalpitando dietro le quinte e poi sarebbe “il vecchio”, mentre Annalisa sta facendo una cura ringiovanente?). Insomma, se il Pd non si prende gli scarti del centrodestra, i “traditori” di un Azzollini in disgrazia, potrebbero fare gruppo con Tommaso che si presenterebbe con la lista “La Puglia in più” (ex vendoliani che fanno capo a Dario Stefàno). In questo caso l’incontro con il gruppo del centrosinistra sarebbe più facile per il Pd, ma dovrebbe rinunciare ad Annalisa, madre putativa politica del neo segretario Antonio Di Gioia, figlio di Lillino, sposo politico da sempre dell’Altomare. Di Gioia vuole dimostrare di essere autonomo da questi condizionamenti, ma riuscirà anche a fare i conti con l’ex segretario Piero de Nicolo che, uscito di scena dopo aver distrutto il partito e l’amministrazione Natalicchio, non vuole certo restare alla finestra. C’è chi dice che il patto per l’elezione unitaria di Di Gioia alla segreteria del Pd comprendesse la rinuncia di Annalisa alla candidatura, avendo ottenuto la segreteria, per fare posto alla candidatura a sindaco dello stesso De Nicolo. Alchimie politiche a parte, dopo gli incontri ospitati nella sede del Pd, tornata funzionante, dopo la chiusura e le morosità degli ultimi mesi, il “gruppo proponente” chiamiamolo così, vorrebbe arrivare entro metà mese a lanciare una proposta al Pd, con un documento politico, dal tono “o dentro o fuori” se sceglie alleanze spurie con gli ex avversari politici di sempre, per giunta politicamente compromessi, poco credibili e impresentabili all’elettorato di centrosinistra. Non si può svendere un patrimonio di idee e valori con soggetti improponibili. Gli Amato, Pino e il figlio Robert, manco a parlarne: non li vuole nessuno e stanno scodinzolando dal senatore (come ha ben raffigurato nella vignetta di questo mese il nostro Michelangelo Manente), anch’egli non entusiasta dei due, ma obbligato a riprenderli per ricostruire un’alleanza che sulla carta non c’è. Oggi, oggettivamente, la leadership è contendibile e quindi non essendoci un nome che possa essere accettato da tutti, come lo fu con Paola Natalicchio, la strada obbligata diventa quella delle primarie, proprio perché i candidati sarebbero tanti: Annalisa Altomare, Bepi Maralfa, Antonello Zaza di Rifondazione, Piero De Nicolo e forse lo stesso Tommaso Minervini. Certo le primarie non sono la soluzione migliore, anzi forse la peggiore, ma nella situazione attuale non ci sarebbero alternative: l’interruzione traumatica della consigliatura non ha permesso di costruire una nuova leadership e nemmeno nuove regole per le primarie con un codice etico, che evitasse brutte sorprese come in passato. Ma anche fra i promotori del “tavolo” ci sono dei distinguo: Rifondazione non vuole candidati della società civile, ma solo di provenienza partitica e quindi anche lo stesso Maralfa non ci sarebbe dentro e sarebbe perplesso perfino su un candidato di Rifondazione. Il sistema dei veti incrociati paralizzerebbe tutti, ammenocchè non saltasse fuori un outsider come fu Paola Natalicchio, ma che al momento non appare all’orizzonte. Sempre nella coalizione esistono posizioni diverse sull’urbanistica, vero nodo delle prossime amministrative: Sinistra italiana contro Dep e Rifondazione contro Maralfa sulla questione del Pug, il nuovo piano urbanistico generale. A sconvolgere tutti i progetti in campo potrebbe essere il cosiddetto “election day”, cioè la decisione del governo di far svolgere contemporaneamente le elezioni politiche e quelle amministrative: una eventualità, che appare certa per giugno, e non fa dormire Di Gioia il quale teme una campagna acquisti o riacquisti del senatore Azzollini, che, anche per motivi processuali (è coinvolto sia nel processo del porto, che in quello della Divina provvidenza di Bisceglie) ha bisogno di farsi rieleggere per mantenere l’immunità ed evitare l’arresto già chiesto in passato dalla Procura di Trani. Azzollini non esiterebbe ad offrire anche la luna ai suoi ex, pur di ritornare a Palazzo Madama, ora che è scongiurato il rischio della riforma elettorale che lo avrebbe lasciato fuori del Parlamento. Il Movimento 5 Stelle a Molfetta è ancora debole e diviso senza una persona rappresentativa da proporre. Poi sconta il fallimento dell’amministrazione capitolina, dove la Raggi sta facendo perdere colpi e credibilità ai grillini, mentre lo stesso fondatore con le sue estemporanee da palcoscenico (ultima quella del tribunale sui giornalisti) rischia di far sgonfiare quello che si è rivelato un pallone aerostatico della politica, come lo fu il Movimento dell’Uomo qualunque di Giannini, nato nel 1946 e dissoltosi tre anni dopo. Situazione complessa, dunque. Ma non bisogna dimenticare che i giochi a tavolino sulla testa degli elettori non si possono fare più, si potranno al massimo comprare dei voti di scambio, come è tristemente avvenuto in passato nel centrodestra. Ma il risultato del referendum costituzionale con il massiccio NO suona come un segnale di allarme soprattutto col Pd e con la sua mentalità ormai vecchia e superata. Un ritorno al futuro difficile con chi vuole un ritorno al passato. Peggiore. QUINDICI – 15.1.2017 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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