Il profeta disarmato e l’orologio della storia
15/09/2016
FELICE DE SANCTIS - Ogni volta che muore un uomo, è un universo intero ad andare distrutto, diceva Karl Popper. Elabori sempre dopo il senso di una mancanza, quando provi a ragionare e il tuo pensiero si ferma, senti la necessità di un confronto, di una verifica, di un’idea che possa completarlo. Così, per non dimenticarlo, fai un nodo al fazzoletto, come ci insegnavano le nostre nonne, come ci ha consigliato Guglielmo Minervini che di quel fazzoletto ha fatto un simbolo del suo esordio in politica, un’avventura che abbiamo condiviso con la grande voglia di cambiamento solo al servizio disinteressato della città, quella rivoluzione gentile sempre ostacolata e ancora incompiuta. E il significato di un incontro sta tutto lì in quel dialogo fra uomini capaci e disponibili ad ascoltarsi a vicenda, scambiando idee, opinioni, progetti, con un unico obiettivo: il bene comune. È cominciata così anche la rivoluzione di “Quindici”, il modo di fare un’«informazione diversa», come ci suggeriva don Tonino: le parole, i silenzi. Lunghi. Come quelli con Guglielmo, per riflettere sui pensieri scambiati poco prima e trasformarli in progetti. Un’idea che diventa seme in un terreno incolto e lo fa diventare giardino di speranza. Molfetta e la Puglia hanno perduto un altro protagonista della vita civile e politica, un combattente mite, profeta disarmato, come è stato definito. Una persona perbene: Guglielmo Minervini, già sindaco di Molfetta e assessore regionale, ma soprattutto uomo di pace e amico dei giovani, per i quali ha «inventato il futuro», ha ridato la speranza con i progetti di “Bollenti spiriti” e “Principi attivi”, aprendo loro una strada nel mondo dell’imprenditoria: vera innovazione sociale e politica senza precedenti, attuata dai governi di Nichi Vendola. Il nostro mondo interiore è ricco di immagini, come un album dei sentimenti: i ricordi restano vivi nei nostri occhi e li vediamo ogni volta che vogliamo, come fotogrammi del cuore. Guglielmo l’ho incontrato quando era ancora un ragazzo, un lupetto, come si dice nel gergo scout, quando sono stato il suo capo branco nel ruolo di educatore che il movimento assegna ai giovani che vogliono vivere questa fantastica avventura del volontariato. L’ho poi ritrovato adolescente con altri giovani scout impegnati in quel «servizio» che sarebbe diventato il leitmotiv della sua vita e del suo impegno civile e politico. Ora Guglielmo non c’è più, ma continua sul solco già tracciato, quell’idea di politica che prende la rabbia delle persone e le fa fiorire, come raccontava entusiasticamente una ragazza che ha partecipato a “Principi attivi”. Nacque così anche “Quindici”, con un gruppo di persone dai “bollenti spiriti” dando voce a chi non l’aveva, smuovendo l’aria con un vecchio ventilatore, facendo un’informazione diversa come ci aveva suggerito don Tonino Bello. L’obiettivo era quello di sostenere la buona politica, restituendole umanità, portando avanti le battaglie giuste, lontane dalle lobby e dai centri di interessi speculativi per dare voce agli ultimi, alle minoranze che possono trasformarsi in maggioranze e rivoluzionare il modo di gestire la cosa pubblica. Qualcuno ha ricordato che tutti quelli che ruotavano attorno al Movimento del “Percorso” erano considerati “un incidente della storia”, che pochi avrebbero scommesso su quella società civile che da minoranza diventa maggioranza e vince. E lui fu il leader di quel percorso, sempre sorridente, con grande semplicità esteriore, ma con grande forza interiore, riuscì a dare fiducia a chi disperava di poter cambiare il mondo. Un visionario, questo è stato Guglielmo Minervini: ha cambiato Molfetta e ha cambiato la Puglia come protagonista anche della “primavendola” come “Quindici” titolò nell’aprile del 2010 la sua copertina dopo la vittoria nelle elezioni regionali. Tanti i suoi detrattori, che gli hanno messo i bastoni fra le ruote e che hanno finto di compiangerlo nella loro consueta ipocrisia, come fecero alla morte di don Tonino. Quegli stessi farisei che hanno impedito il compimento di una rivoluzione in Puglia e a Molfetta, riuscendo perfino a troncare la ripresa di quella primavera con la giunta di centrosinistra di Paola Natalicchio, anche questa ispirata da lui, dopo il nero inverno del centrodestra di Antonio Azzollini. Costruttore di pace fino ad essere temerario per portare avanti una sua idea, Guglielmo Minervini mancherà a tanti di noi, mancherà ai giovani che hanno creduto in lui. Ma la sua semina porterà i frutti del cambiamento e soprattutto del riscatto per una generazione che appare perduta, per colpa di una cattiva politica incapace di visioni e coraggio. Guglielmo è stato un esempio di coraggio nella vita e nella malattia. Fino all’ultimo. E parlando di giovani non possiamo non fare riferimento al ritrovato orgoglio e autonomia dei giovani del Pd, che hanno accusato il segretario del partito Piero de Nicolo di averlo distrutto col suo attaccamento alla poltrona e con la sua politica ambigua tesa a riportare indietro l’orologio della storia. Questo sta avvenendo nella politica locale, che vede ancora una volta protagonista in negativo il Pd con un segretario che annuncia sempre le dimissioni, ma resta saldo al suo posto, rinviando il congresso e puntando più a dividere che ad unire. Sorprendente il suo suo carnet di bugie per giustificare il suo comportamento politico, soprattutto nella sua battaglia personale contro l’ex sindaco Paola Natalicchio, avvalendosi anche dei suoi lacchè dell’informazione ai quali passa comode veline. Un segretario del Partito Democratico, così poco democratico non si era mai visto. Ma la cosa non sorprende per chi conosce la storia politica del personaggio che ha attraversato più partiti da destra a sinistra. Che credibilità politica può pretendere oggi? Il centrosinistra in questa situazione avrà grosse difficoltà a ricompattarsi, soprattutto perché a Molfetta non si fanno battaglie politiche, ma personali, al punto che lo stesso De Nicolo appare in ostaggio di Annalisa Altomare, che a sua volta controlla politicamente gli ex consiglieri comunali Roberto La Grasta, Sergio De Pinto e Lia De Ceglia. L’Altomare è politicamente il braccio politico armato di Lillino Di Gioia, noto per la sua pluriennale ostilità a Guglielmo Minervini e ai suoi “eredi politici”. L’ex assessore regionale dall’esterno, in attesa di iscrizione al Pd, ha manovrato la situazione, con l’obiettivo di provocare la crisi e far arrivare il commissario, lasciando la città ingovernata politicamente per oltre un anno, tempo necessario a comporre la nuova maggioranza di centro-sinistra-destra, quel pasticcio politico che somiglia al Partito della Nazione sognato da Matteo Renzi, un’armata Brancaleone in piena regola. O, come si dice a Molfetta, un “ciambotto”. E tutto questo nel silenzio più assoluto e nella connivenza del segretario Provinciale Ubaldo Pagano, altro artefice della distruzione dell’amministrazione di centrosinistra di Paola Natalicchio nella quale il Pd costituiva la maggioranza. Silenzio anche da parte del segretario regionale Marco Lacarra, uomo di Michele Emiliano. Anche quest’ultimo ha lasciato che il partito finisse in pezzi e cadesse un’amministrazione a maggioranza Pd, senza muovere un dito, anzi forse contribuendo alla sua caduta. Del resto il Pd è noto per mettere in crisi le proprie amministrazioni: non dimentichiamo quanto è avvenuto a Barletta dove più volte il sindaco Pasquale Cascella è stato sul punto essere sfiduciato per la seconda volta. Mentre a sinistra, malgrado la confusione, ci sono già coloro che scaldano i muscoli per correre come candidati sindaci, l’ex presidente del consiglio Nicola Piergiovanni e l’ex vice sindaco Bepi Maralfa, a destra è tutto ancora più buio. Dopo l’isolamento dell’ex sindaco sen. Antonio Azzollini, da parte di suoi vecchi compagni di strada pronti a saltare nell’arca di San Michele, il centrodestra è in cerca di candidati, ma anche di consensi ormai molto esigui. Anche qui la lotta politica viene personalizzata, al punto di non far intravedere alcuna ipotesi di alleanze. Il tempo è ancora lungo, ma le prospettive non sembrano rosee. Con la deriva del Pd, mancano idee, proposte, progetti e soprattutto una classe dirigente adeguata. Non basta più il populismo e la demagogia per ottenere il consenso. I cittadini ne hanno viste tante e sarà difficile riportare indietro l’orologio della storia. QUINDICI – 15.9.2016 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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