FELICE DE SANCTIS - Quello che è accaduto nell’ultimo consiglio comunale dove si discuteva del piano di riordino (sarebbe meglio definirlo «disordino») ospedaliero, ha dell’incredibile e conferma come ci sia grande mediocrità e ignoranza politica, soprattutto da parte di personaggi che hanno scoperto la politica come tornaconto personale.
Come si fa, infatti, a dividersi sulla sanità, sulla salute dei cittadini? Come si fa ad essere così cinici fino al punto da speculare sulla pelle della gente? Chi scrive, in 50 anni di mestiere non ha mai visto nulla di simile. Una volta, quando la classe politica e dirigente era di qualità e non scadente come quella attuale, su problemi della salute e dell’ospedale, non si esitava ad approvare un ordine del giorno unitario e a combattere insieme la stessa battaglia. Abbiamo avuto la fortuna di assistere a centinaia di consigli comunali dove personaggi come De Cosmo, Finocchiaro, Fiore, De Gennaro mettevano da parte le proprie posizioni politiche ed ideologiche (e sì, perché all’epoca c’erano anche le ideologie) per fare fronte comune sul tema della salute. Poi ricominciavano a litigare sulle altre questioni. Nessuno ha eredito quella statura istituzionale, anche chi oggi finge di ricordare con nostalgia quei tempi, ma, in realtà, si comporta peggio dell’ultimo sprovveduto, novellino consigliere comunale. Non se ne può più di assistere a giochi da prima repubblica, senza dignità politica , né personale. Prevale la rivalsa, quando non si tratta di vendetta personale, covata nel tempo, alla faccia di chi si proclama anche cristiano e appare incapace di perdonare, anche se poi, magari, è in prima fila alla messa della domenica. Che squallida ipocrisia! La fede si vive, non si mostra, come ci ha insegnato il nostro indimenticabile don Tonino: «Signore salvami dalla presunzione di sapere tutto. Dall'arroganza di chi non ammette dubbi. Dalla durezza di chi non tollera ritardi. Dal rigore di chi non perdona debolezze. Dall'ipocrisia di chi salva i princìpi e uccide le persone».
La pretesa di avere l’ultima parola, ha avuto il sopravvento: invece di sottoscrivere un ordine del giorno comune, ne sono stati proposti tre: uno dell’area di centrodestra che fa ancora riferimento ad Azzollini (sono rimasti solo in due) e che si rassegna alla chiusura dell’ospedale per puntare a un nuovo nosocomio di 1° livello tra Molfetta e Bisceglie, tutto da progettare e da costruire; l’altro del Pd che difende i tagli del governatore (qui il termine ci sta tutto) e, con molto servilismo, evita di prendere posizione, proponendo di rivedere il piano dove possibile. Allora perché il Pd non ha accettato la mediazione del sindaco Paola Natalicchio per un documento unitario che contenesse anche il terzo, quello dell’amministrazione? No, si doveva fare la prova di forza e soprattutto col centrodestra immaginare una nuova maggioranza nello stile di Renzi, a Roma con Verdini e compagni nel Partito della Nazione e qui a Molfetta con Tammacco e compagni, con la benedizione di Emiliano. E per questo sono prevalsi gli interessi di bottega politica, anche di chi, ha incassato tutti gli assessorati e i posti di sottogoverno possibili e ora prova a prendersi anche l’intera amministrazione. Un Pd, peggio di quello renziano, che anche a Molfetta non ha più nulla di sinistra, ma è fatto dai peones con la voglia di assurgere a protagonisti, anche a prezzo di indebolire la sanità pubblica, col rischio di favorire quella privata, a beneficio solo dei ricchi.
Nell’editoriale del mese scorso parlavamo del ritorno dei miserabili e, questo mese, avremmo voluto evitare di tornare sull’argomento. Avevamo già scritto il nostro editoriale, con alcune riflessioni politiche che si concludevano con l’invito a fare fronte comune per rilanciare questa città, abbandonata in passato dall’incuria e divisa dall’odio, ma abbiamo dovuto riscrivere tutto all’ultim’ora, prima di andare in stampa, di fronte al vergognoso spettacolo del consiglio comunale.
Per ragioni di tempo, abbiamo ritardato l’uscita della rivista mensile di qualche giorno, non riusciamo a scrivere la cronaca del consiglio comunale sull’ospedale e proviamo a riassumerla qui, per aggiornare i lettori ad horas, com’è nello stile di “Quindici”.
La votazione su tre ordini del giorno ha spaccato consiglio e maggioranza. Il Pd si astiene sul documento proposto da Pappagallo per conto dell’amministrazione comunale, e sul proprio ordine del giorno prende 10 voti favorevoli e 4 contrari, mentre incassa i voti di Tammacco, Pisani, Caputo e Spadavecchia. Il verdinismo de’ noantri.
Respinto l'ordine del giorno a firma di Roselli-Minuto. La votazione è stata preceduta da un dibattito in cui i consiglieri comunali hanno messo in scena una avvilente discussione non di campanile sulla città ma di appartenenza politica su un tema che invece avrebbe dovuto vedere tutti, da destra a sinistra, sulla stessa frontiera di difesa della salute dei cittadini molfettesi. Tutto per un regolamento di conti con il Sindaco prima che con le altre forze di maggioranza.
Da parte del Partito democratico c'è stata una difesa d'ufficio del Piano Emiliano, «i tagli alla spesa pubblica appaiono dolorosi quanto obbligati... e il riordino prende vita in un quadro generale dove l'eliminazione degli sprechi e l'efficientamento dei servizi devono trovare il loro giusto equilibrio» e un attacco alla giunta Vendola per la gestione degli ultimi anni.
Una presa di posizione curiosa se si considera che le battaglie in difesa dell'ospedale che un tempo venivano sostenute unilateralmente dall'allora direttrice sanitaria dell'ospedale di Molfetta Annalisa Altomare, oggi passata alla sanità privata, e dallo stesso Guglielmo Minervini, allora assessore regionale. E sorprende anche la posizione dello stesso Partito democratico contro il Governo Vendola che ha visto alternarsi tre assessori alla sanità dello stesso partito: Tedesco, Gentile, Pentasuglia. Richiesta finale salviamo urologia, laboratorio di analisi e inseriamo la pediatria nei servizi territoriali.
In discussione si registra l'intervento di Annalisa Altomare, ieri direttrice sanitaria dell'ospedale di Molfetta e oggi passata alla direzione delle cliniche private Cbh, una voce certo qualificata che forse, visto il doppio ruolo di direttrice-consigliera comunale, quindi portatrice indirettamente di interessi in questa discussione avrebbe potuto cedere il microfono. Ma così non è stato.
Nell'ordine del giorno dell'opposizione si legge invece un attacco all'inerzia del sindaco che in questi anni non ha dato seguito alla delibera approvata nel 2012 di costruzione del nuovo grande ospedale, come se potesse Paola Natalicchio potesse approvare un progetto che la regione ha derubricato, che attualmente è privo di progettazione e finanziamento.
Una scelta irresponsabile quella del Partito democratico che mette volutamente in crisi la maggioranza. Una giornata politica che ancora volta distanzia alcune forze politiche e un certo modo di fare politica dai reali bisogni e domande dei cittadini, anche su un diritto fondamentale come quello alla salute, per mero tornaconto elettoralistico. Quello che è andato in scena è forse l'unico caso nei Comuni penalizzati dal Piano di rientro che indebolisce la posizione della città al tavolo con la Regione. E a perderci sono tutti. E quello ci dispiace che alcuni consiglieri di maggioranza come di opposizione, sono anche medici.
E, ancora una volta, alla vigilia della Pasqua, ci sono tornate in mente alcune riflessioni di don Tonino: «Chi state servendo: il bene comune o la carriera personale? il popolo o lo stemma? il municipio o la sezione? il tricolore o la bandiera del partito... Quali patteggiamenti a scredito della giustizia; quali violenze a scapito della libertà; quali subdole perfidie contro gli indifesi; quali accordi disonesti sotto traccia, a vilipendio dell’onestà, ci vedono protagonisti?».
Parole, come sempre, profetiche!
QUINDICI – 15.3.2016
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Felice de Sanctis