FELICE DE SANCTIS - Zavorra è la definizione più indicata per il nuovo porto commerciale di Molfetta. E’ una zavorra lasciata in eredità ai nuovi amministratori. E’ una zavorra per il futuro dei nostri figli, tirati in ballo e ingannati dalla propaganda per soddisfare l’egolatria dell’ex sindaco sen. Antonio Azzollini. E’ una zavorra lasciata nelle tasche dei contribuenti che rischiano di pagarne il peso per anni. E’ una zavorra che impedisce e impedirà lo sviluppo dell’economia cittadina. E potremmo continuare ancora…
Liberarsi di questa zavorra non sarà facile, né si può semplificare come qualche ingenuo frequentatore di social network, Facebook per tutti, pensa di fare sollecitato dai ascari azzolliniani, dicendo semplicemente “io lo voglio”. La situazione va analizzata ed esaminata con attenzione, per evitare altri costosi errori ed orrori (basta guardare la vicenda giudiziaria). Un amministratore attento ed oculato non può disporre dei soldi dei cittadini a proprio piacimento e per soddisfare le proprie manie di grandezza, lasciando pesanti eredità ai successori. Soprattutto quando crede di essere sempre il successore di se stesso a vita come pensano Azzollini e Berlusconi in questo Paese dove esiste una democrazia bloccata per decenni da chi riesce ancora oggi a creare consenso e ad arruolare ascari e servi tra la gente di bassa cultura e tra i furbi interessati a soldi e potere. Così, grazie ad una propaganda mirata, questi signori riescono a pilotare masse di ingenui illusi, la popolazione del “gratta e vinci” per intenderci, verso l’illusione della ricchezza facile e subito. Basta guardare la storia dei cosiddetti leader populisti per capire quali storie di illegalità, di mancanza di regole e di furbi marchingegni ci siano dietro il loro arricchimento facile e veloce.
Tornando al porto regionale, da subito avvertimmo puzza di bruciato nel progetto, portato avanti ad ogni costo e nella maniera illegale e irrazionale che l’inchiesta giudiziaria ha ipotizzato. Con uno scoop fummo i primi a scoprire il risarcimento milionario costringendo il geom. Giorgio Calderoni della Cmc (oggi arrestato nell’ambito dell’operazione D’Artagnan della Procura di Trani) ad ammettere, in un’intervista pubblicata nel numero del 15 febbraio 2010 di “Quindici”, di aver fatto una transazione da 7,8 milioni di euro con il sindaco Azzollini.
Nonostante ciò, oggi siamo dell’idea che l’opera, realizzata già al 60%, vada… in porto. Ma prima è necessario fare un po’ di conti, con i nostri soldi. I conti del buon padre di famiglia il quale sa che non può andare oltre il proprio stipendio e i propri risparmi in una spesa che, anche se fosse un investimento, non dovrebbe superare certi limiti di indebitamento, oltre i quali c’è il sicuro fallimento.
A nessuno piacerebbe ritrovarsi un economostro in casa, perché allo stato attuale di un ecomostro si tratta, ma concludere l’opera comunque, sarebbe colpevole, irrazionale e soprattutto antieconomico. Né è pensabile smantellare la struttura realizzata finora, come ha ipotizzato qualcuno: sarebbe una pazzia più costosa del completamento dei lavori. E’ vero che c’è un contratto in corso già sottoscritto, ma in presenza di un’inchiesta giudiziaria, i contratti si possono rivedere, magari modificando il progetto inziale, ridimensionandolo, soprattutto per quanto riguarda i fondali e trasformando, come andiamo sostenendo da tempo, l’attuale porto peschereccio davanti al Duomo, in porto turistico e realizzando un porto commerciale minore, che non richiederebbe un dragaggio così profondo.
Insomma, il fattore E, economico, è il primo da valutare, in quanto occorre trovare le risorse in tempo di spending review, la revisione e i tagli della spesa pubblica e di crisi finanziaria. L’altro è il fattore T, tempo, quello necessario a completare l’opera, tenuto conto della lunga e costosa bonifica necessaria alla prosecuzione e la completamento dei lavori. Bonifica, che sarebbe dovuta avvenire prima di firmare un contratto capestro con la Cmc di Ravenna, i cui vertici, come confermato dall’inchiesta giudiziaria e dalle intercettazioni, ritenevano di ostacolo ai tempi previsti dal cronoprogramma. Inoltre, la Procura conferma come alla riduzione dei volumi di dragaggio, non seguì la proporzionale riduzione del relativo costo. E a ciò si aggiungono i contrasti fra Giorgio Calderoni, procuratore speciale della Cmc e Carlo Parmigiani, direttore tecnico del cantiere del porto (poi sostituito) che riteneva non fattibile l’opera in presenza di tanto materiale bellico. Calderoni, invece, (pur augurandosi che anche il sen. Azzollini cambiasse idea), di fronte alle polemiche, voleva mollare tutto, e per di più riconosceva l’errore di iniziare i lavori in presenza di migliaia di bombe: «l’errore – dice Calderoni a Parmigiani al telefono – è sul fatto che, cioè lo sforzo di seguire questa amministrazione che ha fatto il senatore per il porto eccetera, l’errore è stato quello di concentrarsi tanto anche se c’erano le bombe eccetera. In realtà, avrebbero dovuto prima aspettare di togliere le bombe però, va bè, va bè, adesso noi, secondo me, dobbiamo parlare un attimo coi nostri soci. Se vuoi la mia personale opinione, io, diciamo, per riconoscenza al senatore, andrei avanti. Perché sì, non lo posso abbandonare. Però, non voglio nemmeno sentirmi tacciato di ragionamenti, di decisioni assunte senza il coordinamento del comitato tecnico».
Ora che, fortunatamente per i cittadini di Molfetta, il sen. Azzollini non è più al comando del Comune, i nuovi amministratori di centrosinistra hanno il dovere di non continuare sic et simpliciter sulle irrazionali strade da lui percorse in folle solitudine e arroganza, con disprezzo delle regole e del più elementare buonsenso. Bene stanno facendo il sindaco Paola Natalicchio e l’assessore ai lavori pubblici con delega al porto Giovanni Abbattista a coordinarsi con la Regione Puglia che, non dimentichiamolo è la proprietaria del porto, la cui delega concessa a suo tempo ad Azzollini dall’allora presidente della Regione Raffaele Fitto, e a interloquire con i ministeri dei Lavori pubblici e dell’Ambiente, anche in merito ai fondi necessari a completare l’opera. E in questi giorni ci sarà un incontro importante in merito, soprattutto per trovare i fondi necessari intanto a mettere in sicurezza il porto, prima che le mareggiate invernali possano provocare altri danni, ora che la Cmc, dopo il sequestro giudiziario, ha abbandonato il cantiere, smontando perfino le gru.
Forse la soluzione migliore, a nostro parere, sarebbe quella di restituire il porto alla Regione e lasciare che sia essa proprietaria a provvedere a completare l’opera, magari con la nomina di un commissario (di comprovata onestà, competenza e affidabilità, visti i precedenti di altri commissari per opere pubbliche in Italia). In tal modo i nuovi amministratori potrebbero concentrarsi sulle altre opere e necessità urgenti della città, abbandonata a se stessa in quesi ultimi 10 anni, per dirottare attenzione e risorse economiche sul solo porto “delle meraviglie” secondo Azzollini e “delle nebbie”, come lo definimmo a suo tempo.
Ci rendiamo conto che anche questa soluzione non è semplice in presenza di un’inchiesta giudiziaria: in pratica, per il mega pasticcio combinato da Azzollini, si scaricherebbe sull’ente regionale la responsabilità di togliere le castagne dal fuoco. Ma le spalle comunali sono troppo deboli per sostenere da sole il peso di questo “dannato” porto.
Tutto si può fare, insomma, nei tempi e nei modi giusti, ma non cedere all’improvvisazione di alcuni sprovveduti, animati solo da mania di protagonismo o peggio da interessi privati.
QUINDICI - 15.11.2013
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Felice de Sanctis