Parlano tanto di noi
15/09/2013
FELICE DE SANCTIS - La gente falsa non parla, insinua. Non conversa, spettegola. Non elogia, adula. Non desidera, brama. Non chiede, esige. Non sorride, mostra i denti. La gente falsa è povera di spirito, poiché non cammina, striscia nella vita, sabotando la felicità altrui. La gente falsa ignora la bellezza e la nobiltà d’animo perché non ama, e così finisce per non vivere, esiste appena. Ripensavo a queste parole lette da qualche parte che esprimono una verità indiscutibile, soprattutto se riferite a quanto sta avvenendo a Molfetta da quando Paola Natalicchio è stata eletta sindaco del centrosinistra. Assistiamo ad un imbarbarimento mediatico, ad offese e insulti da parte del centrodestra al quale la sconfitta brucia ancora e non riesce ad accettare l’alternanza o l’idea che altri possano governare la città in modo diverso, più democratico, più trasparente, senza padroni, né servi, rigettando il modello berlusconiano che ha dominato negli ultimi venti anni. E siccome l’esempio viene sempre dall’alto, questo modello si è imposto e ha lasciato libero sfogo agli istinti più bassi e beceri. L’idea che tutti debbano essere peggiori e che nessuno possa essere migliore o diverso, non può essere accettata da chi col proprio metro l’altrui misura, come insegnava un vecchio proverbio. Ciò che è più grave è il fatto che questo avvenga nella società della comunicazione, complici i social network (veri e propri tritacarne) e alcuni media locali che sono diventati uno sfogatoio pubblico senza controllo, dove in nome di una presunta libertà di parola, si consente a chiunque di insultare gli altri, facendo venir meno la funzione fondamentale del giornalista, quella della mediazione, altrimenti questa figura non ha più motivo di esistere. E così assistiamo alle frustrazioni manifeste di personaggi che hanno acquisito un attestato per grazia ricevuta, ad altri patetici casi di demenza senile o di scemenza precoce, ad evidenti fenomeni di invidia e ipocrisia collettive, che vedono proprio la falsità e i bugiardi in prima fila, alla ricerca di facile pubblicità sulla pelle degli altri. Chi non ha argomenti per contrastare gli avversari o i concorrenti, usa la calunnia, l’ultima arma di chi ha torto marcio è il dileggio personale, che non dovrebbe mai essere usato in politica e dai politici. Anche noi, volendo personalizzare, potremmo parlare dei lavori di stampa del Comune affidati in 10 anni solo alla tipografia della moglie di Azzollini, Carmela Mezzina, tra l’altro impiegata del Comune di Molfetta, o dei guai giudiziari del fratello Nicola, e così via. Ci spiace, in questo clima di odio e di cattiveria, alimentato dal centrodestra sconfitto, che non se ne fa ancora una ragione, tornare a parlare di noi. Ci perdonino i lettori, se questa volta lo facciamo in prima persona, come non è nostra abitudine. Ma sono gli altri che “parlano tanto di noi”, per ripetere un titolo di un mio editoriale di quasi vent’anni fa, agli inizi di quest’avventura di “Quindici”, quando l’aggressione e la denigrazione da parte di altri che non accettavano le regole della libera concorrenza, credendo allora, come oggi, pur nella mancanza di professionalità, di essere i depositari del vero giornalismo di cui non conoscono le regole, l’etica e nemmeno gli “arnesi” più semplici del mestiere, coniugando solo ignoranza e presunzione. E così, stranamente, con la miserabile e imprevista sconfitta dell’ex sindaco di centrodestra Antonio Azzollini, senatore per grazia ricevuta dal porcellum, caduto miseramente nella polvere, attraverso la batosta elettorale ricevuta dal suo candidato sindaco Ninnì Camporeale, si sono risvegliati i corvi, vissuti all’ombra del potere, dagli assessori senza delega ma con stipendio, ai segretari di partito inutili portaborse a comando, e tutta la corte dei miracoli che ha attorniato il personaggio politico che ha lasciato solo macerie e debiti dietro di sé. E che non avrebbe mai voluto che le porte del palazzo si aprissero, che la trasparenza degli atti rivelasse gli errori del passato. Oggi il re è nudo e alimenta il risentimento della gente e soffia sul fuoco degli sconfitti, ma anche degli ignavi così bene descritti dal Poeta nell’Inferno. E’ cominciata la caccia alle streghe, in perfetto stile berlusconiano, e Azzollini è andato a scuola dal suo padrone per imparare a ribaltare le proprie colpe sugli altri: i giudici, l’opposizione, i giornalisti non servi e non amici. E schiera il Pdl, partito del padrone e il giornale di famiglia contro Quindici, ricorrendo a squallidi manifesti diffamatori, con notizie false contro le quali ci difenderemo in tribunale, perché, malgrado tutto abbiamo sempre fiducia nella giustizia. Ma, intanto, siccome sappiamo che non sempre c’è un giudice a Berlino, ci difendiamo con gli strumenti che abbiamo, che sono quelli della parola e della scrittura, garantiti dalla Costituzione. Ripeto: ognuno misura gli altri col proprio metro. Siamo costretti a parlare di noi da circostanze estranee alla nostra volontà e dal nostro costume, sollecitati da amici che ci invitano a fare chiarezza e a rispondere alle accuse non solo in tribunale, dove le conoscono in pochi, ma apertamente per replicare a pubbliche diffamazioni. E lo facciamo con la chiarezza che ci ha sempre caratterizzato nell’insegnamento salveminiano che “la chiarezza è l’integrità morale della mente”. Siamo di nuovo sotto tiro, subendo un’aggressione continua, minacce palesi e occulte, vendette trasversali di stile mafioso, non soltanto da parte del potere sconfitto, ma anche di presunti colleghi, ai quali non sembra vero di poter inzuppare il pane nel fango diffuso dal centrodestra, per colpire slealmente la concorrenza che non riescono a battere con il lavoro. Insinuare che l’incarico fiduciario (al quale personalmente ero fortemente contrario) dato dal sindaco Natalicchio a Michele de Sanctis, giornalista professionista abilitato dopo aver sostenuto l’esame di Stato unico nazionale dell’Ordine a Roma, sia frutto di voto di scambio, rappresenta una cosciente calunnia di chi sa che la nostra opposizione all’ex sindaco Azzollini è in atto da 10 anni, quando la campagna elettorale delle ultime amministrative non era cominciata e quando il nome del candidato Natalicchio non era nemmeno all’orizzonte. E quando è stato presentato ufficialmente, nessuno la dava per vincente, anzi, per sicura sconfitta, anche dopo il deludente risultato del primo turno con poco meno del 33%, mentre il candidato del centrodestra Ninnì Camporeale aveva sfiorato la vittoria. Ecco perché la sconfitta successiva è stata ed è tuttora bruciante. Accanto a Paola Natalicchio ci sono stati giovani che l’hanno sostenuta con grandi sacrifici solo perché credevano in un cambiamento e, in una società dove tutto ha un prezzo, hanno lavorato in nome di un ideale. Chiaramente questo sembra strano a chi usa altri metodi. E oggi quei giovani hanno accettato gli incarichi comunali (legittimi, indicati dall’art. 90 della legge sugli Enti locali, fra le prerogative del sindaco per ruoli previsti in pianta organica) anche a costo di qualche rinuncia economica e sacrifici di tempo in più. E sì perché queste persone, dall’addetto stampa alla segretaria particolare, accettando l’invito di Paola Natalicchio, ci hanno rimesso in termini economici e di tempo libero. Questa è la verità sulla quale qualche improvvisato cronista dovrebbe indagare e raccontare. Ma ci chiediamo, questi cronisti della domenica e del copia e incolla, come mai non hanno scritto in passato sugli stessi incarichi di addetto stampa (per un periodo anche per due persone) affidati dall’ex sindaco Azzollini durante il suo mandato? Di cosa dobbiamo vergognarci, allora: di non aver rubato come altri, di non essere stati coinvolti in casi di corruzione, di non aver accettato o concesso favori pur non avendo cariche pubbliche? Abbiamo sempre lavorato duramente e con sacrifici, vivendo solo del nostro lavoro pur potendo nel nostro ruolo accettare favori economici, faticando molto in una lunga gavetta per conquistare posizioni di rilievo pur in mancanza di amicizie politiche, che abbiamo sempre rifiutato e per questo siamo stati ostacolati. Di noi parlano i fatti, la nostra storia personale e professionale: quasi 50 anni di mestiere con centinaia di articoli sui giornali nazionali e decine di trasmissioni televisive, non sono chiacchiere, ma documenti ancora lì, consultabili e valutabili da chiunque. Le chiacchiere di altri, invece, come tutte le parole inutili, si perdono nel vento. Abbiano solo una colpa nella società dell’informazione virtuale e molto ignorante e del berlusconismo imperante: quella di scrivere la verità. E questo ci rende scomodi. Da sempre. Diceva Salvemini: fai quel che devi, avvenga quel che può. E’ anche la nostra filosofia morale che ci permette di andare a testa alta e continuare con la forza delle idee contro tutti i pettegolezzi e le calunnie, un lavoro di servizio alla nostra cara Molfetta, che, malgrado tutto, amiamo ancora. QUINDICI - 15.9.2013 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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