FELICE DE SANCTIS - Cara Paola ti scrivo, così mi distraggo un po’ da questo squallore che ci circonda e che vogliamo tutti cambiare. Non sarà facile e lo stai già sperimentando con la tua bella squadra di generosi, volitivi e infaticabili assessori e collaboratori. Troppi anni di colpevole tolleranza hanno ridotto Molfetta a un posto dove la qualità della vita si è abbassata molto, fino al degrado etico e civile e la gente fugge per necessità o per respirare aria diversa.
«Si esce poco la sera compreso quando è festa e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra, e si sta senza parlare per intere settimane, e a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane», cantava Lucio Dalla. Hai scelto di prendere sulle tue giovani spalle un carico pesante, ma so che sei determinata e autonoma (non badare a quello che dicono e ti diranno, lo sostengo per esperienza diretta: i servi non tollerano gli uomini liberi, questi sono scomodi e quindi si tenta di denigrarli, ma soprattutto attenta ai perfidi suggerimenti di qualche “amico” fraudolento che ha già fatti danni in passato perché ha il paraocchi) per decidere senza condizionamenti, come hai sempre fatto nelle scelte difficili della tua vita, che ti hanno temprata. Hai dimostrato di poter colmare il distacco tra i cittadini e la politica, con un successo elettorale imprevisto per chi non ti conosce. Hai generato tante aspettative e qualche inevitabile delusione in chi credeva che anche la verità si potesse manipolare.
Il cammino è cominciato, ma i soliti disfattisti stanno già mettendo ostacoli sulla tua strada, ma chi vola alto non li teme e li supera senza timore. Te ne diranno di tutti i colori, aspettati una guerra senza sconti. Ma tu l’avevi già messo in conto. Chi fa le rivoluzioni genera conflitti, e qui è necessaria proprio una rivoluzione dalla politica all’informazione, dalla qualità della vita al lavoro, dal costume alla convivenza civile, dove non ci sono più regole, si è dimenticata l’etica e la dignità, il rispetto degli altri e perfino di se stessi: una degenerazione sociale. Nel migliore dei casi, prevale la rassegnazione.
Il rischio è che possano subentrare la frustrazione, l’indifferenza, lo sterile dileggio in cui si esercitano i media locali in assenza di argomenti e di contenuti, o l’insofferenza, com’è facile che avvenga in assenza di sbocchi. Ma con la tua candidatura è cresciuto il bisogno di partecipazione che sembrava assopito e che “Quindici” ha alimentato in tutti questi anni facendosi portavoce della società civile, cercando di risvegliare la parte migliore della città che sembrava rassegnata.
Ma occorre superare oltre i blocchi di potere autoreferenziali in tutti i campi, il potere per il potere rappresentato per anni da chi ha occupato tutti gli spazi liberi dalla politica all’economia, soggiogando una città da un passato di fierezza, libertà e dignità rappresentato da Gaetano Salvemini e da altre nobili uomini della sua storia passata e recente come Riccardo Muti. Un potere spesso mantenuto al limite della legalità e forse oltre. Il disfacimento sociale è evidente dalla perdita di senso civico alla corruzione pubblica e privata, al disprezzo della legalità perfino irrisa da chi doveva rappresentare le istituzioni e garantire l’uguaglianza. E invece col suo comportamento ha screditato proprio quelle istituzioni, ha soggiogato i deboli e, in nome di un liberismo selvaggio, ha proclamato la libertà dei privilegi, non dei diritti, attraverso una demagogia e un populismo della peggiore specie. Ha generato divisioni, ha alimentato l’odio verso le persone, cancellando le regole di convivenza civile, tollerando solo l’illegalità diffusa per non scontentare nessuno e alimentare il consenso per il suo potere fine a se stesso. Ora il risveglio è amaro, anche per chi, nel delirio di onnipotenza non accettava e non accetta la sconfitta e la perdita di quel potere. Perciò studia marchingegni da azzeccarbugli per delegittimare quello che i cittadini hanno democraticamente e liberamente legittimato.
Ma è l’emergenza lavoro quella che pesa di più su famiglie già impoverite dalla crisi economica provocata dalla globalizzazione, ma ignorata dai governi Berlusconi, impegnati più nello slalom dei processi del padrone (sono ormai 20 anni che in Italia non si parla d’altro che dei processi al caimano) che a predisporre strumenti di contenimento del danno e di rilancio della crescita.
Cara Paola, avrai già dietro la porta decine di cittadini che ti chiedono il lavoro, come se il sindaco fosse un ufficio di collocamento, come forse è avvenuto in passato con clientele miserabili e pezzenti, fatte del clientelismo assistenziale da quattro soldi che non produce sviluppo e voglia di crescita, ma piccole rendite parassitarie che si ritengono dovute (cosa faranno ora tutti i personaggi senza mestiere che hanno vissuto dalla politica?).
Assistiamo ogni giorno in Italia e a Molfetta a crisi di famiglie e di imprese, con una frammentazione del sistema produttivo che alimenta a favore delle rendite del capitale del Nord che si nutre, come sempre, del lavoro sottopagato del Sud per alimentare le rendite di gruppi finanziari settentrionali. Questi che drenano denaro al territorio, spingendo a inutili consumi, vedi i vari Fashion District, Miragica, Mongolfiera, per lasciare solo le briciole ai giovani lavoratori meridionali, costretti alla “prostituzione” lavorativa spinti dal bisogno (altro che rifiuto del lavoro, come sostiene l’amministratore delegato di Miragica, Cigarini, offendendo i giovani). Mentre noi assistiamo al forte calo di competitività delle nostre imprese, chiedendoci qual è la nostra vera identità economica: commerciale, industriale, dei servizi, o quella del porto dei sogni, divenuto porto delle nebbie?
In una situazione di scarsità di risorse pubbliche e di colpevoli buchi di bilancio ereditati dall’amministrazione Azzollini e che è necessario colmare, occorre inventarsi spazi di manovra già limitati. Ma è soprattutto difficile farlo capire e soprattutto accettare dai cittadini sempre più poveri.
La questione economica prioritaria, ma anche quella sociale devono tornare al centro della politica per ricostruire quel rapporto di fiducia tra cittadino e istituzioni degenerato in questi ultimi 10 anni. Occorre avere come obiettivo prioritario il bene comune che fa sentire tutti i cittadini partecipi dello sviluppo, soprattutto rispristinando i principi di solidarietà e di giustizia sociale, cancellando le divisioni e le discriminazioni del passato, attraverso legalità e trasparenza. Solo così si restituisce dignità alla politica.
Dispiace dirtelo, però è anche un motivo di fiducia e di sprone ad agire, ma tu cara Paola, rappresenti l’ultima spiaggia per quella parte di città che non vuole ripiombare nel passato feudale di questi ultimi anni, del popolo dei servi del padrone di turno, ma avere una prospettiva di sviluppo che superi la precarietà e l’insicurezza sociale ed economica. Investire sulla moralità e su un’etica pubblica condivisa, dopo la stagione degli scandali e degli arresti, può essere il primo passo verso il riformismo solidale. Serve una politica che sia forza collettiva, capace di generare il cambiamento, per migliorare la vita dei cittadini. Quante volte lo abbiamo scritto sui giornali: ora è il momento di metterlo in pratica. Tu hai l’occasione per farlo. Con coraggio. Questo sì, te ne serve tanto. Ma già si respira aria nuova in città.
QUINDICI – 15.7.2013
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Felice de Sanctis