La politica del grembiule
15/04/2013
FELICE DE SANCTIS - Non è il vuoto di potere che fa paura. È il vuoto di servizio. Per la Chiesa, come per Cristo, regnare significa servire. Ci sono tornate in mente queste parole di don Tonino Bello, che risalgono al lontano 1988, che citiamo a memoria, in occasione di due importanti circostanze: l’elezione del nuovo Papa Francesco e l’anniversario dei 20 anni dalla morte del nostro amato e indimenticabile vescovo profeta (al quale dedichiamo, in questo numero, un inserto di 16 pagine). Entrambi, a distanza 25 anni uno dall’altro, hanno messo l’accento su questo ruolo del potere che sembra lontano anni luce dalla concezione attuale, alimentata negli ultimi decenni dalla ricerca del potere fine a se stesso e soprattutto fine a se stessi, come insegna il nefasto ventennio berlusconiano in Italia e di riflesso azzolliniano a Molfetta. La storia ci ha insegnato come, casualmente o volutamente, la nostra città sia stata «laboratorio», ma forse il termine più esatto riferito alla banalità e allo squallore del presente sarebbe: «imitatorio» politico. In questi anni si è accentuato il personalismo nella politica ed è stato esasperato il delirio di onnipotenza che ha avuto come protagonista il sindaco-senatore-presidente berlusconiano Azzollini, il quale, alla faccia del servizio, ha accentuato su di sé le cariche, per accrescere il proprio potere personale ed economico, dimenticando la comunità da cui aveva ottenuto quel potere, disattendendo tutte le promesse fatte nelle campagne elettorali e riducendo la città a uno stato di macerie e di debiti dai quali sarà arduo per il suo successore venire fuori. Per avere gioco facile e non oppositori, Antonio Azzollini si è circondato di una corte dei miracoli di bassa qualità. E lo ha fatto da ottimo allievo del suo maestro Silvio Berlusconi che ha sempre parlato alla pancia di un popolo che ha meno della licenza media, invitando i suoi vassalli a fare altrettanto. Forse qualcuno dei servi, l’ha dimenticato. Per cui è bene rinfrescargli la memoria, in modo che possa essere più ligio ai comandamenti di colui che crede di essere il nuovo «messia» e lo fa credere al popolo bue, teledipendente di basso livello culturale: «La media degli italiani è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco. E’ a loro che devo parlare» (Silvio Berlusconi, Corriere della Sera 10 dicembre 2004). Recentemente il Cavaliere riferendosi al suo elettore, teledipendente medio, dopo anni di ripetenze nella stessa classe, lo ha promosso: «Magari, nel frattempo, ha fatto qualche progresso negli ultimi tempi, è arrivato alla terza media». Ed è proprio dalla cultura che è necessario ripartire. “Quindici”, testata scomoda anche per la sinistra, in questi anni, lo ha sempre ripetuto e sottolineato, denunciando l’incultura incoraggiata dal sindaco Azzollini e dal sistema, accanto ai guasti della gestione del centrodestra che non si è fatto mancare nulla dagli scandali, agli arresti e perfino a tragiche vicende che hanno sconvolto la città. Articoli e inchieste, anche se in solitaria, ma libera e volontaristica scelta, hanno avuto come unico obiettivo quello di servire la città e i molfettesi, per favorire quella rinascita che tutti, opposizione compresa, auspicano da tempo, ma non hanno avuto il coraggio di chiedere ad alta voce. Intanto aleggia il rischio del voto di scambio, una consuetudine deteriore a Molfetta, denunciata più volte da noi e oggi anche da un’efficace campagna dell’Azione cattolica, che passa anche dall’arruolamento di centinaia di rappresentati di lista a 50 euro l’uno. Una pratica miserabile che specula sui bisogni della gente per fini elettorali e personali, acquistando perfino la dignità dei giovani che si prestano per necessità. E c’è chi ha pure il coraggio di difendere e giustificare questo andazzo. Oggi il centrodestra si inventa il candidato fantasma Nicola Camporeale, osteggiato fino all’ultimo dallo stesso senatore Azzollini perché da lui non ritenuto adeguato all’incarico oppure non sufficientemente fedele per essere considerato il suo delfino (o ad usum delphini?). E così il «buon Ninnì» si è dovuto accontentare del suolo dell’eterno secondo che asseconda i voleri del re sole, anche come presidente del consiglio comunale che vieta perfino le riprese televisive, per non mostrare ai cittadini quello che avviene in un’aula «ostaggio» del senatore azzurro. E qualche ipocrita paladino della «libera informazione» oggi, arruolato nelle sue truppe, volutamente dimentica quella vicenda: cosa non si fa pur di ottenere una candidatura! E nel vuoto delle idee (altro che «straordinaria energia»), con una campagna di comunicazione poco originale e mutuata da altri, il candidato degli aerogami (foto) ruba proposte al centrosinistra, spacciandole per proprie in un crescendo ipocrita facilmente smentibile se si guarda alla gestione amministrativa di questi anni. Camporeale, poi, fa campagna elettorale arrivando addirittura a pubblicare su Facebook, il nuovo dio della comunicazione politica dopo il successo di Grillo, perfino i comunicati di Rifondazione comunista e di Linea Diritta e, udite, udite! addirittura gli articoli di “Quindici”, testata non allineata, messa al bando della comunicazione di destra per ordine del senatore-padrone. Tutto pur di dimostrare la propria unità contro la divisione della sinistra. Chi non ha argomenti, strumentalizza le divisioni altrui per vegetare in attesa del risultato elettorale. Ma cosa ci si può aspettare da chi non ha idee? Quali prospettive politiche, se non la continuità delle gestioni fallimentari e deficitarie azzolliniane? Ignoranza e incapacità al potere rischiano di diventare una miscela esplosiva per questa città, già duramente provata dalla crisi. Ma la campagna elettorale del centrodestra, pur di portare acqua al proprio mulino ormai a secco, utilizza i social network per lanciare minacce a piene mani contro avversari politici considerati nemici e stampa non allineata, né prezzolata. Una scelta di uno squallore senza precedenti. E questo sarebbe il nuovo? Più vecchio di così! Camporeale la sua stagione l’ha consumata nell’eterno parcheggio e oggi è già superato come tutti coloro che militano nelle seconde file, usurandosi nell’attesa. Un invecchiamento politico al quale si contrappone la vera novità di questa competizione: il candidato sindaco del centrosinistra Paola Natalicchio, partita su invito di Pd, Sel e Movimento delle donne “Vorrei”, ma ormai spinta da vento proprio, generato da un entusiasmo incredibile di chi crede e vuole cambiare la propria città e il destino di tanti giovani costretti ad emigrare per mancanza di lavoro. Paola sta dimostrando anche capacità e competenza, discutendo dei problemi veri dei cittadini, guadagnando consensi ogni giorno, a dispetto di quelli che avrebbero potuto essere i suoi compagni di strada: Gianni Porta, candidato di Rifondazione e Bepi Maralfa di Linea Diritta, ambedue malati di protagonismo perdente, ottime persone, bravi professionisti, ma pessimi politici, soprattutto quando cedono alla tentazione della permalosità. Chi si lancia nell’agone politico deve accettare anche le critiche, il cosiddetto centralismo democratico ha fatto il suo tempo. Occorre una nuova intelligenza creativa, approfittando del vuoto del centrodestra. Per uscire dall’oscuro ventennio berlusconiano e dal devastante decennio azzolliniano, sarebbe utile al centrosinistra aggregare un fronte del rinnovamento morale e politico. E forse la rigenerazione passa dalla politica «del grembiule». QUINDICI - 15.4.2013 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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