Quel testimone insanguinato
15/07/2012
FELICE DE SANCTIS - Un malessere che si costruisce su impercettibili detriti d’illegalità diffusa, sugli scarti umani relegati nelle periferie, sui frammenti di una sottocultura della prepotenza non sempre disorganica all'apparato ufficiale. Sembrano parole scritte oggi riferite alla nostra città, ma risalgono a ben 20 anni fa quando l’indimenticabile vescovo-profeta, oggi servo di Dio, don Tonino Bello celebrò le esequie del sindaco Gianni Carnicella, assassinato con un fucile a canne mozze per aver negato il permesso ad uno spettacolo musicale. Quindici che all’epoca non era ancora nato, oggi ripercorre le vicende di quei giorni con testimonianze dirette di chi c’era per ripristinare la verità storica, dopo le strumentalizzazioni fatte in questi anni e che continuano ancora oggi. Ma soprattutto il nostro intento è quello di far rilevare come, a distanza di 20 anni, sia tornato il clima dell’epoca, fatto di illegalità diffuse, di sospetti rapporti tra criminalità e politica, di mancanza di regole e di disprezzo delle leggi. Continua don Tonino: Ma il fucile a canne mozze apre anche un altro discorso. È il discorso sulla facilità con cui oggi s’impallina la gen¬te col sospetto sistematico, con la gratuità delle accuse, con la semina irresponsabile del dubbio… L'altra sera in ospedale ho visto la lastra del bacino del povero Gianni: sembrava un colabrodo. Ma non si riduce ugualmente l'uomo a un cola¬brodo quando gli si spara addosso la raffica del discredito, senza provatissime ragioni e per il gusto corrosivo della de¬molizione?... O forse il piombo della lupara intellettuale, che col¬pisce le persone rimbalzando dalla carta dei giornali, è più aristocratico dei bossoli sparati dal rozzo fucile dei poveri, che rivendicano il diritto di uccidere anch'essi a modo loro? È chiaro che qui il discorso cade sull’irresponsabilità di tanti chierici… Ci chiediamo: il sacrificio di Gianni, allora, è stato inutile? I politici soprattutto, ma anche la società civile hanno già dimenticato?. Per non dimenticare Quindici oggi propone ben 10 pagine in primo piano nello spirito della difesa della legalità che da sempre ha contraddistinto il nostro giornale, rappresentante di quella società civile che resiste, che non dimentica, che non si arrende. Siamo e vogliamo restare un giornale scomodo, fedeli al nostro ruolo di giornale leader e di sentinella della democrazia, scrivendo quello che gli altri non dicono, ingabbiati nel gioco degli interessi politici ed economici. Noi restiamo liberi, anche se questo dispiace a molti, soprattutto a chi non lo è, perciò tende a denigrarci con un effetto boomerang che ci rende più credibili e popolari, perché ci sforziamo di raccontare la verità. E ci battiamo per migliorare questa città, sempre più degradata in questi ultimi anni. Nella rievocazione storica dell’epoca abbiamo ritrovato alcuni personaggi ancora oggi sulla scena politica, ma dalla parte opposta. Il sindaco Antonio Azzollini e il suo fedelissimo assessore (ora dirigente comunale) Giusi De Bari che furono espulsi dal Pci e “recuperati” da Annalisa Altomare che raccolse il testimone insanguinato di Gianni Carnicella come primo cittadino. Essi furono nominati assessori, nel tentativo di coinvolgere tutte le forze politiche in un momento difficile. Ritroviamo anche un altro personaggio politico allora e tecnico oggi (ex dirigente dell’Ufficio comunale al territorio), l’ing. Rocco Altomare (arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Mani sulla città” per presunti illeciti edilizi, oggi in libertà per la scadenza dei termini della custodia cautelare e in attesa di processo). L’ingegnere rappresentò la continuità tra la giunta Carnicella e quelle di Annalisa Altomare ricoprendo in entrambe l’incarico di assessore ai servizi sociali. Dall’esame delle ultime vicende cittadine un dubbio sorge spontaneo: come mai coloro che si presentarono come difensori della legalità in una giunta che doveva segnare l’inversione di tendenza dopo l’assassinio di Carnicella, poi hanno consentito l’attuale illegalità diffusa, la mancanza di regole, tollerando situazioni di violazioni di leggi e addirittura sanandone alcune? Come mai Rocco Altomare, almeno secondo l’accusa, si sarebbe poi spinto a commettere illegalità che lo hanno portato addirittura nel carcere di Trani? Come cambiano gli uomini! E poi ci si chiede il perché della sfiducia della gente nei politici, sfiducia che si spinge a togliere credibilità perfino alle istituzioni, alimentando una pericolosa antipolitica rappresentata oggi da movimenti improvvisati come quello dei grillini, strumentalizzati a loro volta a Molfetta da ambigui personaggi alla disperata ricerca di visibilità, i quali hanno estromesso gli iscritti originali per impossessarsi anche di questo nuovo movimento politico ispirato dal comico genovese. ***** E proprio parlando di politica entriamo subito in clima elettorale che già si respira a Molfetta con anticipazioni di candidature, alcune da fantapolitica, come abbiamo già detto in passato ad opera di cronisti improvvisati che sparano nomi improbabili solo per farsi leggere, non avendo altri argomenti di interesse. Noi non ci prestiamo a questo gioco, soprattutto per non partecipare al totosindaco alimentato dagli stessi interessati che lanciano il loro nome come ballon d’essai per verificare quali e quante chance potrebbe avere una loro discesa in campo. Ci sembra questo il caso dell’imprenditore Domenico Favuzzi, presidente di Exprivia, la cui candidatura ha cominciato a girare in sordina, poi si è diffusa e sembrava aver convinto perfino alcuni esponenti del centrosinistra, mentre in realtà era solo un tentativo dell’interessato, in corsa anche per la presidenza di Confindustria Puglia (questa più reale), di vedere come veniva accolta questa ipotesi di sindaco-imprenditore. Poi lo stesso Favuzzi ha fatto sapere di non essere interessato, proprio perché in corsa per l’altra carica che sarebbe stata incompatibile con quella di primo cittadino. Altro nome in corsa da subito è quello di Tommaso Minervini, già sindaco della città, che si presenta sotto le insegne di Sel, ma non sappiamo fino a quando, perché non sembra un nome gradito a Nichi Vendola. Il rischio è che se lo stesso Tommaso, non accettando di fare un passo indietro (occorre anche mettere da parte le ambizioni personali per il bene comune) come gli chiede il centrosinistra, per indicare quel nome nuovo che pretendono gli elettori, possa percorrere la stessa strada che lo portò a Palazzo di città nel 2001 con una coalizione trasversale a maggioranza di destra e che, in sostanza, provocò l’ascesa dell’attuale sindaco Azzollini. E’ questo il timore del Pd che ancora arranca, sbaglia le mosse in consiglio comunale non riuscendo a far emergere la crisi anche numerica del Pdl, cercando ancora il suo uomo. Rifondazione comunista, nella sua vocazione perdente e sfascia alleanze, andrà per conto suo con il candidato Antonello Zaza, mentre nel centrodestra dovrebbe essere finalmente l’ora dell’eterno candidato, sempre in anticamera, Nicola Camporeale, attuale presidente del consiglio comunale. Il sindaco-senatore sembra abbia deciso questa soluzione (anche se non escludiamo un ripensamento dell’ultim’ora). Azzollini avrebbe capito che difficilmente il centrodestra potrà bissare il successo precedente: troppi scontenti nella sua traballante maggioranza, troppe delusioni nei cittadini e perfino nei suoi elettori, perciò lancia il buon Ninnì certo che resterà fuori da Palazzo Giovene. Intanto il sindaco appare sempre più nervoso e sempre più insicuro con questa maggioranza che si scioglie e, lui davanti a una copia di Quindici, si comporta come un indemoniato: è terrorizzato solo a sentirne il nome viene preso da terribili convulsioni e la notte ha gli incubi, come appare nella vignetta del nostro Michelangelo Manente. Forse una buona e lunga vacanza, anche dal potere, potrebbe giovare alla sua salute. QUINDICI – 15/7/2012 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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