FELICE DE SANCTIS
Cresce la crisi economica, aumenta la disoccupazione giovanile, chiudono le aziende, gli italiani onesti diventano sempre più poveri, mentre i disonesti e gli sfaccendati che vivono della politica, diventano sempre più ricchi e arrogati.
E’ questo lo scenario che abbiamo sotto gli occhi e che si aggrava sempre di più. Per far fronte a questa situazione, il governo Berlusconi ha varato una manovra economica assolutamente insufficiente, per non dire ridicola, che ha avuto come relatore al Senato il nostro sindaco Antonio Azzollini, che ha pure menato vanto per questo strumento finanziario (rifatto ben 5 volte) che si è rivelato un palliativo, per cui sarà necessario approvare assolutamente un’altra manovra a breve termine, più credibile e più consistente.
Ma della manovra beffa di Tremonti abbiamo già parlato nel precedente editoriale. Questa volta vogliamo soffermarci su un fenomeno che, insieme al debito pubblico è il principale artefice della crisi: la disoccupazione giovanile. Se ne è accorto recentemente anche il governatore uscente di Bankitalia Mario Draghi, prossimo presidente della Bce.
Per Draghi a causa della disoccupazione, il nostro Paese si trova ancora affogato in una crisi dalla quale sembra non riuscire a venire fuori in alcun modo. Anzi, ogni giorno che passa si teme il peggio, tanto che in molti pensano che l’Italia possa essere una sorta di “Grecia 2″, ovvero un Paese in enormi difficoltà economiche. Secondo Draghi, inoltre, le famiglie con figli sono più povere rispetto al passato, dato che la crisi ha pesato molto e continua a farlo tutt’ora. Negli ultimi 4 anni, infatti, il reddito medio delle famiglie del nostro Paese sarebbe sceso del 1,5% circa, con picchi del 3% dove ci sono quei capofamiglia che hanno tra 40 e 64 anni. Quando invece il capofamiglia ha più di 65 anni, il reddito familiare è in salita.
Al di là delle fredde, ma significative cifre, resta il dramma della disoccupazione o meglio dell’inoccupazione giovanile, come la chiamava Salvemini (Un Comune meridionale - Molfetta 1897, 1954): «Il problema, non della disoccupazione, ma della inoccupazione giovanile nelle classi popolari (oltre quello della disoccupazione intellettuale, a cui accenneremo dopo) è il vero problema sociale in questo centro pugliese. (…). Alla inoccupazione giovanile nelle classi lavoratrici si associa la disoccupazione fra gl'intellettuali. Questa è spaventosa. Ai laureati in legge o in medicina, il cui numero è imprecisabile, si debbono aggiungere laureati in lettere, scienze naturali, matematica, e chi sa quanti maestri elementari e ragionieri. La zona sociale franosa dell'Italia meridionale è qui. Tutto quanto si legge negli scritti miei sulla questione meridionale dal 1897 al 1920 deve essere moltiplicato per coefficienti paurosi da chi voglia farsi un'idea delle materie esplosive che si accumulano oggi nel nostro paese».
La famiglia oggi è diventata il vero ammortizzatore sociale, continuando a mantenere i figli disoccupati con il lavoro che diventa poi pensione dei genitori, tenuto conto che un figlio resta in casa quasi fino a 40 anni. E così cresce il divario fra giovani e adulti nel lavoro. Le leggi attuali proteggono solo chi il posto ce l’ha a danno dei giovani, che ne restano esclusi. E Berlusconi che propone? L’aumento dell’età pensionabile a 70 anni.
Come rimediare? Il governo è senza idee, proviamo a suggerirne qualcuna. Intanto chiedendo sacrifici agli adulti, ma a tutti, soprattutto ai più ricchi (vedi patrimoniale e simili), riformare il mercato del lavoro, abolendo la distinzione fra contratti a tempo determinato o indeterminato; abbassando le tasse sui più giovani, offrendo contemporaneamente sgravi fiscali alle aziende che danno loro lavoro. Infine realizzando la vera riforma fiscale, basata sul contrasto di interessi tra chi offre un servizio e chi lo paga, permettendo a questi ultimi di scaricare le spese dall’imponibile. In tal modo si combatterebbe seriamente l’evasione fiscale: tutti chiederebbero la fattura al meccanico, all’idraulico, all’avvocato, al medico, ecc.
Questo significa studiare seriamente leggi per superare la crisi, cominciando a dare l’esempio con un taglio drastico dei costi e dei privilegi della politica.
Ma il nostro sindaco-senatore-presidente-leghista Antonio Azzollini, nemico del suo Paese e del Sud, cosa fa? Gioca con i numeri della manovra finanziaria, fingendo di approvare norme risolutive per la grave crisi economica e corre in aula a votare le leggi vergogna contro la libertà, che mettono il bavaglio alla stampa, che garantiscono l’impunità al suo padrone Berlusconi, e che coprono le sue porcate notturne, confermando, con studiata imbecillità, l’esistenza di varie nipoti di Mubarack. E mentre l’Italia va a rotoli, il Parlamento invece di occuparsi dei veri problemi seri del Paese, si trastulla con quelli del sultano porco, che, secondo le ultime rivelazioni, doveva arrivare a giocare col crocifisso sul seno delle sue escort per suscitare finalmente una reazione indignata del Vaticano che lo ha sostenuto e ha taciuto fino ad oggi.
In passato credevano che il senatore Azzollini fosse più bravo come parlamentare che come sindaco, ma, col tempo ci siamo ricreduti perché ha dimostrato di svolgere male sia una funzione che l’altra. Se ne è reso conto anche lui, tanto da appoggiare la legge sull’incompatibilità degli incarichi (da lui sempre osteggiata), ma solo quando era certo di non poter essere più rieletto.
E così mentre i giovani di Molfetta emigrano alla ricerca di un posto di lavoro, Berlusconi a Roma pensa solo alle leggi ad personam, votate dal nostro senatore, che, a Molfetta, pensa solo alla realizzazione del nuovo porto, divenuto un suo ossessivo chiodo fisso. Ma Azzollini non ha mai detto quanti posti di lavoro garantirà questa nuova mega-struttura, sempre se arriverà a compimento e se riuscirà ad intercettare traffici. Non ha mai detto che pur con la sua grande draga, si riuscirà, bombe permettendo, ad arrivare ad una profondità massima dei fondali di 8 metri, che non permetterà l’ingresso di navi container in porto.
Tra l’altro, impegnato a Roma a mezzo servizio e a Molfetta per un terzo, Azzollini ha dimenticato che la forza lavoro molfettese è prevalentemente intellettuale. Come pensa di impiegare questi giovani laureati e diplomati a fare gli scaricatori di merce in banchina?
Basta a prendere in giro gli italiani e i molfettesi, il sindaco abbia l’onestà di riconoscere il fallimento di una politica e si ritiri in buon ordine in compagnia del suo amico Silvio, magari in una dacia russa con Putin per rinverdire il suo passato comunista con i suoi fedelissimi Camporeale, De Bari, Marzano & C., portandosi dietro anche il suo amico leghista Bossi, lasciando che l’Italia e Molfetta, pur dalle macerie, possano avere la possibilità di ricostruire il presente e preparare il futuro ai giovani. Sarebbe l’unica cosa buona e giusta che potrebbe farlo ricordare ai posteri, molto di più del «porto Azzollini».
QUINDICI – 15/10/2011
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Felice de Sanctis