FELICE DE SANCTIS
Oscar Wilde nel ritratto di Dorian Gray scrive: There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about (c’è solo una cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé). È quello che sta avvenendo oggi in Italia con un presidente del Consiglio che ormai è alla sua parabola discendente, ma riesce ancora a prendere in giro molti italiani e tanti esponenti del suo partito, compreso il sindaco di Molfetta sen. Antonio Azzollini che gli credono (o fingono di credergli).
E mentre Silvio Berlusconi continua a far parlare bene di sé e male di chi era alleato fino a ieri, Gianfranco Fini, o “collaterale” come Emma Marcegaglia presidente di Confindustria, solo per aver osato criticarlo, tutti i media che controlla (le televisioni Rai e Mediaset e i giornali, le spietate macchine da fango di famiglia: Il Giornale e Libero), l’Italia attraversa una grave crisi economica destinata ad aggravarsi, con le imprese sempre più in difficoltà, costrette a licenziare per non chiudere e una grave crisi di liquidità che sta mettendo in ginocchio un Paese che sembra fermo.
Queste cose vengono ignorate anche da Azzollini che presiede la commissione Bilancio del Senato e dovrebbe tenere in debito conto, quando propone emendamenti capestro per la Finanziaria, ignorando il problema del debito pubblico che questo governo e il particolare il “creativo” Treconti ha sempre sottovalutato e contribuito a far lievitare.
Per capire cosa significa il debito pubblico occorre pensare all’Italia come una famiglia. Attualmente questa famiglia guadagna ogni anno 100 euro e ha debiti per 106. I suoi debiti sono maggiori di quanto guadagnato. Ciò vuol dire che se la famiglia usasse tutto lo stipendio annuale per pagare il debito (non comprando cibo, vestiti, non usando acqua potabile, elettricità, telefono, etc.), non riuscirebbe comunque a liberarsi dai debiti. E quei debiti non pagati producono nuovi interessi, e quindi nuovi e maggiori debiti. Questa è la situazione dell’Italia oggi. Attualmente paghiamo circa 70 miliardi di euro di interessi ogni anno (sono 135mila miliardi di vecchie lire che ogni anno buttiamo a mare).
I governi di centrosinistra avevano cominciato a ridurre il debito con un’operazione che si chiama avanzo primario. Di che si tratta? Cerchiamo di spiegarlo riprendendo l’esempio precedente. La nostra famiglia che guadagna 100 euro l’anno, al 31 dicembre ha speso 99 euro (per il cibo, i vestiti, la benzina, il telefono, ecc. più gli interessi sul debito). Quell’euro (l’avanzo primario) va a pagare il debito che quindi da 106 euro passa a 105.
Oggi siamo 20 punti percentuali sopra le stime tra debito/Pil, e l'unione europea fa sapere che bisogna azzerare il deficit e rientrare ogni anno del 3% circa sul debito. Comunque tutti gli analisti concordano che se non si ottengono performance di avanzi primari dell'ordine del 5% l'Italia cadrà a picco. Basti pensare che nel 2009 il governo italiano è stato capace di prosciugare quasi tutto l'avanzo primario accumulato dal centrosinistra, riducendolo allo 0,6%.
Ascoltando il sindaco di Molfetta, sen. Antonio Azzollini nel corso di un confronto diretto con l’assessore regionale Guglielmo Minervini, nel quale lo stesso presidente della commissione Bilancio avrebbe chiesto di non affrontare temi locali (anche se poi, come il suo premier, ha prontamente smentito), sembrava che l’Italia fosse un Paese virtuoso che sta superando la crisi e che l’attuale manovra finanziaria sarà sufficiente a migliorare i conti. E via con la fabbrica delle illusioni. Fino a quando? Ha taciuto, però, il senatore il fatto che molte voci della manovra economica si basano su entrate (anche fiscali) presunte, mentre non si combatte una vera battaglia contro l’evasione, che con i governi Berlusconi è cresciuta: 150-200 miliardi di euro (miliardo più, miliardo meno) ogni anno. Dieci volte tanto la manovra correttiva che il governo ha varato colpendo, tanto per cambiare, i soliti noti mentre, ancora una volta, liscia il pelo ai furbi o, se vogliamo chiamarli con un aggettivo più consono alle loro pratiche, ai delinquenti. Sì, perché l’evasione, codice penale alla mano, è un crimine.
E anche sui tagli irrazionali dalla scuola alla ricerca, Azzollini ha trovato una giustificazione fatta solo di cifre sbagliate o lette solo in modo soggettivo. Per non parlare del federalismo che ucciderà il Sud, mentre lui, per ragioni di partito deve raccontare che sarà una fortuna per il Mezzogiorno.
E mentre l’Italia va a rotoli, il premier pensa a fare le gite in Russia dal suo amico comunista Putin (e poi critica i comunisti italiani!) e studia come sfuggire alla magistratura con processi brevi e simili. Ma fuori dal Palazzo crescono i disoccupati e i giovani senza futuro, col rischio di proteste di piazza e disordini sociali. Il regime berlusconiano, quando cadrà, lascerà solo macerie dietro di sé. E soprattutto la divisione del Paese, grazie al ricatto della Lega, che vuole la secessione, appoggiato dallo spesso premier.
Anche a Molfetta, il sindaco Azzollini parla di situazione finanziaria eccellente (non può fare brutta figura con i suoi colleghi di commissione a Roma) e afferma con manifesti e depliant che “stiamo cambiando il volto alla nostra città”. È proprio vero: in peggio. A cominciare dalle bancarelle dei fruttivendoli che ora vengono legalizzate per 10 anni, con il nuovo piano del commercio e con la costruzione di box a spese del Comune (serbatoi elettorali?), in una città senza regole dove ognuno può fare quello che vuole, magari anche piazzare un gazebo al centro del corso Umberto (come è avvenuto durante la festa patronale, con il “salotto” di Molfetta ridotto a un suk).
E che dire delle automobili che bruciano la notte? Autocombustione o colpa di qualche ragazzaccio in vena di scherzi, dicono. Ma la gente ha paura. E l’arredo urbano? Un disastro tra buche, fossi, cartelli pubblicitari dappertutto, giardini violentati, panchine distrutte: c’è solo da vergognarsi, altro che “principessa del Sud”, definizione di un giornale del Nord dietro contratto pubblicitario. Non parliamo della nuova zona Pip che prevede insediamenti produttivi in una area a rischio idrogeologico e del nuovo business del fotovoltaico, con possibili conflitti di interesse.
E poi il solito porto che non si farà mai e per il quale i cittadini pagheranno fior di quattrini per gli errori e le megalomanie altrui. Perfino Piazza Minuto Pesce, inaugurata con gite turistiche, non riesce ad essere aperta. Ma il sindaco pensa alla sistemazione delle bancarelle di frutta e verdura.
Ecco come cambia il volto di una città che non ha più identità, dove prevalgono gli interessi di pochi, la crisi si fa sentire pesantemente, mentre le speranze si fermano al portochenoncisarà.
QUINDICI – 15/10/2010
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Felice de Sanctis