FELICE DE SANCTIS
Tre i fatti rilevanti che hanno scosso un po’ il torpore di questa Molfetta addormentata e immobile, rassegnata all’autoritarismo nascosto esercitato dal duce romano e all’egemonia azzolliniana, a quel pensiero unico dominante, televisivo e berlusconiano, che normalizza tutti anche quelli che una volta erano combattivi, fino all’accettazione del peggio che può ancora venire e di cui ci sono tutti gli allarmanti segnali a Roma, come a Molfetta, salvo a svegliarsi troppo tardi come è accaduto 65 anni fa col fascismo.
Questa ignavia, come la definiva Dante, che si trascina da oltre 10 anni, ha avuto un sussulto con la vittoria di Nichi Vendola alle elezioni primarie per individuare il candidato alla presidenza della Regione Puglia. E Molfetta ha avuto un peso rilevante in questa consultazione popolare dando a Vendola oltre 2.000 voti di distacco (quasi l’89%) sul suo avversario Francesco Boccia, che si è dovuto accontentare di un modesto 10,8 per cento.
Ma è stata soprattutto la vittoria della partecipazione democratica con ben 2.628 cittadini che hanno detto “no” alle indicazioni del PD che invitava a sostenere Boccia. Un sussulto di questa portata non si ricorda dai tempi della prima vittoria di Guglielmo Minervini. Anche in Puglia gli oltre 200mila votanti rappresentano un dato significativo, soprattutto per il risultato quasi plebiscitario ottenuto dal governatore uscente.
Gli elettori del centrosinistra hanno dimostrato di voler essere protagonisti e non gregge come quelli del Pdl, confermando che le scelte a tavolino non funzionano e che il dirigismo comunista, risiede paradossalmente proprio nel “partito” di Berlusconi, che, a dispetto della sua campagna anticomunista, ha reclutato nelle sue file, oltre a buon parte del peggiore socialismo, quello craxiano, proprio la maggior parte di ex comunisti (compreso il nostro sindaco-senatore-presidente Antonio Azzollini).
E così è nata la stella Vendola non solo nel firmamento pugliese, ma anche in quello nazionale, l’Obama italiano, sicuramente l’unico politico del centrosinistra oggi in grado di creare problemi a Silvio Berlusconi e di contrapporsi al sultano del Pdl, anche sotto il profilo mediatico. E non è poco. Lo sa bene anche Massimo D’Alema il grande sconfitto di queste primarie, che si è speso più di tutti e in doti massicce e per questo ha perso la faccia insieme a Bersani, Enrico Letta e Franceschini. D’Alema, la “volpe del Tavoliere”, come lo definisce Luigi Pintor, ha visto naufragare il suo laboratorio politico pugliese che tentava di mettere insieme oltre al Pd anche l’Udc di Casini e il movimento “Io Sud” della Poli Bortone.
Ma, forse, sarebbe il caso di dire “morto il laboratorio, viva il laboratorio”, perché il caso Vendola, nato per essere il laboratorio della nuova politica dalemiana, si è rivelato il vero laboratorio di una vittoria possibile del centrosinistra sul Pdl, essendo oggi Nichi oggettivamente l’unico, piaccia o non piaccia (soprattutto a D’Alema), che finora, dopo Prodi, riesce a dare un’anima al centrosinistra e a battere il centrodestra.
L’altro episodio che ha scosso la città è quello della possibile riapertura dell’inchiesta sull’affondamento del peschereccio “Francesco Padre” con la speranza che si arrivi alla verità e che soprattutto – come Quindici chiede da oltre 15 anni nei quali ha pubblicato vari articoli e inchieste – venga restituita dignità ai 5 marittimi morti, accusati di traffico di armi ed esplosivi. La speranza è che anche questa Ustica molfettese, non finisca come il delitto Bufi, dopo la riapertura dell’inchiesta e due processi, rimasti senza colpevoli per la morte della povera Annamaria.
E infine, l’ultima notizia, di cui si occupa in modo più ampio e approfondito la nostra rivista mensile, e che ha indignato più di tutto la cittadinanza, è quella anticipata dallo scoop del quotidiano Quindici on line, inseguito affannosamente e maldestramente già dal numero di gennaio da altri giornali, che riguarda la rivelazione dei primi danni subiti dalla città per la realizzazione del nuovo porto dei sogni (e dei possibili debiti): il pagamento di 7,8 milioni di euro di risarcimento dovuti alla Cmc di Ravenna, per i ritardi nella prosecuzione dei lavori. E la città deve anche ringraziare la società appaltatrice che ha rinunciato, con questa transazione, all’iniziale richiesta di risarcimento di ben 22 milioni di euro.
Quello che Quindici chiede è da dove attingerà il sindaco Antonio Azzollini quest’ulteriore somma, dopo aver portato l’appalto da 57 a 63 milioni e aver incrementato il fondo fino a 80 milioni di euro? Li prenderà dal fondo, che diverrà così insufficiente oppure dal bilancio comunale?
In un caso e nell’altro li prenderà dalle tasche dei cittadini che, a fine lavori, pagheranno ritardi e costi aggiuntivi per una somma divenuta ormai insufficiente, per gli errori di mancata programmazione di un’opera inutile, come quella del ponte sullo Stretto di Messina, che serve solo a soddisfare l’egolatria, quel culto sfrenato del proprio io che contraddistingue i nefasti protagonisti della storia italiana e molfettese degli ultimi 15 anni.
QUINDICI – 15/2/2010
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Felice de Sanctis