La perversa logica del potere
Chi governa considera il Paese o la città, una sua proprietà, dove poter fare quello che gli pare, disprezzando i diritti fondamentali di quei cittadini che hanno scelto di essere liberi e non servi
15/10/2009
Tutti ci promettono stabilità, sicurezza di un futuro senza accelerazioni cardiache, quando si avvicina la scadenza contrattuale. Beh, siamo carne da macello e la cosa triste è che molti di noi daranno il voto a chi gli promette queste cose, senza cuore, ma con il cinismo di chi è affamato di consensi necessari per occupare la fatidica poltrona... Per me non è una tutela per esempio avere un contratto da 5 ore, se, per raggiungere uno stipendio decente, devo trovarmi un lavoro in nero; infatti, nessuno ti darà mai un part-time da 3 ore per non superare le 8, ma puoi fare, in alcuni casi, turni da 13 ore e morire in fabbrica. Non è una tutela avere un limite di 4 rinnovi se al 4° rinnovo si viene inevitabilmente licenziati, o come prima, al 24° mese! Sono solo sistemi per ingannare la gente e favorire le aziende, essendo consapevole che ci sono aziende veramente in difficoltà, ma che in questi anni i profitti di quelle grandi, sono spesso cresciuti a dismisura... Gli anni passano e le possibilità diminuiscono. Non è questa la flessibilità, la mobilità, questo è precariato premeditato! Nell'emergenza i furbi diventano ricchi... Il precariato è il dramma del nostro tempo, perché uccide lentamente la fede nel futuro e la conseguente possibilità di creare la società costituzionalmente fondante il nostro Stato, cioè la famiglia. Abbiamo raccolto queste affermazioni disperate un po’ in giro anche sulla rete. Nasce di qui l’idea di realizzare l’inchiesta sul precariato che trovate in questo numero. In particolare quello della scuola, che il governo sta distruggendo con leggi assurde e soprattutto con i tagli del «ragionier» Tremonti che, per nostra sfortuna è tornato a fare il ministro dell’economia a colpi di condoni e di regali per gli evasori fiscali. Ottenesse almeno risultati positivi il nostro genio della finanza creativa! In realtà, finora abbiamo assistito solo a danni, anche perché il governo Berlusconi pensa solo a tutelare gli interessi privati del premier e non quelli generali dei cittadini. Nello scorso numero ci siamo soffermati sul pericolo per la democrazia di un capo del governo che non accetta critiche, che vuole il controllo completo della stampa (meno male che ci sono migliaia di piccoli giornali a raccontare la verità ai cittadini italiani) col rischio di trasformare un Paese democratico in una dittatura. Ora vediamo che le cose stanno peggiorando e continuiamo a mettere in guardia i cittadini dal farsi condizionare dalle tv, tutte di proprietà o sotto controllo del premier, invitandoli a ragionare con la propria testa, prima che la situazione possa precipitare. Il premier considera l’Italia una sua proprietà, una sua azienda, dove può fare quello che gli pare senza controllo e soprattutto disprezzare i diritti fondamentali di quei cittadini che hanno scelto di essere liberi e non servi (questi ultimi non fanno testo, anche perché il padrone poi decide di sbarazzarsene quando vuole, gettandoli nella pattumiera, dimostrando così di considerarli meno che oggetti di uso e consumo). Del resto anche a Molfetta c’è chi vorrebbe governare senza ostacoli, eliminando le critiche e azzerando la pur debole opposizione di centrosinistra che va ancora alla ricerca di un’identità e di un leader. E forse, questo è il problema più importante di una sinistra sempre divisa, lacerata da inutili diatribe che per tentare di fare il partito, ha dimenticato il contatto con la gente e i suoi reali problemi quotidiani, mentre un gruppo di «nostalgici del ‘94» si riunisce in un cenacolo alla ricerca della verginità perduta, dimenticando le responsabilità di chi, fra loro, si considera «duro e puro», pur avendo, forse, più colpe di altri, che si sono messi in gioco, che «ci hanno messo la faccia» in tutti i campi, mentre i «soloni» parlavano dal tempio e giudicavano, senza mai esporsi in prima persona. Alla fine col vizio di criticare e demolire tutto, sono rimaste solo le macerie e su quelle rovine regna incontrastato il signore di Molfetta. La vicenda dell’Asm è sintomatica al riguardo. Il sindaco ha silurato il suo valvassore Francesco Nappi che, dopo tanti giri di valzer e cambi di casacca, gli aveva giurato fedeltà in cambio di prebende, presto arrivate con l’incarico di presidenza. Poi, il padrone, ha deciso di buttarlo via da un giorno all’altro senza motivo (Azzollini, come Berlusconi non risponde alle domande in merito formulategli da Quindici) e lui, in silenzio, lo ha quasi ringraziato, senza replicare. E al suo posto è stato insediato il fedelissimo Pasquale Mancini che, conscio del suo destino, già proclama: «non durerò molto all’Asm», e quasi a mascherare questa convinzione, aggiunge una giustificazione improbabile: «perché sono scomodo», peccato che non ce ne eravamo accorti. È questa la perversa logica del potere che accontenta tutti con qualche piatto di lenticchie e così tanti si fanno servi. Ricordate le parole di Maria Antonietta, finita male con la Rivoluzione francese, a chi le diceva: Maestà, il popolo ha fame e non ha il pane da mangiare? Pronta risposta: Dategli delle brioches. Oggi Silvio Berlusconi a chi gli dice, riferito ai terremotati dell’Abruzzo: Sire, il popolo non ha case in cui stare e si muore nel caldo delle tende, risponde con convinzione: Mandatelo in crociera! Aveva proprio ragione il grande Montanelli: La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi. ©Riproduzione riservata Quindici 15/10/2009
Felice de Sanctis
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