L'Ad di Microsoft Italia «Così il digitale aiuta le Pmi»
Puglia culla aziende digital, ma alla regione va il primato delle start up che chiudono
16/05/2016
FELICE DE SANCTIS La strada della competitività per le Pmi (Piccole e medie imprese) del Mezzogiorno e di Puglia in particolare, passa obbligatoriamente dalla sfida della trasformazione in impresa digitale. Oggi la Puglia è la regione meridionale con il numero più alto di imprese in rete: ha raggiunto quota 740 superando Abruzzo (661) e Campania (622). Viceversa però, la Puglia e l’Abruzzo registrano un primato negativo: sono le regioni meridionali con il maggiore tasso di mortalità delle start-up (rispettivamente il 20,0% per la Puglia e il 19,8% per l’Abruzzo sono le percentuali di cessazioni tra le nuove imprese costituite tra il 2009 e il 2013). Di qui l’interesse di Confindustria ad assistere le imprese nel processo di digitalizzazione. Domani mattina a Bari, nella sede di Confindustria ci sarà la decima tappa di #territoridigitali, roadshow nazionale patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico e rivolto alle Pmi attive nell’intero territorio regionale e organizzato in collaborazione con Confindustria Puglia e con il patrocinio del Comune di Bari, Infocamere e Confindustria Bari e Bat. All’iniziativa parteciperanno il sindaco di Bari Antonio Decaro, Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, Domenico Favuzzi, presidente di Confindustria Puglia, Paolo Ghezzi, direttore generale Infocamere. Ad animare l’incontro sarà l’ing. Carlo Purassanta, 43 anni, laurea in ingegneria gestionale, nella sua veste di presidente Steering Committee Piattaforme di Filiera per le Pmi di Confindustria Digitale e responsabile nazionale del progetto #territoridigitali. Purassanta, è l’amministratore delegato di Microsoft Italia, ha lavorato nella filiale francese della società con la carica di direttore della divisione servizi. Prima di entrare in Microsoft ha lavorato per 14 anni in Ibm guidando diverse aree di business in Francia e in Europa. Ing. Purassanta, la trasformazione digitale è una strada obbligata per rispondere alle sfide del business e aumentare la competitività delle imprese, anche delle Pmi? «Oggi, il digitale rappresenta una vera leva per la competitività delle piccole e medie aziende. Lo dimostrano dati e ricerche che evidenziano come le organizzazioni che investono maggiormente in tecnologie ottengono maggiori ricavi e un impatto positivo sull’occupazione. In un tessuto imprenditoriale come quello italiano, l’introduzione del digitale comporta un maggiore efficientamento dei processi e la possibilità di raggiungere prima e meglio nuovi mercati e nuovi clienti con tutti i prodotti e servizi tipici del nostro Paese e che tutto il mondo ci chiede». Quali ostacoli e difficoltà ci sono per l’innovazione digitale a innestarsi nelle rete locale soprattutto al Sud per le Pmi? «Spesso il digitale viene visto dalle imprese come un costo o come qualcosa di difficile da utilizzare. Ma non lo è affatto: le tecnologie oggi sono diventate sempre più semplici e potenti e la conoscenza di questi strumenti è formidabile, soprattutto da parte dei giovani. Il tour Territori Digitali ci ha portato in molte città d’Italia, ma l’entusiasmo e la voglia di abbracciare i vantaggi del digitale è stata molto forte nelle città del Sud a conferma di quanta voglia ci sia di accelerare la ripresa economica e il cogliere nuove opportunità che vengono proprio dal digitale». La digitalizzazione comporta anche la necessità di cambiare il modello di business, magari con soluzioni su misura? «Il digitale richiede di ripensare ai modelli di un’azienda che si trova a confrontarsi con tutto il mondo e con organizzazioni che possono arrivare e stravolgere le regole del mercato. Oggi, casi come Uber, Airbnb e altri hanno cambiato profondamente mercati tradizionali con modelli di business innovativi e interamente basati sul digitale. Per questo ogni azienda deve ripensare a come opera e come può trarre tutti i vantaggi dal digitale per continuare a crescere o per trovare magari nuove opportunità di sviluppo. In Territori Digitali affrontiamo tutti questi temi con esperti di settore che possono fare un vero e proprio coaching alle aziende presenti agli eventi». Digitalizzarsi vuol dire inserirsi in un sistema cloud, ma le Pmi hanno i propri sistemi, come faranno ad adeguarsi? «Oggi le tecnologie cloud sono così evolute che collaborano con tutti gli strumenti già presenti in azienda, anzi spesso li rendono ancora più potenti, visto che sfruttano capacità di calcolo ed elaborazione che stanno proprio nella “nuvola” e che sono sostenute da grandi aziende che investono per renderle sempre più performanti e sicure. Anche le piccole e medie aziende possono oggi accedere a tecnologie cloud che una volta erano solo appannaggio di grandi organizzazioni. Il potenziale dietro a questa possibilità è immenso e le nostre PMI devono essere in grado di coglierlo. Ecco perché abbiamo organizzato in Confindustria Territori Digitali che vuole proprio aiutare le PMI a capire come ottenere tutti i vantaggi del cloud». La digitalizzazione aiuta ad abbattere i costi, ma riduce l’occupazione, soprattutto quella over 50. Che effetto avrà sull’occupazione? Necessità di riconvertire il personale o assumere giovani? «Il dibattito sull’impatto del digitale e l’occupazione è aperto, ma fino ad oggi il bilancio è a favore del lavoro, ovvero il digitale oggi apre nuove opportunità per i giovani e per tutti più in generale di trovare una possibilità di impiego. Il tema da toccare riguarda proprio le competenze. Il mercato oggi del digitale è in fermento e spesso le aziende del settore e non solo non trovano le risorse con le giuste competenze. In Europa, mancano circa 900.000 professionisti IT cercati da organizzazioni pubbliche e private. Esperti di dati, cloud, social media, marketing digitale oggi sono le figure più ricercate e dobbiamo lavorare per fornire, fin dagli anni scolastici, le giuste competenze per fare in modo che i nostri giovani possano trovare un’occupazione. Per le altre fasce di età, è importante riuscire a riqualificarsi con corsi e training che potranno aggiungere grande valore all’esperienza professionale maturata». La Puglia pur avendo il maggior numero di imprese in rete, registra anche il maggior numero di mortalità delle start-up (che dovrebbero essere quelle più digitali), che vuol dire questo? Come invertire la tendenza? Cosa serve ad un’azienda per diventare subito digitale? «Sono particolarmente felice di sapere che c’è il più grande numero di startup in Puglia a conferma del fermento del territorio. Fare startup in molti Paesi nel mondo significa anche provare e sbagliare, cercare di trovare l’idea vincente e nel frattempo dare occupazione ai giovani. In Italia, c’è ancora bisogno di lavorare su questi concetti, una startup che non funziona non vuol dire fallimento, ma opportunità di crescita e di capire come far funzionare un business o un’idea. Oggi, grazie alle tecnologie a disposizione un’azienda può essere digitale in pochissimo tempo: aprendo un canale web, creando un’applicazione, analizzando dati in tempo reale o raggiungendo milioni di clienti in tutto il mondo con un click. Territori Digitali è anche tutto questo. Non ci rivolgiamo solo alle aziende tradizionali per far capire il valore delle tecnologie per farle crescere, ma ci occupiamo anche di imprese innovative e capire come crearle e sostenerle nel tempo, spesso creando ponti tra organizzazioni già consolidate e giovani che hanno voglia di dare il loro contributo e con forti competenze digitali». La Gazzetta del Mezzogiorno 16/5/2016
Felice de Sanctis
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