Decreto salva banche o salva risparmio?
20/02/2017
FELICE DE SANCTIS E’ stato varato recentemente il decreto salva banche che risponde alla direttiva europea del cosiddetto bail-in che cambia radicalmente la posizione del correntista bancario che, in caso di difficoltà finanziarie dell’istituto, può diventare compartecipe delle perdite. Prima di questa direttiva la prassi ha portato a utilizzare il meccanismo del bail-out. In caso di salvataggio di una banca sono intervenuti gli Stati e quindi indirettamente tutti i contribuenti (che hanno pagato attraverso l’aumento delle tasse il surplus di deficit necessario per salvare l’istituto). Questo ha contribuito, ad esempio, a far aumentare tra il 2008 e il 2012 il debito/Pil dell’Eurozona oltre l’80%. Ma i consumatori oggi si chiedono quanto questo decreto sia anche salvarisparmiatori, perché la crisi economica ha indebolito il loro rapporto di fiducia con gli istituti di credito. Nell’ultimo sondaggio Adusbef del 2016, alla domanda “Quanta fiducia ha nelle banche?”, il 4% ha risposto “molta”, il 5% “abbastanza”, il 7% “poca”,l’84% “nessuna”: in pratica, aggregando i dati, il 16% dei consumatori nutre “molta” o “sufficiente” fiducia nelle banche, l’84 % “poca” o “nessuna”. Tempo fa anche una ricerca condotta dall'istituto di Pagnoncelli sul contributo che il sistema bancario sembra dare all'economia italiana, dette risultati non incoraggianti: il 27% dei cittadini non sa o non vuole pronunciarsi; il 38% ritiene che sia un freno allo sviluppo del Paese; mentre solo il 14% pensa che contribuisca in modo efficace e infine il 22% è neutrale, cioè ritiene che non incida né in positivo, né in negativo. La crescente sensazione di impoverimento, la fatica a mantenere il proprio tenore di vita sta incrinando questa fiducia, perché i risparmiatori hanno la sensazione di essere meno tutelati e sono dubbiosi nelle scelte di investimento. Anche il mattone non dà le certezze di un tempo, perciò si preferisce la liquidità o una timida ricerca di investimenti sicuri. Alla fine si sceglie il mattone, nel senso della mattonella, dove tenere il denaro. Insomma, si sceglie la liquidità, anche in considerazione della bassa remunerazione del denaro. Dal canto suo il potere legislativo, ma anche quello esecutivo, danno l'impressione di avere una preferenza per le banche, motivandola con la necessità di difendere il risparmio. E così si rischia di passare da un'economia di mercato a una di tipo protezionistico alla Trump. E i cittadini non lo accettano mentre i movimenti populistici ci speculano su. Viviamo in un'epoca di cambiamento, nella globalizzazione che modifica i processi economici. Anche le tecnologie modificano i modi di pensare, le necessità e i bisogni. I clienti restano comunque i terminali ultimi dei processi della produzione e delle attività finanziarie. Ai loro nuovi bisogni occorre dare risposte: vogliono più servizi e pretendono di essere assistiti con proposte e soprattutto soluzioni. Cosa chiedono i consumatori? Informazioni semplici e chiare (a chi investe spesso, viene spiegata loro solo la parte positiva di un prodotto, non i possibili effetti negativi). E così il cliente si interroga sul suo rapporto con la banca. Ecco perché occorre maggiore trasparenza del mercato (gli operatori devono fornire le informazioni per una scelta consapevole), ma anche un'educazione del consumatore in questa materia. Il Sud in questo scenario di sfiducia è quello che registra la percentuale più alta, anche se il Mezzogiorno è quello che ha più bisogno del credito bancario per crescere. Le misure governative in materia non sono ancora sufficienti e si torna a parlare di quella Banca del Mezzogiorno istituita dal ministro Tremonti del governo Berlusconi e rivelatasi un mezzo fallimento: ha erogato più credito ai grandi gruppi che alle piccole imprese. Poi è stata gestita dalle Poste con prestiti ai propri dipendenti dietro cessione del quinto dello stipendio. Infine ceduta a Invitalia, agenzia di attrazione degli investimenti ed è ancora lì. Ha senso riproporla. È una soluzione o una presa in giro? In una situazione di crisi generale e di giudizio negativo verso il sistema bancario, pur in presenza di segnali di cambiamento, il consumatore non riesce ancora a percepirli e mantiene un pregiudizio negativo. Di qui la necessità di un'inversione di tendenza, difficile da realizzare in tempi di crisi. Ma il recupero di fiducia è indispensabile e importante per convincere i risparmiatori ad uscire dall'attuale preferenza per la liquidità, che non è certo il miglior vólano per l'economia. La Gazzetta del Mezzogiorno 20/2/17
Felice de Sanctis
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