Titoli di Stato, incognita Cac
Sulle emissioni dal 2013 i governi possono cambiare le condizioni
30/10/2013

I Titoli di Stato sono stati sempre considerati un risparmio sicuro per l’investitore prudente. Esiste anche un vecchio detto di Borsa che sostiene che se “con le azioni si mangia bene, con le obbligazioni si dorme bene”. Le turbolenze sui mercati dell’Eurozona e le oscillazioni dello spread hanno cambiato un po’ questa filosofia, soprattutto dopo che, dal 1° gennaio di quest’anno, sono state introdotte le Cac (Collective action clauses), una sorta di clausole “vessatorie” obbligatorie ai sensi del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità. La decisione e dello scorso dicembre, quando il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 11 giorni dopo.

Vediamo cosa sono queste misteriose “clausole di azione collettiva” delle quali i giornali hanno palato poco.  Si tratta di clausole, inserite nei prospetti o nei regolamenti dei titoli di Stato di nuova emissione, che permettono a uno Stato in difficoltà di ristrutturare il proprio debito. E come avviene questo? Con l’allungamento delle scadenze, la riduzione dei tassi o la proposta di scambio con altre obbligazioni, attraverso una procedura prestabilita, ma semplificata, che consente di raggiungere in minor tempo un accordo con la maggioranza dei creditori. 
Una scelta obbligata, che non si applica a tutti i bond governativi ma solo per quelli emessi dal 1 gennaio 2013 con scadenza superiore ai 12 mesi. Lo stesso trattato prevede la possibilità di esentare fino al 45% delle future emissioni dalle clausole di azione collettiva. Questo vuol dire che, in teoria, i risparmiatori avrebbero la certezza di riavere almeno il 55% del capitale investito. Una magra consolazione, che permette almeno di non perdere tutto il capitale.
Questa novità non da poco deriva da decisioni contenute nel meccanismo salva-Stati messo a punto recentemente dalle autorità europee. In caso di crisi, un Paese della Ue può rifiutarsi di adempiere al pagamento del capitale investito, se almeno il 75% dei creditori è d’accordo. Se si tiene presente che questa percentuale elevata corrisponde ai grandi investitori come le banche, le società assicuratrici e gli enti di previdenza, si può ben dedurre che questi ultimi, su pressione dei governi, potrebbero essere d’accordo a sospendere i pagamenti, col risultato che a rimetterci siano i piccoli risparmiatori.

Un consiglio? Siccome questa clausola Cac è riferita solo alle obbligazioni emesse nel 2013, chi vuole evitare questo pericolo, può sempre affidarsi alle vecchie emissioni. Così la Cac non potrebbe essere esercitata e l’intero capitale sarebbe al sicuro.

Felice de Sanctis

La Gazzetta del Mezzogiorno – 30.10.2013

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