Come sarà freddo l’autunno
Disoccupazione-incubo
13/08/1993 11:57:00
Sembra un drammatico crescendo rossiniano: 500mila persone in cerca di lavoro nei primi tre mesi del ‘93; un milione due mesi dopo; tre milioni oggi. In gran parte giovani, i due terzi del Sud. Di fronte a questa escalation della domanda, l’industria non solo non offre nuove possibilità, ma licenzia. Solo nel settore metalmeccanico sono andati perduti oltre 80mila posti nel ‘92 ed almeno altrettanti se ne prevedono per quest’anno. La cassa integrazione, a giugno, ha avuto una crescita del 19,8%. La produzione industriale è scesa, nei primi 5 mesi del ‘93, del 7,2% (solo a giugno è calata del 4,4%). Per il futuro ben il 40% delle aziende punta ad una riduzione di personale. Meno male che, grazie alla svalutazione della lira e al calo dei tassi l’export ha ridotto le perdite. E’ questo il panorama sconvolgente dell’occupazione e della recessione nel nostro Paese: la crisi più pesante dal dopoguerra che coinvolge in primo luogo 1’industria, settore portante della nostra economia. Finora sembrava che il problema più grave del Paese fosse l’enorme debito pubblico: viaggia ormai verso i due milioni di miliardi. Ma la recente analisi di Mediobanca ha tolto il velo anche all’industria privata, rivelando perdite per 11mila miliardi e debiti che hanno superato i 200mila miliardi. Quest’anno sarà peggio. Di ripresa non si parla. Solo qualche analista, più coraggioso di altri, si spinge ad ipotizzare un miglioramento fra un anno. Il che vuol dire un rilancio dell'occupazione almeno fra un anno e mezzo. Sarà possibile allora riassorbire interamente i disoccupati espulsi dal mercato del lavoro? Non facciamoci illusioni. Molti resteranno fuori per sempre. Sia perché le aziende di fronte alla crisi si sono attrezzate per lavorare con meno gente, sia perché l’evoluzione dei gusti e dei consumi, ha cancellato alcuni prodotti dal mercato. Poi c’è la difficoltà di «riciclare» questi lavoratori (soprattutto i «colletti bianchi», quadri e dirigenti) che, con un’età compresa fra i 40 e i 50 anni, hanno problemi ad aggiornarsi o a riqualificarsi. Bisognerà anche modificare mentalità in futuro: cambieremo lavoro. La Gazzetta del Mezzogiorno – 1ª pag. 13.8.93
Felice de Sanctis
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