Caccia all’affare sul web
Il fenomeno del crowdfunding per chi ha fiuto. Ma attenti alle truffe
30/10/2013

FELICE DE SANCTIS

Le banche non finanziano più progetti e investimenti? Ecco trovata la soluzione: il crowdfunding, un termine inglese difficilmente traducibile, ma che letteralmente significa “finanziamento dalla folla”.
In Italia è ancora poco conosciuto, ma in Francia, Olanda e Regno Unito funziona già da qualche tempo ed è un fenomeno in crescita che può essere paragonato allo sviluppo del social web, di cui il crowfunding è una derivazione.
Vediamo di che si tratta. E’ la possibilità di raccogliere fondi on line, magari partendo dalla propria rete di contatti, amici, follower, con l’obiettivo in genere per finanziare campagne di beneficenza, progetti creativi, venture capital, start-up e progetti imprenditoriali e anche microprestiti. Insomma, una sorta di microfinanza che aggrega tante piccole somme che, messe insieme, fanno la differenza.
Così più persone (folla o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di piccola entità, per finanziare un progetto utilizzando siti internet, piattaforme e portali, e ricevendo in cambio una ricompensa.
Il cuore del crowdfunding è rappresentato dal concetto di “coda lunga”, un termine molto diffuso nel web: la Long Tail, frase coniata da  Chris Anderson, indica una strategia di vendita al dettaglio, che fa riferimento ad analisi statistiche, per cui si predilige vendere un gran numero di oggetti unici in quantità relativamente piccole di ogni oggetto venduto, rispetto a vendere un numero esiguo di elementi popolari in grandi quantità.
Un esempio abbastanza conosciuto di coda lunga è rappresentato dal fenomeno Amazon relativo alle vendite on line. In pratica, prodotti a bassa richiesta o con un volume scarso di vendita, si trasformano in prodotti molto richiesti se il canale di distribuzione (appunto la rete) è abbastanza grande.
L’Italia, a differenza di altri Paesi, si è dotata di una normativa specifica relativa all’equity crowdfunding per permettere alle piccole imprese, che hanno difficoltà ad avere finanziamenti dalle banche, ma anche alle start-up, alle imprese nascenti, alle quali, specie al quelle innovative, sono dedicate alcune norme del decreto legge n.179/2012 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n.221), il decreto crescita bis che sfrutta le potenzialità di internet.
Le piattaforme di crowdfunding permettono di ridurre le difficoltà e i costi aggiuntivi, rendendo il processo più possibile per tutti, permettendo di contribuire al progetto anche con pochissime decine di euro. Un insieme di tanti giudizi individuali distribuiti nella rete, aiuta a valutare un business plan e testare un prodotto sul mercato, attraverso un processo di fiducia reciproca presente sul web.
Un modello alternativo di finanziamento e per la formazione di capitale, che però, nel caso dell’investimento in start-up innovative, presenta caratteristiche particolari e rischi economici più elevati rispetto agli investimenti tradizionali. Infatti, non c’è una storia, né un riferimento ad un settore, non ci sono risultati o utili da presentare, né dividendi da offrire, ma solo un’idea e il progetto per realizzarla. Infatti, acquistando titoli di capitale si diventa soci della start-up e si partecipa per intero al rischio economico anche quello di perdere l’intero capitale investito.
Tra l’altro la legge italiana ha messo giustamente il dividendo di distribuire utili per 4 anni, permettendo così che gli eventuali profitti siano reinvestiti nella società, accrescendo così il valore della partecipazione e consolidando l’impresa, che godrà, però, di un trattamento fiscale di favore.
C’è anche il rischio di “illiquidità”, perché questi strumenti finanziari non essendo negoziabili in mercati organizzati, potrebbero risultare difficili da liquidare o comprenderne il valore reale. Non è escluso il pericolo di iniziative illecite o truffe, per cui, pur apprezzando il crowdfunding, occorre procedere con cautela.

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La Gazzetta del Mezzogiorno – 30.10.2013

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