«Mia madre gli disse: mi raccomando Enzolino. Arrossii come un bambino»
IL RICORDO DI ANDREOTTI – Parla Enzo de Cosmo, tra i pugliesi più vicini
07/05/2013

FELICE DE SANCTIS

«Sono andato a trovarlo a Roma a Palazzo Giustiniani due anni fa in occasione del suo 92° compleanno. L’ho trovato a scrivere come in una giornata normale. Gli ho formulato gli auguri nella formula consueta: lunga vita fino a 100 anni. E lui, di rimando, alzando la testa verso di me, mi ha risposto, serio: caro Enzo, non mettere limiti alla Provvidenza».

È il ricordo immediato di Giulio Andreotti, morto ieri a 94 anni che fa alla “Gazzetta” Enzo de Cosmo, deputato, senatore e sindaco di Molfetta negli anni d’oro della Democrazia Cristiana. All’epoca è stato uno dei parlamentari più vicini allo statista Dc, insieme con l’on. Antonio Matarrese.

Quando ha conosciuto Giulio Andreotti?

«Negli anni 70 quando fui il primo democristiano di Terra di Bari ad abbandonare la corrente morotea per passare a quella di Colombo e Andreotti».

Perché questa decisione?

«Allora eravamo tutti morotei, io a 27 anni mi candidai alla Regione, ma fui il primo dei non eletti per una manovra elettorale ad opera di un altro candidato. Feci ricorso alla magistratura, ma Moro mi chiese di soprassedere. Così la mia reazione fu quella di abbandonare il gruppo e passare con questa nuova corrente che a Bari faceva capo a Lattanzio, ma conservai ottimi rapporti con Moro. La corrente poi si divise e io mi schierai con Andreotti, mentre Lattanzio scelse Colombo. Così mi ritrovai, negli anni 73-74, ad essere un po’ il referente di Andreotti e di quel gruppo al quale aggregammo oltre a Matarrese, anche Quarta e Caroli. Questo fece aumentare la considerazione del presidente nei miei confronti e nel 1976 fui candidato alla Camera ed eletto. Un periodo difficile, anche allora, come oggi, non si riusciva a fare un governo e si cominciò a parlare di larghe intese con i comunisti e del governo della solidarietà nazionale o della non sfiducia che fu affidato proprio ad Andreotti, il democristiano più anticomunista. Ma la Dc pagò il prezzo dell’accettazione della linea della fermezza con le Brigate Rosse, che poi costò la vita allo stesso Moro. I comunisti, pur non entrando nel governo, dettero l’appoggio esterno e votarono a favore della Nato».

Che ricorda di quegli anni, quale fu il ruolo di Andreotti?

«Mantenne la barra dritta su questa linea, anche se soffrì non poco per la vicenda del leader pugliese prigioniero dei terroristi e invitò tutti noi giovani deputati a restare fedeli all’impegno assunto con Berlinguer».

Andreotti venne in visita per due volte a Molfetta.

«Sì una prima volta durante il sindacato di Beniamino Finocchiaro e sorprese tutti quando dimostrò una grande cultura e soprattutto la conoscenza di episodi storici che gli stessi molfettesi ignoravano. Nel discorso ufficiale disse che il primo natante in acciaio che aveva attraversato il canale di Suez era di Molfetta. La seconda volta il presidente, dopo le cerimonie e i discorsi di rito, espresse un desiderio: andare sul porto a stringere la mano ad uno ad uno a pescatori e marinai, che rimasero impressionati dalla sua cortesia ed umiltà».

Ha qualche debito politico nei confronti di Andreotti?

«Certamente la sua vicinanza mi ha agevolato, anche nella nomina di presidente della commissione industria del Senato. In una delle due visite a Molfetta, mia madre rivolgendosi a lui disse: presidente mi raccomando Enzolino. E lui sorrise bonariamente, tranquillizzandola: stia tranquilla, è una persona capace!, facendomi arrossire come fossi stato un bambino. Poi fui nominato consigliere di amministrazione della Finmare, ma, appena eletto senatore, mi dimisi da quell’incarico e Andreotti apprezzò. Come apprezzò la volta che, in vista della candidatura al Senato, a differenza di quanto avviene oggi, mi dimisi da sindaco di Molfetta, per non mantenere il doppio incarico».

Come era visto il suo rapporto con lui all’esterno del partito?

«Lui era un uomo di potere e io ero ritenuto, forse esageratamente, un suo grande amico. Per cui molti grossi personaggi venivano a chiedermi di intercedere presso di lui per qualche incarico. Andreotti aveva una grande curiosità e si informava di tutto. Aveva un’intelligenza straordinaria e capiva le situazioni prima degli altri e riusciva sempre a trovare le soluzioni».

Quest’affermazione di Enzo de Cosmo ci ricorda la frase del vignettista dell’Unità Fortebraccio (Mario Melloni): «Con Andreotti non vado d’accordo su nulla, ma mi piace perché ha capito tutto».

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 La Gazzetta del Mezzogiorno – 7.5.2013

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