NEW YORK - Strade semideserte, negozi chiusi (in qualche caso ci sono i sacchetti di sabbia a difesa degli ingressi), traffico quasi inesistente, la paura ha il sopravvento sabato mattina a New York. Tutti chiusi in casa o fuggiti in posti piu' sicuri. Una citta' irriconoscibile ai suoi abitanti e soprattutto ai turisti, che hanno conosciuto la caotica, viva e palpitante Grande Mela, che non dorme mai, e che ora sembra essersi fermata, quasi in catalessi, in attesa dell'ignoto impatto con Irene, l'uragano annunciato, ma del quale e' impossibile prevedere i possibili danni. Ci si difende da un nemico della natura, la cui forza e' difficile da misurare.
Questo il clima che si respira dappertutto, perfino il silenzio circostante contribuisce a rendere surreale quest'aria quasi ovattata. Prevale la prudenza, ma la paura si allarga e si trasmette anche negli scambi di telefonate che si susseguono. Forse solo le linee telefoniche sono intasate: ognuno cerca conforto e tranquillità nel parente o nell'amico.
Il fuso orario (qui ci sono 6 ore in meno dell'Italia) fa la differenza con l'immagine di ieri, quando al turista distratto sembrava tutto tranquillo: la gente passeggiava per strada, i negozi erano pieni e il traffico non concedeva tregua.
Ma dietro questa apparente tranquillità si nasconde la paura e un senso diffuso di ansia: le tv trasmettono in continuazione le raccomandazioni per l'Irene day, perfino sui taxi, il piccolo video piazzato sul retro dello schienale anteriore, non trasmette piu' la solita pubblicita', ma le immagini dei tg che parlano di evacuazione di intere zone, blocco dei trasporti. Se entri in uno degli "store" alimentari, pero', non vedi gente che fa scorta di viveri, solo qualche torcia tascabile. Ma se ti avvicini a qualcuno, senti parlare solo dell'uragano previsto per domenica. Qualche commerciante più previdente copre le vetrine con pannelli di cartone e compensato per proteggerle, rinforza le insegne o le finestre, come avviene a Little Italy.
E gli italiani, numerosissimi in questi giorni a New York si alternano fra chi vive con ansia questi momenti, soprattutto chi ha un aereo in partenza tra domenica e lunedì (saranno cancellati molti voli) e chi invece minimizza: "i giornalisti esagerano sempre". C'e anche una studentessa di Taranto che piange: "lunedì ho la prova di ammissione alla Facoltà di Medicina, ma il volo di domenica rischia di essere cancellato e non faro' in tempo, sono disperata".
Ma qui dal 1985 non si ricorda un "hurrricane" sulla città e si vedono operai intenti a smontare le gru, o a mettere in sicurezza i cantieri come a Ground Zero. A Times Square la gente guarda i grandi schermi tv che prima ignorava per l'eccessiva pubblicità e ascolta il messaggio del presidente Obama che cerca di rassicurare gli americani, ma non nasconde il pericolo. Dalla costa si notano carovane di auto che lasciano la città per luoghi più sicuri.
Dopo la scossa di terremoto di qualche giorno fa che ha visto la gente correre per strada, con scene di panico: qui nessuno ha dimenticato la tragedia delle torri gemelle e ogni fenomeno "strano" viene vissuto con angoscia. Passeggiavamo a Washington davanti alla White House, la guida ci spiegava che il presidente non era all'interno perché in vacanza con la famiglia e all'improvviso la terra ha tremato, come se sotto fosse passato un treno della subway, la metropolitana, a grande velocità, la polizia di scorta ha fatto allontanare tutti i turisti, transennando la zona, sono apparsi uomini armati sui tetti della residenza presidenziale, che si guardavano intorno per capire se si trattasse di un attentato. E il panico si diffondeva fra i turisti (anche se c'era chi si improvvisava fotoreporter e scattava foto in sequenza), ma anche gli impiegati del Campidoglio e dei ministeri vicini venivano fatti scendere per strada. Tutti guardavano verso il cielo per la presenza di elicotteri che sorvolavano l'area: si temeva un pericolo e qualcuno raccontava di quel maledetto 11 settembre, lui c'era, anche se qui non e' considerato un privilegio.
Torniamo ad Irene (chissà perché questi paurosi fenomeni della natura hanno graziosi nomi di donne, ci si chiede in giro): le notizie sono già su tutti i media del mondo e dall'Italia arrivano messaggi preoccupati dai parenti. I telefoni squillano in continuazione: "fate attenzione, non uscite per strada, chiudetevi in albergo, ma a piano terra, non nella stanza al 25simo piano che vi hanno assegnato". Anche alcuni nostri parenti americani sono in ansia per noi: attenzione, l'uragano e' una cosa terribile, non lo sottovalutate, voi non lo conoscete, noi sì e abbiamo paura. Rifugiatevi da qualche parte, non andate in giro.
Il ministero degli esteri italiano intanto annuncia che fornirà assistenza ai concittadini presenti a New York e sui telefonini arriva un messaggio: "MAE. Controllare zone evacuazione a NY per Irene su
www.nyc.gov. E con autorità locali. Telefono Consolato Generale NY: 2127379100, cell. 917294881. Unita' di crisi".
Allora la cosa e' seria e ci prepariamo al peggio: da oggi alle 12 per 48 ore, la città è paralizzata, senza mezzi di trasporto. Chiediamo al tassista che ci porta in albergo, se lui lavorerà.
"Se mi dite a che ora volete essere trasportati, vengo a prelevarvi". Ma non hai paura?chiediamo. "Certo, come tutti, anche se non lo danno a vedere, ma mia moglie e' rimasta disoccupata e ho bisogno di lavorare perché ho 4 figli piccoli. E in questi casi, la necessita' e' più forte della paura. Ecco l'altra faccia dell'America: la crisi economica si fa sentire, ed e' pesante. Questo uragano proprio non ci voleva, dopo il terremoto, sembra un inspiegabile castigo di Dio.
La Gazzetta del Mezzogiorno 28.8.2011