Voglia di Cesarismo
Siamo di fronte, ancora una volta, al capovolgimento della realtà: si proclama una democrazia, in realtà apparente, ma si scivola in una dittatura di fatto, colpendo i più deboli
15/02/2009

Stiamo vivendo una fase delicata della nostra storia che avviene in un momento di grave crisi economica dalla quale si può uscire più rafforzati, ma anche estremamente deboli e aperti a tutte le soluzioni anche quelle autoritarie. Ecco perché occorre essere vigili a cominciare dalla periferia, dalle città come la nostra che spesso sottovalutano la portata negativa degli avvenimenti e restano indifferenti a quei mutamenti occulti che, lentamente, erodono la nostra libertà e la nostra democrazia.

Un giornale impegnato nel sociale come Quindici, anche se a livello cittadino, ha l’obbligo oggi di richiamare tutti alla vigilanza e soprattutto a cercare di risvegliare coscienze assopite o disilluse da un senso di impotenza diffuso, che ci fa credere di non poter ribaltare le situazioni. E l’indifferenza prende il posto dell’impegno, lasciando così campo libero a chi, invece, ha come obiettivo quello di utilizzare le masse e il popolo per incrementare il proprio potere.
Due episodi gravissimi sono avvenuti in questi giorni e non possono passare sotto silenzio, soprattutto di fronte alla complicità di tutte le reti televisive pubbliche e private in mano ad una sola persona, che resta il dominus incontrastato e che utilizza la sua grande abilità di comunicatore per far passare solo messaggi a lui graditi, cavalcando il canale della paura. Il primo si riferisce al decreto proposto dal Premier con l’obiettivo di obbligare all’alimentazione e idratazione per soggetti non autosufficienti (vedi il caso di Eluana Englaro) che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è rifiutato di firmare, con la conseguente minaccia di Berlusconi di modificare la Costituzione: un pericolo che va scongiurato con tutti i mezzi. Il secondo è l’obbligo per i medici di denunciare gli immigrati ammalati. La democrazia italiana con questi due provvedimenti ha fatto un salto indietro di secoli sulla strada della civiltà giuridica, col rischio di un’involuzione autoritaria.
La tentazione del cesarismo è sempre presente nel presidente del consiglio che, non contento dei propri poteri e della sua ampia maggioranza ossequente ed obbediente, vuole il controllo assoluto dello Stato come un monarca che non deve rispondere a nessuno. Altro che moderatismo e liberalismo, siamo nel peggiore stalinismo che il Cavaliere a parole dichiara di combattere, ma che nell’animo, forse, si augura di realizzare. Ecco perché occorre essere vigili, come occorre impedire che possa passare «una legge schifosa e fascista» come la definisce Michele Serra su Repubblica, che vuole trasformare un luogo di soccorso, l’ospedale, in un luogo di discriminazione razziale: si entra ammalati e si esce denunciati. Sta qui tutta la contraddizione di chi si dice credente e difensore della vita (caso Eluana) e si dimostra invece indifferente alla vita umana, quando si tratta di immigrati.
Perciò si vuole modificare pesantemente, stravolgendola, la Costituzione italiana che garantisce il diritto all’uguaglianza, alla salute e alla dignità della persona umana. Da un lato si accusano gli extracomunitari di introdurre malattie in Italia (perfino la recente influenza), dall’altro li si affida alla sanità clandestina gestita da gruppi etnici e religiosi col rischio di una catastrofe sanitaria provocata dall’impossibilità di questa gente di non potersi curare in strutture riconosciute e quindi di far proliferare malattie come la scabbia, la tubercolosi e la malaria. Ma al Cavaliere di Arcore importa solo ottenere l’appoggio della Lega per la sua vendetta con la magistratura e l’aumento della sua concentrazione di potere. Perciò concede ai «Padani» il federalismo (che ucciderà il Sud) e le leggi xenofobe con l’uso perfino della polizia privata. E’ la strada verso un pericoloso bonapartismo, dal quale sarà difficile liberarsi senza traumi.
Nessuno, però, spiega ai cittadini italiani che quelle «braccia» degli immigrati servono a mandare avanti la nostra disastrata economia, permettendo alle imprese di restare competitive sul mercato. Che colf e badanti permettono ai nostri anziani di condurre una vita più dignitosa, senza ricorrere a costosi maggiordomi o a una servitù sempre pronta all’occorrenza, che resta un privilegio dei ricchi. Senza calcolare che il lavoro degli immigrati serve a sostenere anche il nostro sistema pensionistico sempre più malandato. Nessuno spiega questi aspetti economici del problema o per ignoranza o per colpevole silenzio. E così, mentre l’Italia attraversa una delle crisi più gravi del dopoguerra, il premier distrae l’attenzione dei cittadini dai problemi economici che non sa come risolvere (non basta più la finanza creativa di Tremonti che non ha ancora chiara l’idea di una politica economica di emergenza), spostandola, con sapienza propagandistica, sul lato emotivo della dolorosa vicenda umana di una ragazza in coma da 17 anni, senza speranza. Si utilizza con questo obiettivo anche l’allarme sicurezza.
Ma la legge sulla sicurezza rischia di minacciare, non di proteggere i cittadini. Insomma, siamo di fronte, ancora una volta, al capovolgimento della realtà: si proclama una democrazia, in realtà apparente, ma si scivola in una dittatura di fatto, colpendo i più deboli. E qui l’opposizione del Pd appare ancora più debole: si batte fra mille contraddizioni, fra il timore di perdere ancora consensi e l’incapacità di proporre alternative forti e credibili. Anche la Chiesa si trova in una situazione di grande imbarazzo fra la difesa degli immigrati e le politiche di un governo che in sostanza sostiene e che la ripaga con l’appoggio alla campagna pro-Eluana. Insomma, Berlusconi distrae anche la Chiesa e porta avanti l’assalto agli immigrati sotto le bandiere xenofobe della Lega, che potrebbero sfociare in paurosi conflitti razziali. E’ questo lo scenario che abbiamo di fronte.
Anche a Molfetta si gioca la carta della distrazione dai veri problemi, sventolandone altri insignificanti, come lo spostamento della caserma della capitaneria o osannando un carnevale che non c’è, un morto che si vuole resuscitare a tutti i costi per la politica del panem et circenses (anche se anche il pane oggi è diventato un bene di lusso). E il popolo dei servi applaude, mentre gli altri hanno perduto la voglia di indignarsi e restano indifferenti. Ci torna in mente un’affermazione del grande giornalista Indro Montanelli che ci sembra calzi perfettamente all’attuale situazione: «In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire. Lo diceva Mussolini: come si fa a non diventare padroni di un popolo di servitori?».
 
Felice de Sanctis
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