Le Primarie per l’elezione dei delegati alla costituente regionale del nuovo Partito Democratico a Molfetta con la vittoria di Piero de Nicolo capolista dei Riformisti per Veltroni col 48,3% contro il 30,5 dei Democratici per Veltroni rappresentati dal consigliere regionale Guglielmo Minervini hanno confermato come Ds e Margherita in questi anni non siano riuscite ad esprimere un’opposizione convincente. E questo ha fatto sì che un personaggio come de Nicolo, fuori dagli schemi di partito, battitore libero che ha anche cambiato coalizione, riesca ad aggregare più consensi di chi proviene da due partiti consolidati.
Il successo elettorale di De Nicolo fa il paio con quella di Lillino Di Gioia alle Primarie per la candidatura a sindaco nelle ultime amministrative, anch’essa mal digerita dalla sinistra radical chic che consuma la sua politica in interminabili e improduttive elucubrazioni in alcune mailing list e poi magari rifiuta di partecipare alle Primarie contribuendo a determinare le soluzioni più imprevedibili. Ma tant’è che la loro partecipazione politica è solo teorica, una volta consumata nei salotti e oggi nella rete virtuale.
Questo atteggiamento ha contribuito a creare le premesse per la sconfitta elettore al ballottaggio del candidato sindaco del centrosinistra, a tutto vantaggio di quello di centrodestra Antonio Azzollini che ha goduto un insperato successo.
Un altro elemento che fa riflettere riguarda la base dei due partiti, priva di risorse giovanili, cosa ancora più evidente per la presenza nel centrodestra di un vivace gruppo giovanile aggregatosi attorno ad Alleanza nazionale, patrimoni sperperato da un partito inesistente a livello locale, come a livello nazionale succubo di Forza Italia.
Ora si apre una fase di riflessione per Ds e Margherita che devono avere l’onestà di ammettere i propri errori e fare un’autocritica costruttiva per un importante risultato elettorale, che ha però fatto prevalere un candidato outsider e non gradito ai due partiti del centrosinistra. Non serve a nulla nascondersi dietro alle solite affermazioni del voto pilotato (con Lillino Di Gioia) si parlò addirittura della partecipazione di elettori del centrodestra alle primarie della sinistra per far confluire su questo candidato sindaco i loro voti, osteggiando altri candidati. Stesse voci abbiamo ascoltato questa volta. Che senso hanno queste analisi, queste giustificazioni di fronte a una sconfitta della leadership del costituendo Partito democratico? Ammeso anche che questi voti siano stati “pilotati”, resta il fatto che comunque i due partiti che oggi sono uniti nel Pd non riescono ad emozionare e far sognare gli elettori di sinistra a Molfetta, ma anche quelli di centro e soprattutto quella fascia di cittadini non schierata, che diventa determinante.
A Molfetta, in pratica, il partito non c’è ancora, a differenza di quello che è avvenuto a livello nazionale con il grande successo di Veltroni e la convinta partecipazione popolare a questo storico evento di democrazia con la nascita di un partito dalla base. Se si pensa che il vincitore delle Primarie non è ne Ds, né Dl (Margherita). Certo, appartiene al gruppo “Riformisti per Veltroni” (area socialista che ha come referente l’assessore regionale Alberto Tedesco), ma fino a ieri Piero de Nicolo era un esponente del centrodestra. Una conferma che le categorie politiche, con la fine delle ideologie, non hanno più senso e un rafforzamento del bipolarismo.
Sarebbe interessante vedere chi sono coloro che si sono recati alle urne delle Primarie: fedeli del centrosinistra, nuovi elettori, scontenti del centrodestra che possono diventare una nuova base elettorale, elettori di centro che come sempre hanno sparigliato le carte oppure lo stesso gruppo che votò per Lillino Di Gioia alle primarie per il candidato sindaco e poi lo bocciò al ballottaggio. Questo gruppo diventa così il “partito” ombra, chiave per ogni consultazione elettorale. Da chi è composto questo “partito” che, come la “maggioranza silenziosa” dei primi anni Settanta, determina situazioni politiche locali: sicuramente da gente che bada più al proprio “particolare” che all’interesse generale. Una lobby trasversale che condiziona la vita politico-amministrativa locale con i propri pacchetti di voti, con i propri ascari pronti a scendere in campo nelle occasioni più disparate. Insomma, una specie di loggia massonica coperta che mira solo al business e a conservare il potere e determina vittorie e sconfitte, secondo le convenienze del momento: vedi le ultime due elezioni amministrative. Su questo dovrebbero riflettere Ds e Dl, perché si tratta di un’ipotesi inquietante, ma che non può essere sottovalutata, ma va anzi studiata per trovare antidoti efficaci e riportare la politica di questa città su binari normali che siano il consenso ragionato, critico, verso chi ha operato bene o verso un nuovo progetto politico-amministrativo.
In pratica, va smantellata questa lobby per evitare che, alleandosi oggi con uno e domani con un altro, o anche indipendentemente da accordi con il candidato di turno o addirittura a sua insaputa, muova i fili di una geografia politica che comunque oggi va ridisegnata. Scomparsi Ds e Margherita da un lato, vanificatosi An dall’altro, con Lillino Di Gioia che non aderisce al Pd, ma, com’egli stesso dichiara, vuole giocare a scomporre per ricomporre, lo scenario è tutto in movimento.
Ed è ancora al centro, o a quello che si vuole far credere essere il centro, che si faranno tutti i giochi politici dei prossimi mesi o forse anni. Sappiamo che la vittoria di De Nicolo non piace a buona parte del centrosinistra, ma come scrivemmo allora e ripetiamo oggi: se si accetta il metodo primarie, occorre accettare anche il risultato, che può anche essere imprevedibile, una roulette russa. Ma le regole vanno rispettate, altrimenti non ha senso volersi distinguere dagli altri proprio sul piano delle regole. Ma sarebbe ora che il centrosinistra venisse fuori dalle proprie ambiguità e si desse finalmente una strategia politica e di governo che oggi non possiede, cominciando da un’opposizione seria e dura non solo in consiglio comunale ma nella città, fra la gente, per recuperare consenso e credibilità soprattutto fra i cittadini, altrimenti finirà a discutere in qualche mailing list (versione virtuale dei salotti di chiacchiere) con qualche tribuno impazzito o qualche filosofo inconcludente.
Quindici 15.10.2007
Felice de Sanctis