FELICE DE SANCTIS
Mercato della casa senza regole: in tre anni - secondo i dati delll’Osservatorio del mercato immobiliare riferiti ai primi sei mesi dell’anno - i prezzi degli appartamenti sono saliti di oltre un quarto e continuano a crescere: in particolare per i capoluoghi si tratta di un aumento del 26,5% dal 2004, mentre per i Comuni non capoluoghi l’incremento è stato del 23,2%. A questa crescita di prezzi (+6,6%) si contrappone la discesa del numero delle compravendite nel settore residenziale del 3,4%.
Insomma, le quotazioni continuano a salire, ma si vende molto poco. Basta fare un giro nelle città per notare da quanti mesi sono sempre fermi gli stessi cartelli «si vende» su molti edifici. In una normale situazione di mercato, in carenza di domanda, soprattutto per la mancanza di liquidità, l’offerta, cioè, i prezzi dovrebbero scendere. Invece, paradossalmente, salgono. Un mercato decisamente drogato.
Non regge il confronto con quello che, invece, avviene negli Stati Uniti, dove il mercato vacilla pericolosamente: le compravendite di case non di costruzione, a settembre, sono crollate dell’8% ad un tasso annuo di 5,04 milioni di unità.
C’è chi vede in questa stagnazione del mercato italiano un primo segnale di un possibile crollo dei prezzi, ma la realtà appare diversa soprattutto da quella del mercato americano. Infatti, occorre tenere conto del fatto che il mattone resta la grande passione degli italiani che lo scelgono quasi sempre come la prima forma di investimento, dopo aver soddisfatto la necessità della prima casa.
Dal 1998, secondo i dati dell’Ance il volume complessivo degli investimenti è stato di oltre 150 miliardi di euro con una crescita del 26% contro il 13,6% del Pil nazionale e una dinamica occupazionale con una crescita del 32,1% contro il 13,1% della media nazionale. Nel 2007, la richiesta ha registrato un andamento piatto rispetto all’anno scorso e la tendenza è destinata a peggiorare nel 2008 quando dovrebbe esserci una flessione dell’1 per cento.
Per comprare un appartamento di 90 metri quadri oggi serve il corrispettivo di 20 anni di stipendio, contro i 5 necessari nel 2002 e questo sia perché i prezzi sono andati alle stelle, sia perché c’è carenza di liquidità e per il ceto medio è diventato difficile risparmiare con retribuzioni ferme di fronte a un’inflazione reale maggiore di quella ufficiale. In pratica, a un impiegato lo stipendio, complice l’euro e il raddoppio dei prezzi, basta per sole tre settimane. Impossibile risparmiare, ancora più difficile investire.
In questa situazione anche chi ha acquistato un immobile negli anni scorsi, non è disposto a vendere a un prezzo più basso, ma, proprio in presenza di un mercato in ascesa, spera sempre di recuperare la somma investita almeno con un piccolo incremento.
Ecco spiegata la stagnazione delle vendite. Del resto l’investimento immobiliare spesso è stato finalizzato ad acquistare la casa per i figli e ora, pur in presenza di una necessità, si preferisce mantenere la casa, a volte anche sfitta.
Nelle città i prezzi hanno raggiunto livelli proibitivi, tant’è che c’è uno spostamento di gente nelle periferie, dove è possibile risparmiare e anche ottenere una casa più grande. Ma chi ha necessità di acquistare la casa e sceglie di farlo per non «gettare al vento» il denaro di fronte a un mercato degli affitti anch’esso altissimo, è costretto ad indebitarsi per una generazione o a ricorrere ai prestiti, spesso usurai per pagare il mutuo. Insomma, una situazione veramente disperata per molte famiglie.
In un’economia di mercato è difficile fare una politica dirigista, ma di fronte a questi prezzi, sarebbe necessario un intervento calmieratore del governo. E’ quanto chiedono anche le associazioni dei consumatori in attesa di tempi migliori, che potrebbero essere anche una caduta verticale, ma, per le ragioni che abbiamo detto prima e per la considerazione che gli italiani hanno dei loro immobili, questa eventualità ci sembra molto improbabile.
La Gazzetta del Mezzogiorno - 1ª pag. - 25.10.2007
Felice de Sanctis