FELICE DE SANCTIS
Questo Natale, meglio non fare regali, ne guadagnerà il portafoglio, ma anche la salute. Ogni anno in questo periodo medici, psicologi, nutrizionisti, si esibiscono in consigli su come evitare lo stress natalizio da regali e non.
Ma che il «Christmas shopping» per dirla all’americana, patria del business delle feste e delle coronarie a rischio, sia dannoso per la salute, generi stress, rovini i nervi e danneggi il cuore è provato dai risultati di un esperimento fatto dal giornale domenicale britannico «Sunday Telegraph» che ha mandato in giro per un centro commerciale di provincia una coppia di trentenni ai quali era stato affidato un congegno per il tele-monitoraggio costante dei battiti cardiaci.
E le due «cavie» si sono cimentate nella corsa ai regali natalizi, sgomitando tra la folla, lottando contro il tempo, con l’amletico tormento di dover trovare i regali giusti per tutti.
Risultato, certificato da successivi accertamenti medici: entrambi si sono ritrovati con il «cuore matto», con pulsazioni salite da 80 a 100, da 100 a 180 e, nei momenti di maggior frustrazione, hanno addirittura toccato picchi di 200, un vero e proprio record negativo.
Per dimostrare come il «Christmas Shopping» sia un’attività poco raccomandabile per la salute dell’organismo - soprattutto se esercitata a lungo - il «Sunday Telegraph» si è servito di James Johnston, un avvocato di 30 anni, e di sua moglie Lizzie, infermiera, di un anno più vecchia.
I Johnston, sposati da sette anni, sono stati sguinzagliati al giovedì sera al Bluewater Center, un grande centro commerciale nel Kent. Obiettivo della missione spendereccia: in due ore far man bassa di regali natalizi per parenti e amici.
In questa corsa allo shopping i due coniugi sono andati in tilt, dando segni di stress ogni volta che dovevano mettere mano al portafogli (battiti a 180). Tutta colpa del caro-prezzi che assilla non solo la stirpe italica, ma anche quella anglosassone.
In particolare il cuore della signora ha rischiato grosso in due occasioni: la scelta del regalo alla sorella (ah, questi parenti, sono sempre quelli più incontentabili) che le ha provocato 200 pulsazioni e le escandescenze del marito che lamentava l’abitudine delle donne ad acquistare doni natalizi per tanta gente, ma che lo costringevano a bruciare oltre la tredicesima anche parte dello stipendio («e io pago!»).
Accade anche da noi: in tutte le famiglie cresce l’ansia da regalo, aumentano le liti fra coniugi per la scelta del regalo, perché si teme di essere inadeguati rispetto all’aspettativa dell’amico o del parente da gratificare, soprattutto perché è sempre difficile trovare il giusto equilibrio fra le nostre concrete possibilità economiche e le altrui aspettative. Soprattutto in una situazione di crisi economica, come quella che attraversa l’Italia in questo momento, con reribuzioni falcidiate dall’inflazione (quella reale, molto più elevata di quella ufficiale) e da un euro che ha dimezzato il nostro potere di acquisto. Intanto il tempo passa ed è sempre difficile trovare il regalo adeguato.
Così si finisce per ammalarsi tra il gioco delle convenzioni da rispettare e le insidie da evitare. Tra la voglia di fare di più di quanto è alla nostra portata e le energie necessarie a far fronte a queste incombenze che alla fine incidono sulla nostra dimensione emotiva.
Se a questa pressione psicologica, aggiungiamo quella costante della pubblicità che invita a cercare il regalo più bello, quello più originale, quello unico, c’è da rischiare l’infarto.
Che dire, poi, dell’ansia che ci provoca l’organizzazione delle cene e degli incontri familiari. La sindrome da incontri di famiglia scatta automaticamente perché si temono invidie, gelosie, soprattutto quando il confronto con i parenti e con il tempo passato ci costringe a fare il bilancio dei progetti mancati e a inventare nuovi obiettivi per soddisfare la curiosità altrui. E in una società sempre più dominata dall’individualismo e dalla soggettività esasperata e dalla vulnerabilità delle famiglie divise anche da litigi e rancori in questa «mucillagine» sociale - come ci ha raccontato qualche giorno fa il rapporto Censis - si finisce per perpetuare le convenzioni, per recitare la propria parte nella famiglia artificiale con attori obbligati nel ruolo fisso del genitore, del nipote, del nonno. Ma, per fortuna, non mancano numerose eccezioni di famiglie che si ritrovano nella gioia dell’incontro natalizio e dove il regalo non è convenzione, ma segno concreto di affetto.
Come rimediare alla depressione da regalo e da feste natalizie, a questo falso tour de force della felicità con relativo sovraccarico di aspettative e impegni?
Gli psicologi consigliano innanzitutto di rivedere il ruolo sociale che ci siamo dati, assumendo un atteggiamento più disponibile alla flessibilità, non recitando allegrie forzate, ma scegliendo di non subire pressioni esterne e desiderio di laute cene ad ogni costo, ridimensionando, insomma, la portata simbolica e sociale del Natale. Meglio mandare al diavolo il perfezionismo e fare ciò che è adeguato alle proprie possibilità e soprattutto ai propri desideri. Finiamola col finto desiderio di far felici tutti ad ogni costo: è umanamente impossibile. Meglio razionalizzare l’evento sia per quanto riguarda le energie sia per le risorse economiche disponibili: saremo più felici noi e (anche se non ve lo diranno), gli altri che hanno gli stessi nostri problemi. Un ritorno all’antico, forse, gioverebbe molto di più alla salute e alla felicità dell’anima, con buona pace del consumismo sfrenato ormai senza senso.
La Gazzetta del Mezzogiorno 1ª pag. 10.12.2007
Felice de Sanctis