Ritorno al passato?
15/04/1999 15:40:00
Rivoluzione incompiuta. Quante volte abbiamo ripetuto questa frase nel corso degli ultimi anni per affermare che il dopo-Tangentopoli non ha portato a un cambiamento completo della nostra società e soprattutto del modo di fare politica. Oggi dobbiamo constatare, ancora una volta, che la transizione non è totalmente avvenuta, essa sembra richiedere tempi lunghi, ma il mondo corre più veloce dei tatticismi nostrani. E alla fine si rischia di restare paralizzati, divenendo la cenerentola d’Europa, non tanto dal punto di vista economico (il rischio c’è anche qui), ma soprattutto da quello politico. Ma nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. Cosa facciamo? Organizziamo un bel dibattito e ci sentiamo soddisfatti. Vediamo quello che accade attorno a noi, in questo microcosmo che si chiama Molfetta. Parole come verifica, visibilità, equilibri politici, dosaggio di presenze, e simili, ci sembravano appartenere a un passato che ci auguravamo di esserci lasciati alle spalle. Invece tutto sembra ritornare con vichiana puntualità e i partiti, il cui ruolo resta fondamentale, sembrano, però, rispolverare la loro parte peggiore, quella che richiede appunto “visibilità” e “presenze”, intese come gestione del piccolo cabotaggio o dell’esercizio del diritto di veto anche sul più piccolo provvedimento. E il ruolo del sindaco (inteso come figura istituzionale, non come persona)? Deve essere quello di semplice esecutore della volontà dei partiti? Un soggetto sotto tutela? Un uomo di paglia? E questo che si vuole, quando si parla di verifica? Sono state proprio le continue verifiche che non hanno garantito governabilità e stabilità in questo Paese, gestito più nei camper, negli alberghi o nelle case private di qualcuno, che nelle sedi istituzionali. Abbiamo dimenticato in fretta.
E così mentre la maggioranza di centro-sinistra si agita in attesa della “verifica” toccasana (che dovrebbe garantire “visibilità” a qualcuno?) e Rifondazione riprende la sua libertà “scindendo le proprie
responsabilità” dal governo della città non avendo più “presenze e “visibilità”, l’opposizione non trova di meglio che convocare una conferenza stampa e gridare allo sfascio, al fallimento, con previsioni apocalittiche forse per mettersi la coscienza a posto e nascondere le divisioni interne. Ma dov’è l’opposizione in consiglio comunale (nella foto, l'aula di Molfetta)? Dov’è la coalizione politica che dovrebbe essere compatta per proporsi come alternativa a questa “giunta fallimentare”? Nelle diatribe continue tra Lillino Di Gioia e il sen. Azzollini di Forza Italia? Il richiamo di quest’ultimo all’unità del Polo ha provocato risposte paradossali da parte dell’Udr, ex Polo, che oggi dichiara di riconoscersi nel centro-sinistra, anche se poi critica quel centro-sinistra al quale forse aspira.
Che grande confusione, mentre si avvicinano le elezioni provinciali e ognuno sta facendo i propri calcoli cercando “candidati autorevoli”. Ma dove sono? Guardiamoci intorno: i vecchi partiti hanno fatto terra bruciata attorno a sé, non hanno permesso la crescita di una nuova classe politica e dirigente. L’unico “giovane” che è riuscito ad emergere è stato Lillino Di Gioia oltre al suo “clone” Annalisa Altomare, che hanno talmente assimilato metodi e mentalità del vecchio regime, da non essere capaci oggi, in una situazione profondamente cambiata, di proporre qualche novità. Anzi, si ostinano a parlare al passato e a fare opposizione nelle conferenze stampa, perché i loro argomenti (o meglio le loro affermazioni) possano avere una qualche risonanza sui giornali. È la politica virtuale, forse per cercare anche loro una “visibilità” senza proposte: apparire più che essere.
E a sinistra chi è cresciuto? Il “giovane” Tommaso Minervini, allevato alla scuola finocchiariana, il quale, dopo una timida abiura, è approdato ai Ds. Per continuare a praticare l’unica politica che conosce: quella delle verifiche? Il panorama è sconsolante.
QUINDICI - 15.4.1999
Felice de Sanctis