Era ora! E’ il caso di dirlo. Finalmente qualcosa si muove sul fronte dei dipendenti pubblici tutelati oltre il lecito e da sempre privilegiati nei confronti di quelli del settore privato. Il provvedimento del governo, assunto nel consiglio dei ministri pre natalizio che prevede il licenziamento in tronco anche dei corrotti che patteggiano la pena, ristabilisce parità di condizioni tra i lavoratori e soprattutto aggira l’ostacolo dell’impossibilità di licenziamento che si configurava finora in questi casi. Si sa che basta un buon avvocato per riuscire a sfruttare tutti gli strumenti che codici e codicilli mettono a disposizione (talvolta anche contraddicendosi fra loro) per evitare di scontare la pena o di ridurla. Il ministro Nicolais aveva già preannunciato questo provvedimento e subito erano sorti dubbi, soprattutto sul patteggiamento di oltre due anni. Infatti, le statistiche - come ha evidenziato con un efficace articolo sul «Corriere della Sera» Gian Antonio Stella - dicono che sono pochi i casi in cui un dipendente pubblico riceve una condanna superiore al biennio: dai casellari giudiziari risulta che, dal 1983 al 2002 le condanne per concussione (che è il reato più grave) sono il 78% quelle per corruzione propria il 93 mentre quelle per corruzione normale superano il 98%. E questo perché la pena edittale per corruzione va da due a 5 anni, per cui, con benefici vari e patteggiamenti, si riesce sempre a cavarsela con meno di due anni. Ora, da quello che sembra sia il provvedimento del governo (non si conosce ancora con precisione il testo della legge) non dovrebbe esserci scampo nemmeno per quelle condanne inferiori ai due anni. Se così non fosse, la legge si rivelerebbe un bluff e un segnale ai corrotti: tranquilli ragazzi, tanto nessuno vi tocca. Negli ultimi mesi dello scorso anno il dibattito sui dipendenti pubblici «fannulloni» si è infiammato in seguito a un articolo di Piero Ichino, sempre sul «Corriere» che chiedeva il licenziamento senza attenuanti proprio per risparmiare sulla spesa pubblica e favorire un criterio meritocratico e quindi una maggiore efficienza dell’apparato pubblico. Per carità, nessuno vuole criminalizzare gli statali, a volte anche bistrattati ingiustamente: in molti casi (vedi gli insegnanti) lavorano con una soglia della sopravvivenza che qualche giorno fa veniva indicata in 1.800 euro mensili. Ma non è nemmeno giusto che, in alcune aree a rischio del Sud, come Reggio Calabria, le condanne per corruzione siano state solo due in vent’anni. E la media nazionale dei licenziamenti è di 2 su 100. Churchill diceva: «Puoi imbrogliare qualcuno per un lungo periodo di tempo, oppure puoi imbrogliare tutti per un breve periodo di tempo; ma non puoi imbrogliare tutti per un lungo periodo di tempo». Ma il premier britannico aveva come modello il suo Paese, non conosceva bene l’Italia, dove questa frase andrebbe rovesciata. Ora il governo ci prova con i corrotti, speriamo che non sia un buco nell’acqua o una bufala. La Gazzetta del Mezzogiorno - economia e finanza - 7.1.2007