Esplode il risiko finanziario. La scalata alle banche e il ruolo del governatore Antonio Fazio
Finisce in carcere la vicenda di Fiorani & C. per l’Antonveneta, definiti i “furbetti del quartierino”
31/12/2005 12:29:00
Il sistema bancario italiano risente di un problema di dimensioni che riduce la loro competitività: è piccolo, frammentato in numerose banche e perciò vulnerabile alle acquisizioni estere. La tendenza del mercato è ormai irreversibile: forti concentrazioni, creazione di poli, alleanze internazionali, anche con il sistema assicurativo che tende a legarsi sempre più strettamente a quello bancario. Infatti si parla sempre più spesso fra gli addetti ai lavori di bancassurance, brutto neologismo che fa rende bene l’idea che nelle banche che ormai vengono venduti la maggior parte dei prodotti assicurativi. E con il crescere della diffusione delle assicurazioni private, aumenta la voglia dello smantellamento della struttura assicurativa pubblica (la battaglia contro la previdenza pubblica a favore della previdenza privata non è casuale). I processi di integrazione realizzati in questi anni hanno fatto crescere la dimensione media delle banche italiane che risulta, tuttavia, ancora modesta rispetto a quella delle grandi banche internazionali. Di qui la debolezza del sistema e la necessità di accordi (e di limiti al possesso azionario) per evitare scalate da parte di soggetti esteri. Nasce da questa necessità economica, ma anche dalle spinte di carattere politico, il risiko finanziario che ha visto protagoniste due banche, la Bnl e l’Antonveneta, oggetto di scalate da parte di istituti di credito esteri e «difese» da Bankitalia in nome di una presunta «italianità», che in realtà nasconde un protezionismo fuori dal tempo. La lunga estate calda delle scalate e delle intercettazioni, dei «baci in fronte» di Fiorani ad Antonio Fazio (il quale pur sfiorato dai sospetti e protagonista di una intercettata conversazione telefonica, con il banchiere lodigiano, rifiuta ostinatamente per mesi di dimettersi), si è chiusa alcuni giorni fa con l’arresto avvenuto per ordine del gip Clementina Forleo proprio di Gianpiero Fiorani e altri. Ai «furbetti del quartierino» (nella foto, Fazio a destra con Fiorani e Gnutti) come li chiamava Ricucci, sono state formulate accuse di appropriazione indebita, associazione a delinquere, e ancora truffa ai danni dei risparmiatori, ai quali venivano sottratte somme di denaro con fittizi incrementi di spesa e aumento delle commissioni. Così dalla corsa all’istituto padovano, il banchiere e i suoi collaboratori sono approdati al carcere e la banca olandese Abn Amro si è garantita l’acquisizione dell’Antonveneta. Sei mesi di indagini, che hanno preso il via grazie ad alcune «scorrettezze» nell’acquisto della Banca Antonveneta. A questo istituto di credito padovano, infatti, puntava Fiorani. In manette sono finiti oltre a Gianpiero Fiorani, ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana (ex Banca Popolare di Lodi), e altri quattro collaboratori: Gianfranco Boni, ex direttore finanziario di Bpi, Silvano Spinelli, ex amministratore delegato dell’istituto lodigiano, e due dirigenti dei comparti esteri di Bpi, Paolo Marmont e Fabio Massimo Conti. Ma nelle indagini sono incappati anche altri nomi influenti: Emilio Gnutti, numero uno della holding di partecipazioni aziendali Hopa; l’immobiliarista Danilo Coppola, titolare della Finpaco; l’amministratore delegato della Unipol, Giovanni Consorte; l’immobiliarista Ettore Lonati; Stefano Ricucci, protagonista delle cronache (non solo economiche, vedi matrimonio con la Falchi) della scorsa estate, col tentativo di appropriarsi del <+corsivo>Corriere della Sera<+tondo> con la scalata alla Rcs. Il 17 gennaio del 2005 cominci al scalata: la Bpi, annuncia di aver superato il 2% di acquisizioni del capitale azionario di Antonveneta. Come è arrivata questa piccola banca di provincia a detenere una porzione così consistente di un istituto di credito di simili dimensioni? Iniziando già nel 2004 a comprarne le azioni sottobanco, senza lanciare, cioè, un’offerta pubblica di acquisto, ma - secondo l’accusa - servendosi di una rete di complici ai quali erano promessi tanti soldi. E, a quanto sembra, con l’appoggio indiretto di Antonio Fazio. Il governatore della Banca d’Italia, avrebbe guardato positivamente a questo banchiere rampante, che con la sua (allora) Bpl aveva già deciso di espandersi e acquistare tante altre piccole banche della zona. E che, soprattutto, poteva essere la comoda testa di ponte per controllare una prestigiosa banca del Nord, come la Antonveneta, e salvarla (in nome dell’«italianità», appunto) dalle mire degli olandesi della Abn-Amro. Ecco perché, secondo le accuse, Fazio decide di appoggiare la scalata di Fiorani (l’autorizzazione ufficiale è arrivata il 12 luglio). Il governatore mette i bastoni tra le ruote agli stranieri, tardando a concedere agli olandesi le autorizzazioni per acquisire le azioni del colosso padano. Ma la Abn-Amro non ci sta. Denuncia i propri sospetti alla magistratura: non è possibile che la Bpi abbia già acquisito il 2% della Antonveneta. E così, la Procura milanese apre un fascicolo contro ignoti per aggiotaggio sulla scalata Bpi all’istituto padovano. Il Cda di Antonveneta viene sospeso. Finché, il 25 luglio, i pm milanesi sequestrano tutti i titoli della banca padovana detenuti da Bpi, e dai concertisti: Emilio Gnutti, Stefano Ricucci, i fratelli Lonati e Danilo Coppola. La vicenda non è ancora arrivat al suo epilogo, ma un primo risultato l’ha raggiunto: bloccare un’operazione poco corretta sull’Antonveneta e costringere il governatore Fazio a lasciare la sua carica per salvare l’immagine di un’istituzione prestigiosa come la Banca d’Italia. Il finale potrebbe riservare altre sorprese, mentre il capitolo della scalata alla Bnl da parte dell’Unipol di Giovanni Consorte è ancora tutto da scrivere. Nel nuovo anno si chiuderà definitivamente un risiko che ha appassionato gli italiani, ma che ha rischiato di compromettere definitivamente l’immagine di un’istituzione storica come la Banca d’Italia e soprattutto di togliere credibilità al nostro sistema bancario agli occhi degli europei. E il governo è stato a guardare. La Gazzetta del Mezzogiorno - 31.12.2005
Felice de Sanctis
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