Le «leghe» scoprono i piaceri romani
E il Nord critica il Sud…
19/10/1990 21:37:00
Il Nord vuole per il Sud «più mercato», ma appena gli toccano i protezionismi di Stato, strilla e s'impone anche al Parlamento.
Vediamo i fatti. Ieri la Camera era chiamata a votare il cosiddetto «decreto Gepi», che prevede una proroga fino al 30 dicembre di quest’anno della cassa integrazione per le società «salvate» dalla finanziaria pubblica. Il governo aveva previsto il taglio del 25% ai contratti di formazione-lavoro nel Centro-Nord, preservando integralmente quelli per il Sud. (nella foto, Bossi in una caricatura di Franco Bruna)
Ma due deputati «nordisti» della Dc, Luciano Gelpi e Giuseppe Torchio, presentano un emendamento per cancellare i tagli nel Centro-Nord. A nulla vale l’opposizione dello stesso ministro del Lavoro, Donat Cattin, che motiva i tagli col fatto che il mercato del lavoro settentrionale è praticamente nella situazione di piena occupazione, a differenza di quanto avviene al Sud, dove la disoccupazione è ormai al 20%.
Nei giorni scorsi su questi «tagli» c’erano state le proteste degli industriali settentrionali, che si sentivano... «discriminati» rispetto a quelli meridionali. Ma ieri la protesta è esplosa in modo clamoroso coinvolgendo esponenti della Lega Lombarda, che hanno invitato i «deputati del Nord» a votare a favore dell'emendamento. «E’ ora di finirla con il trattamento dell’Italia a tozzi e bocconi», ha detto il deputato missino Carlo Tassi. Immediata la replica del ministro Donat Cattin (che, per la cronaca, è piemontese): «Tassi è l’incarnazione dell’opposizione demagogica e di un passato che ha portato l’Italia alla rovina. Pertanto non si può che esprimere disprezzo per la sua logica tribale. Spesso i contratti di formazione-lavoro, nelle province di Bergamo e Brescia - ha detto il ministro ribadendo la contrarietà del Governo all’emendamento - vengono sottratti alla loro destinazione originaria (anche questa è mafia, ndr). Non ritengo di essere così accondiscendente alle leghe, da rinunciare all’impegno democristiano per lo sviluppo del Mezzogiorno».
Così al momento del voto la Camera si è divisa. I «nordisti» sono riusciti a far passare l’emendamento (col concorso compiacente di Pci e Msi!). Cosa comporta questa modifica? Un aggravio di spesa di 210 miliardi per lo Stato, che il Governo dovrà ora recuperare da qualche altra parte (magari da altri fondi per il Sud).
Il Mezzogiorno è stato ancora una volta sconfitto. Le Leghe hanno vinto una battaglia a favore dell’industria del Nord che, dopo aver smesso negli anni Ottanta di investire nel Sud per ristrutturarsi col denaro pubblico, ora continua ad alimentarsi alla mammella romana.
E il divario Nord-Sud cresce. Lo confermano le cifre. Gli investimenti fissi nelle regioni meridionali che nel 1984 erano pari al 42% di quelle settentrionali, nel 1989 erano scesi al 38,7%; il prodotto interno lordo del Sud che nell’84 era il 32,7% di quello del Centro-Nord, dopo cinque anni ha perduto un punto e mezzo. Ma il Nord strilla.
La Gazzetta del Mezzogiorno - 1ª pagina - 19.10.1990
Felice de Sanctis