Un capitalismo ancora bambino
01/11/1999 12:45:00
FELICE DE SANCTIS E per la signora dell’energia arrivò il gran giorno del debutto sul libero mercato. A farle da splendida cornice saranno i suoi quasi 4 milioni di fans che hanno fatto la fila per finanziare il suo esordio alla Borsa. Il successo della privatizzazione dell’Enel, che ha costretto il ministro del Tesoro, Giuliano Amato, ad aumentare, dal 23 al 34,5%, la quota «in vendita», dimostra ancora una volta la fiducia degli italiani nel mercato azionario, soprattutto quando le prospettive di crescita di un’azienda appaiono interessanti. E il Tesoro ha voluto premiare questi risparmiatori che hanno avuto fiducia nell’Enel con una ripartizione più equa dei «pacchetti» di azioni, permettendo a tutti di portarsi a casa un pezzetto di azienda. E' la prima volta che non viene fatto il sorteggio. In questo modo, forse, si è voluto evitare di lasciare delusi molti aspiranti sottoscrittori, per timore di perderli definitivamente in occasione delle prossime privatizzazioni. C’è, però, un insegnamento da cogliere da questa straordinaria adesione alla proposta governativa: i piccoli azionisti concedono fiducia agli enti pubblici e quindi allo Stato, quasi con lo stesso entusiasmo con cui hanno finanziato il debito pubblico attraverso i Bot. Questo sì è un segno positivo verso l’economia e il mercato e anche un motivo di maturità degli investitori. Ma a tale fiducia deve corrispondere una trasparenza da parte dello Stato, con una reale privatizzazione degli enti statali. La vicenda della Telecom ha lasciato l’amaro in bocca a molti: la privatizzazione «monca» non è piaciuta al mercato e ha deluso le aspettative degli azionisti, anche se questi ultimi hanno ottenuto un ottimo rendimento. Ma il fatto che il governo con la cosiddetta bonus share, l’azione d’oro, possa esercitare il diritto di veto sul controllo della società, rende il nostro capitalismo ancora incompleto. Lo stesso ministro dell’Industria, Bersani, cogliendo forse l’umore del mercato si è affrettato a dichiarare che il governo vuole privatizzare totalmente sia l’Enel che l’Eni. «Dal dire al fare, c’è di mezzo il mare», dice un vecchio proverbio. Per mantenere fede a quest’impegno occorrerà liberarsi della vecchia anima dirigista, che resiste ancora, nel timore, non del tutto infondato, che la completa privatizzazione possa aprire la strada a possibili scalate dall 'estero. Se si sceglie il mercato si deve essere pronti ad affrontarne anche le insidie: alla maturità dei risparmiatori, in realtà, non corrisponde ancora quella del governo. Il sistema italiano rischia di essere polverizzato da quello europeo, anch'esso in parte dirigistico, ma meno costretto in lacci e lacciuoli come il nostro. Ed entrambi possono essere travolti da quello anglosassone (basta guardare alle performance di Wall Street in questi giorni). La speranza di diventare adulti è tutta in Eurolandia: solo con regole centralizzate ed uguali per tutti i Paesi dell’euro, le cose possono migliorare. Non dimentichiamo che più cresce la globalizzazione, più è difficile tenere fuori dei confini nazionali i giganti dell’economia: non è col «protezionismo» che ci si può difendere, ma con un capitalismo moderno, sicuro di sè, degli utili e della competitività delle sue aziende. I giochi di Cuccia possono valere sul mercato interno, in un «Monopoli» casalingo, ma sul mercato globale sono perdenti. Ecco perché si gioca una partita decisiva sul fronte delle privatizzazioni: se non saranno realizzate secondo le regole del mercato, a rimetterci saranno quelle future e ne soffrirà anche lo sviluppo del nostro capitalismo, che non può continuare ad essere portato per mano da Cuccia, ma deve imparare una buona volta a camminare con le proprie gambe. La Gazzetta del Mezzogiorno - economia e finanza - 1.11.1999
Felice de Sanctis
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