Quel muro che divide una città divisa
15/09/2019

FELICE DE SANCTIS - C’è un muro che divide la città dall’amministrazione comunale, anzi una muraglia, quell’antica fortificazione del 1200 circa, che difendeva la città dalle invasioni esterne e dai suoi nemici.

Oggi sembra che i nemici dei residenti siano divenuti tutti gli altri cittadini di Molfetta. E’ un conflitto che dura da tempo e fra i due contendenti si trova di mezzo sempre l’amministrazione comunale e il sindaco dell’epoca strattonato da una parte e dall’altra.

Il sindaco attuale, Tommaso Minervini, ha cercato di trovare una soluzione che pende dalla parte dei residenti (che hanno le loro giuste ragioni), ma alla fine scontenta tutti.
“Quindici” ha deciso di dedicare il primo piano di questo mese di settembre alla controversa polemica sulla muraglia. Controversa perché hanno ragione tutti: i residenti, i cittadini, il sindaco. Ma non si riesce a trovare la quadra fra le esigenze di tutti. E qui la politica ha fallito la sua funzione di sintesi degli interessi e delle esigenze in campo.

Il sindaco Minervini, che già lo scorso anno aveva emesso una ordinanza per regolare l’accesso alla muraglia, quest’anno, forse per dimostrare un piglio decisionista, ha istituito una vigilanza armata con due agenti che sorveglieranno la zona dalle 23 alle 3 di notte. Nelle altre ore della notte la muraglia resta scoperta e accessibile ai vandali e ai disturbatori rumorosi del riposo dei residenti.

I cittadini lamentano che per questa vigilanza vengono spesi circa 22mila euro di soldi pubblici (l’ordinanza, tra l’altro, è stata fatta con affidamento diretto) e che i residenti vengono privilegiati rispetto ad altre zone della città da tutelare dai vandali e difendere dai rumori. Così è nato il Comitato “Muraglia bene comune” formato da alcuni cittadini che hanno realizzato un sit in notturno di protesta proprio sulla muraglia.

«Il richiamo ai “beni comuni”, da parte del comitato che ha occupato la muraglia domenica sera, sembra indicare una possibile soluzione, che chiama in causa tutti i cittadini nella cura e gestione degli spazi che appartengono all’intera collettività. Non ci si può opporre al frastuono della movida notturna chiudendo pezzi di città, ma affermando un diverso modo di abitare gli spazi, in cui prevalgano il rispetto dell’ambiente e delle persone. Certamente i comportamenti devianti vanno contrastati, ma ciò vale in generale, non solo per un singolo quartiere o addirittura per una strada», scrive il nostro Giacomo Pisani in altra pagina.

Insomma, un pasticcio dal quale lo stesso sindaco non sa come venir fuori e preferisce tacere per non fare altre brutte figure, anche se teme un possibile ricorso alla Corte dei Conti per danno erariale, che lo porterebbe a rimborsare di tasca propria alla comunità i 22mila euro spesi con molta superficialità.

In realtà, l’amministrazione comunale, che ha vantato l’installazione di centinaia di telecamere per la città, avrebbe potuto aggiungerne altre due e tenere sotto controllo continuo l’area, anche di giorno, a costi notevolmente inferiori.

In questo modo si sarebbe evitata l’accusa di considerare gli abitanti del centro antico privilegiati rispetto agli altri, godendo di vigilanza e perfino di parcheggi riservati.

La vicenda della muraglia, però, è sintomatica di un modo di procedere dell’amministrazione comunale di destracentro nata dalle liste civiche di destra degli ex sergenti del sen. Azzollini Forza Italia che si sono autopromossi ufficiali, anche se nella sostanza sempre sottufficiali restano: caporali mercenari della politica, pronti a cambiare casacca quando occorre e magari andare anche in soccorso al vincitore che, in questo caso, si tratta del presidente della Regione Emiliano che aspira a ricandidarsi e ad essere rieletto.

Si spiega così la mobilitazione del suo vassallo Saverio Tammacco, eminenza grigia del sindaco Minervini che appare sempre più il Conte della situazione. Ma con riferimento al primo presidente del Consiglio Conte ostaggio dei suoi due vice Salvini e Di Maio. Oggi che le liste civiche si sono costituite in comitato “Noi, nuove officine delle idee” (il titolo un po’ pretestuoso nasconde il vuoto del gruppo di 10 voltagabbana e del suo ideatore l’ex assessore Pasquale Mancini, servo politico di Tammacco) e hanno isolato il Pd (divenuto anch’esso, in pratica una lista civica), il presidente del Consiglio Nicola Piergiovanni, commissariando di fatto il sindaco Minervini, il cui peso si è ulteriormente ridotto.

Si respira già aria di campagna elettorale regionale, anche se mancano ancora molti mesi all’appuntamento con le urne e i vassalli di Emiliano, capitanati da Tammacco che finge perfino di smarcarsi dal governatore, facendo la voce grossa e dichiarando “E’ finita l’era del padre padrone” e via con le solite menate politiche alla Salvini (“noi non abbiamo chiesto poltrone”, ma le hanno chieste e ottenute, eccome) per fare propaganda e prendere in giro la gente. Intanto, gli “emiliani” hanno registrato una sonora sconfitta sull’ospedale che è stato declassato a dispetto di tutte le dichiarazioni fatte dallo stesso Emiliano (altro bugiardo politico).

Ora i “Noi uniti per la poltrona” non sanno dove mettere la faccia e continuano a dire inutili bugie, perché i cittadini hanno preso atto della sconfitta dei politici molfettesi, soprattutto quelli che hanno fatto cadere il sindaco Natalicchio, con la speranza di avere qualcosa in più dal governatore pugliese. Al di là di qualche posto o prebenda (c’è chi vive di regali politici) i “civici” del ciambotto, sono rimasti con un pugno di mosche. Vallo a spigare ora ai loro elettori, che vengono turlupinati con le false, inutili e costose opere pubbliche che l’assessore “cantiere perenne” mette in campo per distrarre l’opinione pubblica, dal vuoto amministrativo esistente.

La città appare sempre più divisa alla faccia di quella coesione e di quella comunità auspicata, in buona fede il sindaco, ma che in realtà non esiste, e le premesse per realizzarla restano solo parole, perché nei fatti si agisce diversamente.
E il cancro cittadino, quell’edilizia che ha dato benessere solo a pochi, danneggiando la grande massa dei cittadini, è tornata ad erodere l’economia che viaggia verso il disastro di debiti dei mutui che dovranno pagare i nostri figli e nipoti.

Ha ragione l’ex sindaco Paola Natalicchio che, nell’intervista che trovate nelle altre pagine, definisce l’amministrazione Minervini “immobilismo mascherato”.

Siamo di fronte, ancora una volta, ad un grande bluff? Certo, i conti si fanno alla fine, ma il piatto piange già oggi, figurarsi domani.

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Felice de Sanctis
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